La grande truffa della proroga dello stato di emergenza fino al 15 ottobre, oltre a non essere sorretta da alcuna motivazione di natura tecnica o scientifica, è in palese contraddizione con un articolato appena approvato dal governo e che lo stesso presidente del Consiglio ha definito, invero alquanto improvvidamente, la “madre di tutte le riforme”: il DL semplificazioni.
Il provvedimento più che una riforma epocale, come vorrebbe farla apparire il Premier, che dalla “potenza di fuoco” in poi fa dell’iperbole la sua figura retorica di riferimento, sembra piuttosto essere un atto normativo alquanto disorganico, che interviene in una serie di settori dell’ordinamento, e che trova la sua giustificazione nella dichiarata volontà di semplificare ed accelerare specifici procedimenti in ragione dell’emergenza pandemica. Vengono introdotte novità in materia di opere pubbliche ed edilizia, di digitalizzazione della pa, di green economy, ma vengono in particolare modificate temporaneamente (sino al 31 luglio 2021) alcune norme in materia appalti sia con riferimento alle soglie che alle procedure di aggiudicazione. Si occupa poi di enti locali, di responsabilità ed addirittura della modifica dell’abuso d’ufficio, intervenendo direttamente sull’art. 323 del codice penale.
La ratio, dunque, è quella di dare possibilità alle amministrazioni di agire d’urgenza, rapidamente, senza vincoli, su una serie di questioni, proprio per poter affrontare agevolmente le criticità determinate dal Coronavirus.
Ma v’è di più, se si scava tra le miriadi di disposizioni si trova la norma che attribuisce nuovamente ai sindaci, che ne erano stati privati in piena emergenza dal DL 9/20, il potere di emanare le cosiddette ordinanze contingibili e urgenti, quelle ordinanze sindacali che possono essere adottate per fare fronte ad esigenze sanitarie e di igiene pubblica a carattere locale. E ancora, in materia di ricostruzione dei luoghi colpiti da eventi sismici, il decreto aumenta il potere di ordinanza del commissario, che potrà stabilire libero da vincoli gli interventi più urgenti ed efficaci.
Tutto ciò accade il 16 luglio. Tuttavia, quindici giorni dopo il Governo, nelle aule del Senato e della Camera ribadisce la necessità di una proroga dello stato di emergenza. E lo giustifica su pretese ragioni di natura “tecnica”, che imporrebbero di tenere alta la guardia ancora un po’. Ma di grazia, cosa vorrebbe fare con DPCM il premier se con il dl semplificazioni ha restituito poteri ai sindaci, se ha potenziato il potere del commissario per la ricostruzione ed ha svincolato gli appalti dai pesanti vincoli burocratici che potrebbero determinare ritardi? Qual è il provvedimento inutile dei due? La vitale e indifferibile proroga dello stato di emergenza o la madre di tutte le riforme della semplificazione?
Tornando con i piedi per terra, senza farsi trasportare dalla vacua verve retorica dell’avvocato del popolo, viene da dire che la semplificazione burocratica è una necessità, ma questo decreto la affronta decisamente male, ammucchiando norme inconferenti e inopportune che con la semplificazione c’entrano poco o nulla. Mentre la proroga dello stato di emergenza, anche in ragione delle disposizioni contenute proprio nel decreto semplificazioni, appare proprio una gran truffa, di cui non si comprende la ragione né tecnica né giuridica, e il cui unico e malcelato obbiettivo è quello di garantire a Giuseppi e i suoi sodali le ultime boccate d’ossigeno prima dell’ineluttabile naufragio.