A Bari la mafia nigeriana si era impadronita di un “Centro di accoglienza per richiedenti asilo”. Con violenze e riti vodoo, due cosche africane gestivano il racket della prostituzione e dell’accattonaggio direttamente dall’interno di una struttura pubblica. Non semplici accuse, non inchieste, né propaganda politica. Questa volta ci sono le condanne di un Tribunale: i ventitre imputati, tutti ospiti del “Cara” barese, dovranno scontare la loro pena per reati di cui è stata riconosciuta l’aggravante del “metodo mafioso”. Nel silenzio del circo mediatico “dem”, a lutto per le dimissioni di Draghi e il naufragio del suo governo arcobaleno, uno dei più pericolosi fenomeni criminali dell’Italia degli ultimi anni continua a imperversare indisturbato.
La mafia nigeriana è radicata da tempo in tutto il territorio nazionale. Nonostante i numerosi e sempre più allarmanti rapporti della Dia, il ministro Lamorgese e tutti i recenti governi hanno trascurato il problema, nella cieca o forse bieca convinzione che non vi fosse alcun legame con l’immigrazione clandestina.
Ma l’Italia “per la posizione strategica che riveste nel bacino del Mediterraneo, con la presenza di importanti porti ed aeroporti collegati alle rotte internazionali, è considerata dalla criminalità nigeriana una terra dove poter espandere i propri interessi illegali”. Il Viminale sapeva e non poteva ignorare il focus sulla mafia nigeriana in Italia curato dal suo stesso Servizio Analisi Criminale della Direzione centrale della Polizia Criminale.
Le prime presenze di immigrati nigeriani risalgono agli anni ’80 ed erano concentrate nelle regioni del nord, dal Piemonte all’Emilia Romagna, ma in seguito la malavita nigeriana si è stabilmente insediata nelle regioni del sud, in Campania, in Puglia, in Sicilia e Sardegna, specialmente nei capoluoghi di regione. In Campania è presente sul litorale domizio, in particolare a Castel Volturno, nella “Terra dei Fuochi”, dove da tempo è nota la coesistenza tra camorra casertana e criminalità nigeriana, in un quadro conflittuale dove frequenti sono gli episodi di sangue.
La criminalità nigeriana è dedita alla tratta di esseri umani connessa allo sfruttamento della prostituzione, all’accattonaggio forzoso e al narcotraffico talvolta in collaborazione con gruppi criminali albanesi o anche in consorterie allargate ad altri gruppi nazionali africani, ghanesi in testa. Si tratta di una “criminalità etnica” che si esprime su due livelli: la piccola manovalanza dello spaccio al dettaglio e i “secret cults”, vere e proprie associazioni di stampo mafioso dotate di organizzazione gerarchica, struttura paramilitare, riti di affiliazione, uccisione per tradimento, codici di comportamento e modus operandi tipicamente mafiosi.
Nei mesi scorsi anche il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho aveva comparato la malavita nigeriana alla mafia calabrese: “sembra quasi rimodellare la configurazione della ‘Ndrangheta”, agendo con gruppi criminali locali che hanno una certa autonomia di azione ma che rispondono sempre alla casa madre”.
Se alla criminalità di stampo mafioso degli immigrati aggiungiamo la diffusione dell’islamismo radicale, la persecuzione dei cristiani – solo poche settimane sono passate dalla “strage di Pentecoste” in una chiesa cattolica locale- i femminicidi e i maltrattamenti delle donne in madrepatria, la comunità nigeriana deve continuare a preoccupare lo Stato italiano.
L’invasione russa dell’Ucraina, la crisi energetica e la recessione, non devono farci perdere di vista il Mediterraneo e i suoi problemi storici. La pressione migratoria africana, con le sue rotte clandestine, la destabilizzazione della Libia e l’instabilità della Tunisia, continua ad aumentare a dismisura. Le cronache sulla malavita nigeriana ci confermano che immigrazione illegale, criminalità e terrorismo sono parti integranti dello stesso problema per il quale urge una nuova strategia italiana, europea e internazionale.
In Italia le elezioni sono alle porte. Il prossimo inquilino di Palazzo Chigi dovrà riportare la politica migratoria, una politica inflessibile con l’illegalità, specie se di matrice mafiosa o terroristica, al centro della propria agenda di governo.