Covid 19 tra insabbiamenti e repressione. Tutte le responsabilità del regime cinese.

Ieri in conferenza stampa, il portavoce del ministero della Difesa di Pechino, Ren Guoqiang ha reso noto che i 4.000 medici militari che sono stati dirottati su Wuhan per l’epidemia di COVID-19 resteranno in loco fino a data da destinarsi. La misura si rende necessaria per il contenimento dei contagi e per individuare la fonte dell’infezione. Il governo cinese riconosce dunque, seppur tra le righe, la paternità dell’incipit epidemico.
Giorni addietro le autorità di Pechino hanno attribuito alla polizia di Wuhan la responsabilità per il trattamento riservato al medico che aveva segnalato già i primi di dicembre il diffondersi di un pericoloso e sconosciuto virus respiratorio: arrestato, costretto a ritrattare e poi morto i primi di febbraio a seguito del contagio.
La Cina, dunque, con l’ipocrita reticenza tipica del regime, inizia una strumentale operazione di maquillage per addolcire le responsabilità e per giustificare l’insabbiamento sulle origini del virus. Contestualmente, per completare la strategia comunicativa, mentre spazza la polvere sotto il tappeto, invia in Italia medici, mascherine e presidi sanitari.
In questo quadro, il mainstream grida al razzismo se il Covid 19 viene definito “virus cinese”, e dopo gli abbracci in salsa di soia ci impone oggi la genuflessione di fronte a cotanta caritatevole munificenza.
Ma che il virus provenga dalla Cina è assodato. Come è assodato che l’epicentro del contagio sia a Wuhan, luogo in cui non solo insiste un mercato in cui si vendono a scopi alimentari pipistrelli (indicato come uno dei probabili dei vettori del virus), ma in cui insistono due laboratori di ricerca in cui vengono effettuati esperimenti sugli animali per il controllo delle malattie.
E allora non dovremmo esitare a farci delle sacrosante domande e iniziare a chiedere conto di precise responsabilità in ordine a quanto sta accadendo. Se avessimo un governo responsabile, questo dovrebbe battere i pugni sul tavolo e affermare che la nostra è una Nazione libera e democratica e che abbiamo fatto molta strada da quando la propaganda era strumento per la persuasione del popolo. La Cina non è un modello da imitare, nè un gigante da osannare perché ancora oggi opprime, insabbia e sfrutta. È l’antitesi di ciò a cui dovremmo tendere. Ma la logica mondialista con la mano destra ci propone un mondo libero, gretinamente pulito e ricolmo di giustizia sociale, mentre con la mancina ci passa un pizzino, in cui c’è scritto che se ad opprimere, inquinare e sperequare sono i regimi totalitari comunisti va bene lo stesso.

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