Compagni, imparate dalla coerenza garantista di Giorgia

Il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, nonostante l’inchiesta giudiziaria riguardante la gestione dell’urbanistica da parte della Giunta comunale meneghina e l’avviso di garanzia piovutogli addosso, rimane al proprio posto e respinge l’idea di dare le dimissioni di fronte alle indagini condotte dalla Procura.

Nell’aula del consiglio comunale, il primo cittadino milanese ha rivendicato onestà personale e mani pulite, e ha rilanciato l’azione della Giunta di centrosinistra in accordo con il Partito Democratico, che ha di fatto “blindato” Sala alla guida di Milano pur chiedendogli un cambio di passo. L’amministrazione cittadina della capitale economica italiana è costretta comunque a perdere per strada qualche pezzo, come l’assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, per il quale sono stati chiesti gli arresti domiciliari. A causa delle inchieste sull’urbanistica, prima di Tancredi, si era già dimesso, sebbene non indagato, l’assessore alla Casa Guido Bardelli.

In ogni caso, Giuseppe Sala va avanti, pretende che la sua Giunta agisca e non vivacchi, e parla di una fase due per Milano, tuttavia, fra grane giudiziarie in corso, assessori da rimpiazzare e una questione delicata come la vendita dello stadio di San Siro, già rimandata, non a caso, a settembre, non si tratterà di una navigazione tranquilla. Però, solo una determinata sensibilità politica potrebbe convincere Sala a fare un passo indietro, ma visto che il Sindaco pare esserne sprovvisto, di certo non può essere l’avviso di garanzia a stabilire in automatico le dimissioni del primo cittadino. L’avviso di garanzia è uno strumento di tutela, anche se in Italia le sue finalità sono state spesso distorte da certi giornali e da settori di politica e magistratura, per la persona che è oggetto di indagini e per questo viene, appunto, avvisata dalle Autorità, e che rimane innocente fino alla condanna, se condanna deve essere.

La premier Giorgia Meloni, reagendo dinanzi alle inchieste che stanno scuotendo la Giunta di Milano, ha infatti escluso la necessità automatica delle dimissioni di Giuseppe Sala, indagato sì, ma non ancora condannato. Il Presidente del Consiglio ha impartito, a Sala in primis e a tutta la sinistra, un’importante lezione relativa a quella che è la coerenza garantista dei conservatori e della destra italiana. La destra vuole prevalere sugli avversari con la politica e non attraverso le aule di Giustizia, e non cambia atteggiamento in merito alle garanzie che devono avere indagati ed imputati a seconda dell’appartenenza partitica di questi. Una differenza enorme rispetto alle varie sinistre, sulle quali si è sempre basato Giuseppe Sala per portare avanti la sua amministrazione cittadina, che sono ricorse in tanti anni alle Procure per cercare di annichilire le controparti politiche, da Tangentopoli fino al Governo Meloni e ai centri in Albania, passando per Silvio Berlusconi e il ministro dell’Interno del primo Governo Conte Matteo Salvini. Per la destra, l’avviso di garanzia è una forma di tutela, ma esso diventa condanna definitiva e motivo di pubblico ludibrio per la sinistra, ovvio, quando va a colpire coloro i quali ostacolano i suoi piani.

I compagni sono forcaioli con gli altri e garantisti con loro stessi, infatti, il PD nazionale e la segretaria Elly Schlein si sono subito mossi per erigere un muro difensivo attorno al Sindaco di Milano, il quale, se per esempio fosse stato di centrodestra, avrebbe ricevuto da sinistra l’ordine perentorio di fare le valigie quanto prima, anche solo con un avviso di garanzia presente nella propria fedina penale.

Sala ha espresso amarezza in Consiglio comunale per aver saputo di essere indagato dai giornali, ma il Sindaco tenga in considerazione che certe brutte consuetudini italiche sono il frutto di decenni di uso politico della Giustizia, di opache complicità fra alcune toghe e i loro amici piazzati nei media, che spettacolarizzano i provvedimenti giudiziari ancor prima che essi giungano agli interessati, di travisamento della funzione dell’avviso di garanzia. Distorsioni queste, che hanno contraddistinto costantemente la sua parte politica e non di sicuro quella del Presidente del Consiglio. Agli inizi degli anni Novanta fu eliminato un intero sistema di partiti, quello della Prima Repubblica, mediante gli avvisi di garanzia.

Rimane, certo, il giudizio politico pessimo della destra, da Giorgia Meloni in giù, circa un Sindaco che antepone l’ideologia dello schieramento che lo sostiene al buongoverno cittadino, regala Piazza del Duomo, simbolo di Milano e della Cristianità, alle preghiere islamiche, svolte non solo da soggetti innocui, non illumina di arancione Palazzo Marino in onore dei fratellini Bibas, bimbi innocenti trucidati da Hamas, per non urtare PD e Pro-Pal, si perde in sciocchezze liberticide come il divieto di fumo all’aperto e non vede cosa combinano i suoi assessori. Ma la bocciatura a livello politico è un altro paio di maniche. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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