Di recente, la Corte Suprema argentina ha confermato che l’ex presidente Cristina Fernández de Kirchner e otto coimputati dovranno restituire allo Stato un totale di 684.990 milioni di pesos, pari a circa 540 milioni di dollari (quasi 460 milioni di euro), a seguito del processo per corruzione noto come “causa Vialidad”. Il Tribunale Oral Federal 2 ha stabilito un termine di 10 giorni per effettuare il versamento: in caso contrario, verranno eseguiti sequestri e vendite pubbliche dei beni già sottoposti a fermo.
I beni in questione comprendono milioni di dollari in contanti, 213 proprietà immobiliari, 6 società, auto e appartamenti: tutto materiale destinato a ripagare i sovrapprezzi rilevati in 51 appalti pubblici e ai danni causati dall’abbandono delle opere. Cristina Kirchner aveva dichiarato un patrimonio di 250 milioni di pesos nel 2023, ma aveva già trasferito molte proprietà ai figli Máximo e Florencia già nel 2016. I pubblici ministeri sostengono che anche questi beni debbano essere confiscati.
Nel 2022, il tribunale di primo grado aveva stimato un danno di 84.800 milioni di pesos, cifra poi aggiornata dagli esperti contabili della Corte per tener conto dell’inflazione degli ultimi anni. La Corte Suprema ha confermato la condanna a sei anni di reclusione domiciliare e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, ritenendo valide le prove presentate e il rispetto del giusto processo. Cristina ha denunciato una forma di “lawfare” e parla di persecuzione politica, mentre il governo conservatore di Milei ritiene la sentenza un passo verso la trasparenza.
Oltre a Vialidad, la ex presidente deve affrontare almeno altri tre procedimenti penali in corso: la causa Cuadernos, la causa Hotesur-Los Sauces e il caso sul memorandum con l’Iran. Anche l’imprenditore Lázaro Báez, figura centrale in Vialidad, è stato condannato a dieci anni di carcere per riciclaggio, e i suoi beni sono parte dei sequestri.
Questa vicenda non riguarda soltanto la restituzione di ingenti somme allo Stato, ma ha profonde ripercussioni politiche in Argentina e oltre. Il divieto di ricandidarsi, l’interdizione e il peso mediatico rendono il caso una pietra miliare nel contrasto alla corruzione a livello istituzionale. In Italia, come altrove, si guarda con attenzione: questo episodio mostra come la giustizia possa incidere anche su ex leader influenti, ponendo interrogativi su equità, sistema giudiziario e futuro politico.