Coronavirus e dati della Cina: qualcosa non torna

Il 27 marzo nel mondo si contavano oltre 572mila casi di Coronavirus, 26348 morti e quasi 130mila guariti. Analizzando i primi tre Paesi per numeri di contagio, svettano gli Stati Uniti con 93.329 casi totali, seguiti da Italia (86.498) e Cina (81.340). Spostandoci di qualche colonna più in là, la differenza dei numeri appare però lampante: com’è possibile che negli Stati Uniti si siano registrate 1.384 morti, in Cina 3.292, in Germania 304 morti su 49.344 casi totali, mentre in Italia le morti ammontano a 9.134?

È questo il primo dei problemi di questa pandemia: l’assenza di uniformità nell’elaborazione dei dati, una trasparenza che varia sostanzialmente da Paese a Paese, e che avrà delle ripercussioni soprattutto in futuro. Uno Stato che sia riuscito a contenere l’emergenza verrà percepito come affidabile, sicuro, con uno stabile potere centrale. Uno Stato su cui investire, non certo allo sbaraglio come altri.

E questi dubbi sono più che leciti, visto che anche Bloomberg dubita della trasparenza cinese nel fornire i numeri reali delle morti: basta digitare su un qualsiasi motore di ricerca “real China death toll” (reale tasso di mortalità Cina) che come primo risultato appare l’articolo del Time, il quale riprende perfettamente quanto affermato da Bloomberg.

Ebbene, le lunghe file di persone in attesa di ricevere le urne dei propri defunti a Wuhan, raccontano un’altra storia. Perché le famiglie di coloro che sono deceduti a causa del virus a dicembre scorso, hanno dovuto attendere fino all’inizio di questa settimana per poter ricevere le urne contenenti i propri cari, da ritirare presso le 8 pompe funebri locali. E le foto che sono circolate sui social media cinesi raccontano una storia diversa dai numeri forniti dalle autorità cinesi. All’esterno di una pompa funebre, dei camion hanno trasportato circa 2500 urne tra mercoledì e giovedì scorso, mentre in un’altra immagine pubblicata da Caixin (agenzia di comunicazione cinese) si possono contare 3.500 urne ammassate all’interno di una pompa funebre, anche se non è chiaro quante siano vuote o piene. E le famiglie hanno dovuto attendere molte ore prima di poter ricevere le urne dei propri cari.

Stando alle autorità cinese, i decessi avvenuti a Wuhan a causa del coronavirus ammontano a 2.535, e non si sono registrati nuovi casi negli ultimi giorni. Di conseguenza, la Cina starebbe lentamente tornando alla normalità dopo una durissima quarantena, inviando medici ed esperti nel mondo per fronteggiare l’epidemia che ha avuto origine proprio a Wuhan.

Ma l’agenzia Caixin nutre forti dubbi sulla bontà dei numeri: infatti, molte persone che sono decedute avevano i sintomi tipici del Covid-19, ma non hanno ricevuto un tampone, e pertanto non sono state conteggiate nel totale delle morti da coronavirus. In più, nell’ultimo quadrimestre del 2019 ci sono state 56.007 cremazioni a Wuhan, secondo i dati forniti dall’Agenzia degli affari civili della città; se paragonato allo stesso periodo nel 2018, le cremazioni sono state 1.583 in più, e 2.231 in più rispetto al 2017.

I cittadini di Wuhan non potranno dire addio ai propri familiari, poiché le autorità hanno vietato fino al 30 aprile la possibilità di raccogliersi nei cimiteri, pertanto non sarà celebrato nemmeno il tradizionale Festival Ching Ming il 4 aprile. Il ritorno alla normalità in Cina è solo una bella copertina da presentare al resto del mondo, ma stando alle notizie attuali, purtroppo rimane una mezza verità. O una mezza bugia.

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