Giorgia Meloni dota il Mediterraneo di una nuova strategia

Quel filo che unisce Italia, Africa e Oriente oggi si chiama Giorgia Meloni, che all’indomani della Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni si aggiudica il titolo di leader del Mediterraneo.

Non sono chiacchiere, ma idee concrete che diventano realtà con il lancio del ‘Processo di Roma’. Così è stata ribattezzata ufficialmente “la piattaforma strategica, completa, inclusiva e pluriennale” che coinvolgerà le varie istituzioni, nazioni e organizzazioni presenti ieri alla Conferenza, ma che sarà aperta anche a tutti coloro che vorranno portare il proprio contributo. 

“Un processo lungo e faticoso”, chiarisce il premier. Ma inevitabile se si vuole liberare il Mediterraneo dalla morsa dei migranti che sta mettendo in ginocchio paesi di approdo, paesi di partenza e paesi di transito.

È un processo che va affrontato con la consapevolezza di dover lavorare insieme. Perché i problemi di uno sono anche i problemi degli altri.

Per questo è fondamentale avere degli obiettivi concreti e giocare la partita attuando una strategia ben precisa. Quella offerta da Meloni si basa su quattro pilastri fondamentali: contrastoall’immigrazione illegale, governo di flussi illegali di immigrazione con relativo supporto alla migrazione legale, sostegno ai profughi e ai rifugiati e, più importante, cooperazione ad ampio raggio per sostenere lo sviluppo in Africa e nei paesi di provenienza delle rotte dei migranti, affrontando alla radice le cause profonde delle grandi migrazioni.

In questo piano è importante soprattutto guardare a coloro che muovono i fili dall’alto, ovvero le organizzazioni criminali, in cui i trafficanti sono solamente la punta dell’iceberg. È perciò necessario tenere una linea dura contro questi soggetti, che vanno colpiti lì dove fa più male, ovvero nella loro rete finanziaria. L’approccio da utilizzare è quello suggerito tempo fa dalla mente lungimirante di Falcone, che utilizzava l’espressione ‘follow the money’ proprio per sottolineare l’interesse economico che vi è alle spalle delle grandi organizzazioni criminali. Solo così, solo seguendo il denaro, è dunque possibile ricostruire il business perseguito da queste organizzazioni e colpire la loro economia, interrompendo questo intricato circolo fatto di soldi, morti e criminalità.

Il fattore economico e finanziario è però anche il comune denominatore per centrare tutti gli obiettivi riportati nelle conclusioni della Conferenza, perché banalmente senza investimenti nessun cambiamento è possibile. Qui sono due le importanti novità emerse domenica: la prima vede lo stanziamento di 100 milioni di euro a sostegno delle iniziative per le migrazioni e lo sviluppo da parte degli Emirati Arabi. La seconda è la creazione di un cosiddetto Fondo dei donatori, in cui l’innovazione sta nel fatto che le nazioni che riceveranno i finanziamenti saranno anche quelle che decideranno come spenderli.

La conferenza di Roma soddisfa i partecipanti, che d’ora in avanti hanno un nuovo e condiviso modo per affrontare il tema della stabilizzazione, degli investimenti e dei partenariati in Africa e in generale nel Mediterraneo.

Soddisfazione che arriva in particolare dal fronte europeo, con il sodalizio Meloni-von der Leyen sempre più compatto, tanto da far intuire che la Presidente della Commissione stia seguendo con interesse e appoggiando il Presidente italiano in ogni sua iniziativa internazionale perché sembra aver individuato nella leader di Fratelli d’Italia una nuova e inedita figura di capo politico e diplomatico, da tenersi stretto come alleato nei contesti internazionali.

Dopo le conclusioni del G7 e del Consiglio europeo, grazie alla stoccata finale della Conferenza sui migranti, la visione paternalistica con cui per troppo tempo si è guardato ai paesi non-occidentali è stata messa da parte, lasciando il posto ad una rinnovata modalità con cui approcciarsi alla cooperazione, fondata su un dialogo paritario e su un partenariato strategico a vantaggio reciproco. Allo stesso modo, è stato abbandonato il modo in cui si affrontano le crisi di questo tempo complesso, passando da una modalità emergenziale ad una strutturale.

Il capofila di questo percorso è stato il Governo Meloni, che ha avuto la capacità di far fare una virata all’Europa e non solo, riconoscendo ben prima di altri la necessità di trovare delle soluzioni che non servano a risolvere solo il ‘qui e ora’, ma che volgano lo sguardo al futuro per far tornare l’intero assetto geopolitico in una condizione di normalità, “senza iniziative spot ma con un lavoro molto faticoso, molto lungo, molto serio”.

Questa serietà italiana viene percepita dal mondo intero, che guarda al nostro paese come ad un modello da imitare, il modello Italia. O per meglio dire, il modello Meloni.

Quanti gridano ancora all’incapacità della destra e di questo Governo dovranno ora fare i conti con il nuovo scenario che gli si prospetta, nel quale l’Italia è in grado di risolvere le equazioni più difficili che le si pongono di fronte, senza badare troppo alla retorica accalappia-voti, ma con voglia di fare nel concreto, macinando consensi e successi. Questa voglia di fare porta oggi l’Italia ad avere legittime e realistiche aspirazioni per essere il ponte tra l’Europa, l’Africa e l’Oriente, non più solo da un punto di vista geografico, ma anche sotto il profilo politico.

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