Giuseppe Conte ha deciso di vestire i panni del combattente. E lo fa a modo suo: invocando addirittura una “guerra commerciale” contro gli Stati Uniti. Sì, proprio lui, “Giuseppi”, il ragazzo di Trump, ora tuona contro l’accordo siglato tra Ursula von der Leyen e il presidente americano. Ma andiamo con ordine.
L’occasione è l’intervento a “L’alternativa che vorrei” a PiazzAsiago, evento a cui Conte ha partecipato con il consueto piglio da statista da talk show. Sul dossier dazi non ha avuto dubbi:
“Sarebbe stato meglio minacciare una guerra commerciale. Se Trump ci metteva i dazi, noi dovevamo raddoppiarli!”.
Un Conte gladiatorio, che si atteggia a novello Massimo Decimo Meridio, pronto a sfidare l’impero statunitense. Peccato che questo nuovo corso da combattente venga da un uomo che, nel 2019, da Presidente del Consiglio, si diceva esattamente dell’idea opposta. Allora il “Giuseppi” immortalato con Trump nei tweet del Tycoon, si mostrava ben più accomodante.
Torniamo ai fatti: l’8 ottobre 2019, a margine di una dichiarazione congiunta con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, Conte dichiarava:
“Serve un negoziato che tenda a evitare una spirale di guerra commerciale che sarebbe deleteria per tutti.” E ancora: “Dobbiamo lavorare in un quadro di interlocuzione con gli alleati americani, in sinergia con l’Ue […] per evitare una spirale di guerra commerciale.”
Il contrasto è evidente, palese. Da una parte, l’uomo di governo che voleva trattare e smorzare i toni. Dall’altra, il leader d’opposizione che, per calcolo elettorale, invoca scontri e retorica da guerra fredda.
Conte ha dimenticato se stesso, ma gli italiani no. E la memoria digitale ancor meno. Non si può ogni giorno recitare una parte diversa per convenienza. Il ruolo dell’opposizione, infatti, non è quello di opporsi… a sé stessi.
Ma c’è di più: il leader 5 Stelle attacca oggi Meloni per non essersi opposta all’accordo USA-UE. Peccato che, nei mesi scorsi, proprio lui e i suoi alleati accusassero il Governo italiano di voler bypassare Bruxelles per trattare bilateralmente con Trump, cosa che – secondo loro – avrebbe violato l’unità europea. Ora che è proprio l’Europa (rappresentata da Ursula von der Leyen) ad aver trovato un accordo con il presidente americano, la sinistra e Conte… attaccano il governo. Qualcosa non torna. Il sillogismo è il seguente:
- Meloni non può trattare, lo deve fare Bruxelles.
- Bruxelles tratta.
- Ma la colpa è comunque di Meloni.
Una logica da manuale del contorsionismo politico. E in questo campo, Conte è maestro indiscusso.
Questa ennesima giravolta dimostra che il leader M5S non ha una linea coerente, ma si adatta come plastilina al clima del momento. Se da Premier si mostrava docile con gli USA, oggi che è all’opposizione finge di essere il Che Guevara dei dazi, pronto a impugnare la bilancia commerciale come una spada.
Ma il tempo delle scenette è finito. Gli italiani iniziano a vedere oltre le maschere, e forse anche oltre le “giravolte”.