Dal territorio. Valle d’Aosta: la leggenda del Lago Blu

La montagna, da sempre, è un ambiente naturale che regala a chi lo visita con rispetto atmosfere particolari ricche di bellezza e significato. Anche per questo molto probabilmente sono fiorite, nel corso dei secoli, leggende e tradizioni popolari che affondano le loro radici proprio in scenari montani. 

Tra esse, senz’altro, quelle proprie della Valle d’Aosta, una delle regioni italiane che da questo punto di vista offre, insieme a spettacoli naturali molto intensi, storie altrettanto coinvolgenti. Come quella del cosiddetto Lago Layet, comunemente conosciuto come Lago Blu per l’azzurro (quasi turchese, dovuto a presenza di alghe e minerali sul fondo) delle sue acque cristalline su cui si riflettono, come in uno specchio, le cime del vicino Monte Cervino e la ricca natura della zona.

Situato a un paio d’ore da Valtournenche, il Lago Blu oltre al magnifico spettacolo naturale, porta con sé un’antica e malinconica leggenda. Come raccontano diverse fonti, nel luogo dove ora si trova il lago anticamente sorgeva una casetta in legno, abitata da una famiglia di pastori.

Si narra che in una sera fredda e piovosa bussò alla porta un pellegrino: l’uomo, stanco ed affamato, camminava appoggiandosi ad un grosso bastone nodoso e aveva le vesti lacere e sporche. Chiese cibo e un riparo per la notte: poca cosa dunque, ma la donna che gli aveva aperto, dopo averlo osservato con diffidenza, gli rispose con voce dura: “Vattene, non ho nulla per te”. Poi gli voltò le  spalle. Dopo aver assistito alla scena il più piccolo della famiglia, impietosito e addolorato, aveva provato a dare al pellegrino la sua ciotola di latte ma i genitori si opposero ed anzi, come gesto di scherno, diedero all’uomo un scodella piena di acqua sporca. Sconsolato ed umiliato, il viandante si allontanò ma, guardando la casa, pronunciò oscure parole maledicendo la famiglia di pastori che lo aveva trattato così male.

Il bimbo che avrebbe voluto aiutare il viandante, punito da genitori, venne mandato a raccogliere legna nel bosco per tutta la notte. Era terrorizzato pensando alle belve feroci che avrebbe potuto incontrare, ma ben presto si tranquillizzò perché si accorse che gli animali lo lasciavano in pace ed anzi sembravano fissarlo con compassione. Dopo aver raccolto una sufficiente quantità di legna, il piccolo riprese la strada di casa ma quando arrivò nel punto in cui essa si trovava, si accorse che al suo posto c’era un lago.

Il pastorello pianse molto per la morte della sua famiglia ma dentro di sé comprese che le ragioni di quel castigo terribile (la crudeltà mostrata nei confronti del pellegrino bisognoso) erano più che valide. Anche per questo trasmise ai suoi discendenti, insieme alla storia della sua famiglia, i principi della gentilezza e ospitalità: costoro, infatti, promisero di mostrarsi sempre cortesi e accoglienti con chi avesse bussato alla loro porta in cerca di aiuto.

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Cristina Di Giorgi
Cristina Di Giorgi
Cristina Di Giorgi, due volte laureata presso l'università La Sapienza di Roma (in giurisprudenza e in scienze politiche), è giornalista pubblicista e scrittrice. Collabora con diverse testate e case editrici.

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