Gli attivisti parlano di “attacco elettronico” con musica pop anni ’70, Israele replica ricordando il blocco navale su Gaza. Crosetto invia una nave italiana: “Garantiremo la sicurezza della navigazione”.
La scena, per chi è a bordo, è surreale: a tarda notte, in acque internazionali a nord della Grecia, le radio della flottiglia si saturano con canzoni degli ABBA—“Lay All Your Love On Me” in loop—rendendo difficile persino contattare la Guardia Costiera. È la denuncia degli organizzatori del convoglio “Global Sumud Flotilla” (GSF), oltre 500 persone su decine di barche e yacht in rotta dichiarata verso la Striscia.
In video diffusi dagli attivisti si sentono le note del gruppo pop svedese mentre un membro dell’equipaggio accusa: “Ci stanno bloccando le comunicazioni”. Le interferenze, sostengono, avrebbero colpito più imbarcazioni del convoglio. Alcuni giornali britannici hanno parlato di ‘hijacked radios’ con ABBA a ripetizione.
Nelle ore successive gli organizzatori riferiscono anche “esplosioni udite in zona” e la presenza di “molteplici droni” attorno alla flottiglia. In un filmato si vede una luce nel buio e si ode un boato. Il quadro, ribadiscono, sarebbe quello di una pressione ibrida per scoraggiare l’avvicinamento a Gaza.
Sul piano diplomatico, Roma si muove: il ministro della Difesa Guido Crosetto condanna gli episodi e dispone l’invio di un’unità della Marina Militare per offrire assistenza e salvaguardare la navigazione civile. È un gesto di tutela della sicurezza in mare—non un avallo politico alla missione—che colloca l’Italia nel suo tradizionale ruolo di garante del diritto di passaggio e della sicurezza del traffico commerciale nel Mediterraneo.
Da Gerusalemme, la linea resta ferma: niente ingresso nel “combat zone” e rispetto del blocco navale operativo dal 2007, dopo la presa di Gaza da parte di Hamas. Il portavoce del Ministero degli Esteri invita chi voglia consegnare aiuti a far rotta su Ashkelon per il trasferimento in modalità controllata.
Il racconto “musicale” della notte fa intanto il giro dei media: alcuni sottolineano l’ironia del repertorio scelto—la Svezia degli ABBA contro l’icona svedese della protesta. Ma soprattutto la sostanza: le comunicazioni, cuore di ogni sicurezza in mare, messe fuori uso da un jamming creativo e invasivo.
Resta un dato: Israele ha già bloccato in passato i tentativi di forzare l’embargo via mare e ha chiarito che non permetterà che barche civili entrino in un teatro operativo. Il precedente avvio da Barcellona a fine agosto e le tensioni interne al gruppo di attivisti mostrano quanto questi convogli siano fragili anche logisticamente.
Per l’Italia e per l’Occidente la lezione è duplice. Primo: la libertà di navigazione va tutelata senza ambiguità, perché il Mediterraneo è un’infrastruttura strategica. Secondo: la guerra dell’informazione non è un dettaglio folcloristico ma un vettore reale di pressione. In una notte, un brano pop ha reso visibile ciò che molti fingono di non vedere: il conflitto in Medio Oriente è anche una gara di percezioni, e chi confonde attivismo e geopolitica rischia di trasformare il mare in palcoscenico—e gli equipaggi in comparse.