Questo governo sovranista eletto democraticamente dagli italiani? «Non s’ha da fare». Parola – ufficiosa ma concretissima – di Hieko Maas, ministro degli Esteri di sua “austerità” Angela Merkel. È questo, come informa il sempre puntuale Dagospia, il pizzino giunto direttamente dalla cancelliera tedesca e consegnato nelle mani di Luigi Di Maio per mano del suo “bravo” (nel senso manzoniano del termine) teutonico.
Sulla carta si è trattato di una visita istituzionale sul tema del contrasto alla pandemia, tenuta cinque giorni fa, con una tappa simbolica all’ospedale Spallanzani insieme al suo omologo italiano. Questo evidentemente era solo l’appuntamento di facciata: perché in realtà – come si legge nel retroscena – si è tenuto un incontro stra-riservato con alte autorità istituzionali italiane. Per dire cosa? «Maas ha comunicato un “no” a caratteri cubitali a un eventuale approdo a Palazzo Chigi di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni». Il motivo è fin troppo chiaro: «Per la Merkel, cioè la boss dell’Unione Europea, il loro sovranismo anti-europeista potrebbe, tra l’altro, mettere a rischio gli aiuti comunitari all’Italia del Covid, in agenda nei prossimi anni».
Tradotto: la fantomatica “linea di credito” – ossia i prestiti più che vincolati a precise “condizioni” chiamati Recovery fund e soprattutto Mes – rappresenta la carota del criceto “Italia” che deve continuare a girare a comando sulla ruota franco-tedesca. Una libera scelta? Tutt’altro. Una minaccia, nel momento in cui esattamente dal 2011 – con il golpe bianco ai danni del governo Berlusconi (guarda caso ultimo governo diretta espressione del mandato popolare) – il diktat di Germania e Francia, ossia l’asse Ppe-Pse, è sempre lo stesso: avere una “terza gamba” italiana totalmente allineata. Ovviamente in posizione subalterna, se non proprio sottomessa.
Ragion per cui è visto come uno spettro da esorcizzare in tutti i modi quello di un destra-centro, maggioranza reale nella Nazione, che possa tradursi democraticamente in un governo di mandato che, in linea proprio con ciò che ha espresso la Corte costituzionale tedesca, possa stabilire che in casa propria (ossia nostra) gi interessi Ue non possono scavalcare e annichilire quelli nazionali.
Altrimenti? Estremamente semplice: niente più “soldi” (nostri) dall’Europa. Ma soprattutto esposizione a comando del nostro debito agli istinti delle agenzie di rating: e quindi spread alle stelle e si ricomincia con il «fate presto» di troikiana memoria.
Tutto retroscenismo? Al contrario. Sempre ieri si è avuto la precisa dimensione della tenaglia che si stringendo sull’Italia: da una parte Christine Lagarde (già, miss Bce «non siamo qui per ridurre lo spread») rinviava sine die il pacchetto del Recovery Fund, mentre proprio Angela Merkel all’inizio del semestre tedesco di presidenza Ue indicava chiaramente a Conte di accedere senza troppe fisime al Mes. Guarda caso prima del “settembre caldo”, quando i nodi (e i conti) verranno al pettine e potrebbe aprirsi, in combinato con il probabile exploit del destra-centro alle Regionali, la finestra elettorale d’inverno. Prima del “semestre bianco” di Mattarella.
In tempo, cioè, per convocare le urne e far decidere liberamente agli italiani come e da chi intendono essere rappresentati. E figuriamoci se gli “alleati” europei accetteranno senza passare dalle parole ai “debiti” che l’Italia possa esercitare il diritto fondamentale alla sovranità: il voto. A maggior ragione se il risultato è perfettamente aderente allo scenario che tanto fa tremare Merkel, Dombrovskis e Lagarde.
Per questo “Don Abbondio”, alias Giuseppe Conte, è stato avvisato.