Covid: la cura efficace prodotta a Latina. Ma l’Italia non la utilizza

Sembra che l’unica strada da battere per la guerra al Covid19 sia rappresentata dal vaccino, e mentre il super Commissario Arcuri compra siringhe a prezzi esorbitanti e si appresta a preparare stand “petalosi” per la campagna vaccinale, apprendiamo che in Italia viene prodotto un farmaco assai efficace, ma che non viene utilizzato.
Gli anticorpi monoclonali, conosciuti come la cura che ha guarito Trump, sono prodotti in in 100.000 dosi al mese in una azienda farmaceutica di Latina, la BSP Pharmaceuticals, a pochi kilometri da Roma.

Il farmaco è stato sviluppato della statunitense Eli Lilly e in base a quanto si apprende da un’inchiesta de Il Fatto quotidiano dall’inizio di ottobre l’azienda di Latina produce ed esporta in paesi quali Usa, Canada, Israele e Ungheria, che hanno già autorizzato la distribuzione del farmaco. In Italia questa cura non è utilizzata e l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) non si è ancora espressa sull’efficacia.

Si ricorda che il farmaco non è di nuova sintesi, ma che è da tempo utilizzato in medicina per le cure oncologiche e che ha dato risultati incoraggianti per la cura dei malati Covid, con delle buone percentuali di regressione del virus soprattutto sui malati con sintomi lievi e moderati.

Ma perché l’AIFA non dà l’autorizzazione?
In un’intervista riportata da Il Giornale, Nicola Magrini, direttore generale Aifa ha dichiarato che “Gli anticorpi monoclonali sono seguiti con grande attenzione da parte di Aifa, di Ema e della comunità di ricerca … I monoclonali sono farmaci da usare precocemente a domicilio, perché nei pazienti più gravi è dimostrato che non funzionano e ciò è problematico data la necessità di infusione endovenosa. Credo che sarebbe utile fare uno studio clinico comparativo per capirne meglio il valore e il ruolo in terapia”.

Ma come giustificare il netto ritardo nella valutazione dell’efficacia del farmaco? E inoltre, perché nel mese di novembre, a seguito di una riunione tra i membri del CTS, l’Aifa e i vertici della Eli Lilly, l’Italia ha rifiutato di ottenere gratuitamente 10.000 dosi per testare la cura?

Da più parti i virologi chiedono che la cura venga autorizzata anche in Italia, perché peraltro sarebbe fondamentale per decongestionare gli ospedali, data la possibilità di essere svolta con flebo a domicilio. La via per uscire dalla pandemia non è solo quella del vaccino, ma anche quella di una cura che sia in grado di guarire dal virus.

Intanto l’Italia registra dati sconcertanti, la seconda ondata da settembre a dicembre ha fatto quasi 34.000 mila morti, più di quelli della prima ondata, abbiamo il peggior rapporto tra contagiati e morti d’Europa, il terzo nel mondo. Una pessima gestione della pandemia, con ritardi su tutti i fronti, la mancanza di un protocollo unico per la medicina territoriale, carenze di posti letto e confusione assoluta nella gestione dei tamponi e delle quarantene.

Sembra dunque ancor più assurdo che il farmaco prodotto a Latina prenda il volo per altre nazioni e che l’Italia non abbia voluto neanche sfruttare la possibilità di ottenerne gratis delle dosi per svolgere quello studio clinico che oggi, inspiegabilmente, Aifa stessa dice essere un’opzione interessante.

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