Consulta, la sinistra diserta il voto e svilisce le Istituzioni: “Fuggono per mascherare le divisioni”

Non hanno senso delle istituzioni, non possiamo tenere bloccata l’Italia per loro. Noi potevamo fare una forzatura e invece non l’abbiamo fatta, ma non possono abusarne sempre. Se andremo avanti su Marini? Lo decideremo noi, non Schlein”. Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile del dipartimento Organizzazione del partito, ha descritto bene la giornata di ieri, quando il Parlamento in seduta plenaria si è riunito per eleggere un giudice della Corte costituzionale, la cui nomina è attesa addirittura da novembre scorso. La votazione si è conclusa con l’ennesima fumata nera: per onor di cronaca, è l’ottava in 11 mesi. Per eleggere un nome, servono i tre quinti dell’emiciclo, 363 voti che la maggioranza riuscirebbe ad avere se non ci fossero assenti: una maggioranza risicata insomma, ma che potrebbe arrivare già dalla prossima volta. La sinistra, invece, non si è presentata in Aula. Ha scelto, ancora una volta, di ritirarsi sull’Aventino, ma stavolta l’ha fatto in modo compatto, disertando la votazione perché il nome proposto dal centrodestra, a quanto pare, non era gradito. Si tratta di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi e padre della riforma del premierato. La sua unica colpa? Essere troppo vicino a Giorgia Meloni.

I precedenti

Allora, apriti cielo. Come se fosse una grande scoperta, quella delle maggioranze che propongono nomi a loro vicini. L’alibi, gigantesco, è quello di un possibile conflitto di interessi che verrebbe a sorgere in capo a Marini, se venisse effettivamente eletto alla Consulta: per Bonelli e Fratoianni, infatti, il conflitto sarebbe “palese” dal momento che “da giudice della Consulta avrebbe dovuto valutare la costituzionalità” della sua stessa riforma. Non si spiega, però, come mai, proprio ieri, la sinistra si sia svegliata così preoccupata per la tenuta democratica della Nazione: “Il preteso conflitto di interessi del consigliere giuridico del presidente del Consiglio – fanno sapere da Fratelli d’Italia – è un bluff! Nel settembre 2022, ad esempio, venne nominato alla Consulta Marco d’Alberti, consigliere giuridico del presidente Draghi”. E non sarebbe l’unico caso citabile. Su La Verità Maurizio Belpietro questa mattina ci offre una lunga sfilza di esempi di attori politici che, con già una carriera alle spalle nelle Istituzioni, hanno ricoperto incarichi all’interno della Corte Costituzionale: da Giovanni Maria Flick, voluto da Prodi e già suo ministro della Giustizia, a Sergio Mattarella, già forte di una lunga militanza nella Dc ed ex ministro della Difesa. Fino a Giuliano Amato, addirittura premier per due volte. L’alibi del conflitto di interessi non sembra reggere, o regge solo se al governo c’è la destra?

La sinistra non accetta di essere minoranza

Di questa buffa vicenda, però, deve essere sottolineato, come detto, l’ennesimo Aventino della sinistra, che ha deliberatamente ignorato (in realtà lo fa dal 25 settembre 2022) di essere minoranza e, in quanto tale, non solo non ha la forza, democraticamente parlando, di prendere decisioni che spettano alla maggioranza eletta della Nazione, ma dovrebbe ricoprire quel ruolo di garanzia della stessa democrazia che, fuggendo a ogni votazione in cerca di strane velleità decisorie, fa venire meno. Ecco, dunque, che si sminuisce il senso delle Istituzioni, svilite da chi non ha ancora accettato il voto netto e limpido degli italiani. Lo chiarisce bene Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati: “Le opposizioni bloccano le istituzioni perché non accettano la sconfitta elettorale. Anche oggi sono fuggite dal voto per mascherare le loro divisioni”. La compattezza mostrata dalla sinistra e che fa gioire Elly Schlein è temporanea e caduca, nonché vuota: vuota di contenuti e di strategie, vuota di senso. Ma la ragione di tutto questo è solo una: la sinistra pensa di avere il monopolio di cultura e Istituzioni, e non ha ancora recepito – loro, i democratici – quello che c’è scritto in Costituzione, cioè che la Corte costituzionale è, in teoria, un organo privo di colore politico.

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