Contro la destra che scende in piazza fioccano le fake news.

Ieri è stata la volta del centro destra in piazza, ordinati, seduti, ciascuno con una bandiera si sono radunati in tantissimi sotto un sole cocente e intermittente. Un esperimento unico nel suo genere, perché sino ad oggi le manifestazioni hanno avuto caratteristiche completamente diverse: autobus, centri di raccolta, cortei, disordinati, bagni di folla, comizi finali. I numeri della questura sempre la metà di quelli dichiarati dagli organizzatori, l’ansia di far bella figura, il timore dei disordini e dei contro cortei antagonisti. Il mondo oggi ha richiesto altro, a causa del covid si sono dovuti immaginare spazi ampi e, per garantire il distanziamento sociale, il posizionamento di sedie rigorosamente ad un metro l’una dall’altra. Il popolo chiamato a raccolta dal centro destra ha risposto ed era lì ad ascoltare Tajani, Meloni e Salvini, sventolando i tricolore. Erano in tanti e questo spaventa, è comprensibile. Perché il sentimento della piazza era quello di una insofferenza ormai palpabile e si respirava un desiderio di cambiamento non più procrastinabile, condito dalla consapevolezza che il covid sia l’unico motivo per cui questo governo improbabile resta in sella. E cosa accade? La piazza fa paura e il regime si attiva per sminuire il valore dell’evento. Repubblica la definisce una manifestazione sotto tono, ma non si comprende a cosa si riferisca dato l’entusiasmo dei partecipanti se pur ordinatamente seduti. Ma chi veramente ha segnato un punto importante nel tabellone della partita realtà vs propaganda è Fanpage, che titola addirittura “manifestazione del centro destra mezzo flop, sedie vuote e poca gente”, contestualmente corredando l’articolo con una foto delle prime ore del mattino, quando la gente iniziava a fare la fila per ottenere i badge che avrebbero dato diritto al posto a sedere all’interno delle transenne. La testata che travisa la realtà a fini propagandistici è diretta da Piccinini, nominato dal governo nella task force contro le fake news e questo la dice lunga sulla necessità di piegare la realtà alle esigenze del governo. Poco importa il dovere deontologico di verità e poco interessa che una notizia così resa tradisce il diritto all’informazione a vantaggio della propaganda di regime. Dunque Piccinini, governativo cacciatore di fake news, propala falsità evidenti sulla sua testata giornalistica. Non hanno potuto dire che sono state violate le norme di distanziamento, non hanno potuto contestare il rispetto delle regole, spiazzati si sono ritrovati in piazza migliaia di persone e beh, allora occorre smontare il fatto e ricostruirlo in un senso che sia comodo. Schiavi di quel sistema che li foraggia. Neanche si resta più stupiti di fronte ad una narrazione di chiaro stampo orwelliano, in cui le strutture di governo decidono ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è raccontabile e ciò che non lo è, ciò che va ricordato e ciò che va dimenticato. Ma coloro che oggi si ergono a censori l’amara sorpresa, a meno che non inventeranno un modo per travisare anche i risultati elettorali, la avranno dopo le consultazioni elettorali, perché le urne sono ancora la voce del popolo che non può essere soffocata dai bavagli del regime e della stampa asservita.

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