Dazi, globalisti nel panico: Trump mette fine al saccheggio dell’Occidente

Donald Trump lo aveva promesso e lo ha fatto: riportare il lavoro in America e proteggere le aziende statunitensi dalla concorrenza sleale. Al netto delle fandonie diffuse dai media mainstream, i numeri parlano chiaro: i dazi funzionano. Secondo McKinsey & Company, le tariffe sulle importazioni riducono la concorrenza per i produttori americani, aumentano la domanda di prodotti Made in USA e creano posti di lavoro. 

Non è un caso che, grazie ai dazi sull’acciaio, negli Stati Uniti siano stati generati oltre 4.000 nuovi impieghi nel settore siderurgico. E per chi sostiene che i dazi facciano aumentare i prezzi al consumo, persino Janet Yellen, ex Segretario al Tesoro di Biden, ha dovuto ammettere che non c’è stato un impatto significativo. Anzi, secondo l’Atlantic Council, i dazi incentivano i consumatori a comprare prodotti americani, rafforzando l’economia nazionale e proteggendo il mercato interno.

Gli effetti di questa politica sono evidenti anche nel settore manifatturiero, con giganti come Hyundai che ha investito 13 miliardi di dollari in Georgia per un nuovo impianto, mentre Bosch, Continental, Audi e Porsche stanno seriamente valutando di trasferire la loro produzione in America. In altre parole, Trump non ha solo protetto l’industria americana, ma l’ha resa nuovamente attrattiva per gli investimenti. 

Il tutto, mentre la Cina continua con le sue pratiche scorrette, dal furto di proprietà intellettuale – che costa all’economia americana tra i 225 e i 600 miliardi di dollari all’anno – fino alla produzione e all’esportazione di fentanyl, la droga che sta devastando intere comunità negli Stati Uniti. 

L’America di Trump ha risposto con una fermezza che mancava da decenni: il deficit commerciale con la Cina è calato del 35% e le importazioni cinesi negli USA sono crollate del 25%, colpendo Pechino nel cuore della sua strategia economica di dominio globale.

Anche il Messico e il Canada non sono stati risparmiati dalle politiche commerciali di Trump. Il deficit commerciale con il Messico è aumentato del 52% sotto Biden, mentre le importazioni di acciaio messicano sono salite del 577%, mettendo in ginocchio l’industria siderurgica americana. Il risultato? Aziende come Samsung e LG stanno considerando di spostare la produzione negli USA per evitare i dazi. 

Anche il Canada, da sempre convinto di poter contare su un trattamento di favore, ha visto il deficit con gli Stati Uniti triplicare sotto Biden. E mentre i burocrati canadesi cercano disperatamente di negoziare con Washington, Trump ha già messo in chiaro una cosa: se vuoi vendere in America, devi produrre in America.

E l’Europa? Se a Bruxelles stanno perdendo le staffe, un motivo c’è. I dazi di Trump colpiscono i loro amici dell’establishment globalista, quelli che si sono arricchiti grazie alle politiche scellerate dell’Unione Europea, che ha sacrificato le produzioni nazionali per favorire le multinazionali che delocalizzano in Cina. Questa è la grande ipocrisia della sinistra e dei tecnocrati di Bruxelles: si riempiono la bocca di “sostenibilità” e “diritti sociali”, ma poi difendono un sistema che ha distrutto il tessuto produttivo europeo, soffocato le piccole e medie imprese e reso i cittadini sempre più dipendenti da prodotti importati a basso costo e di bassa qualità. Ma venduti a prezzi “occidentali”.

Trump ha deciso che questo gioco deve finire. Giorgia Meloni lo ha capito molto bene: mentre la sinistra e i media mainstream gridano alla “reazione contro Trump”, la verità è che dovremmo ringraziarlo, perché con il suo slancio tutto l’Occidente ha la possibilità di liberarsi dalle fallimentari politiche con cui la sinistra, in nome dell’ideologia green, ha distrutto le nostre economie, favorito la Cina e ingrassato i globalisti. 

Altro che pericolo, i dazi di Trump rappresentano un’opportunità enorme anche per noi. L’Unione Europea dovrebbe seguire l’esempio americano e imporre dazi ai prodotti provenienti da paesi come la Cina, facendo suo semplice concetto che sta alla base di queste misure: vuoi vendere in Europa? Produci in Europa. Comprendiamo che alla sinistra amica delle multinazionali che producono nella Cina comunista questo concetto faccia orrore, ma a noi no.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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