Climaticamente parlando, sicuramente tra le caratteristiche più note di Trieste c’è la bora, forte vento proveniente da nord-nord est che soffia con particolare intensità specialmente nella zona dell’Alto Adriatico, influendo notevolmente sul clima locale.
Proprio a proposito della bora, si è diffusa come da tradizione una leggenda che affonda le sue radici nei tempi antichi. Si narra, in proposito, che a Vento, il padre dei venti, piaceva molto girare per il mondo accompagnato dai suoi figli. Tra loro vi era la bellissima Bora, la più amata.
Nel corso dei loro pellegrinaggi, un giorno arrivarono presso un rigoglioso altopiano, che digradava verso il mare. Qui Bora, colpita dalla bellezza del paesaggio, si allontanò dai fratelli ed iniziò a correre qua e là giocando con le nuvole e agitando i rami degli alberi. Ad un certo punto trovò una caverna e vi entrò senza timore. All’interno, di ritorno da una nobile impresa, riposava l’eroe degli argonauti Tergesteo. Bora non aveva mai visto prima un essere umano e lo trovò bellissimo. Lui, allo stesso modo, fu colpito dalla straordinaria bellezza di Bora. Fu, insomma, amore a prima vista. I due giovani vissero nella grotta la loro travolgente passione, ma la loro felicità purtroppo non era destinata a durare.
Vento, preoccupato per la prolungata assenza della figlia prediletta, aveva iniziato a cercarla e quando arrivò nella grotta e la vide abbracciata a Tergesteo si infuriò. A fare le spese della sua rabbia fu l’uomo, sollevato e più volte scagliato con violenza sulle pareti della grotta fino a che non ne morì. Bora, disperata per la perdita dell’amato, scoppiò in singhiozzi e si dice che ogni sua lacrima si trasformò in un sasso. Fu così che “il prato verde dell’altopiano – spiega un sito internet di promozione locale – venne completamente ricoperto da un manto di pietre: ecco spiegata, da un punto di vista leggendario, la formazione del Carso”.
Nel frattempo Vento aveva ordinato alla figlia di riprendere il viaggio, ma lei non ne volle sapere, non volendo allontanarsi dal luogo in cui aveva visto nascere e morire il suo grande amore. Continuava a piangere disperata. Nel tentativo di consolarla, “Madre Natura dal sangue di Tergesteo fece nascere il sommaco (arbusto di colore rosso vivo, ndr), che da allora inonda di rosso l’autunno del Carso. Ma Bora – scrive Edda Vidiz – piangeva ancora e ancora e le pietre erano ormai talmente tante da ricoprire tutto l’altipiano”. Si placò soltanto quando le venne concesso di rimanere per sempre accanto al suo Tergesteo, che le Onde, su ordine di Nettuno, avevano ricoperto con conchiglie, stelle marine e verdi alghe, al punto di farlo diventare un alto colle, il più bello di quell’angolo di mondo. Molti anni dopo, su quella collina gli uomini costruirono un centro abitato che, in ricordo di Tergesteo, fu chiamato Tergeste, l’odierna Trieste. Ancora oggi, sulla città, Bora soffia sovrana ed impetuosa, come un eterno lamento dedicato al suo amore perduto.