Sulla scena del delitto di Garlasco per la quale è stata aperta una nuova inchiesta dopo l’isolamento del Dna di Andrea Sempio sotto le unghie di Chiara Poggi, sarebbe stato isolato un Dna femminile non appartenente a Chiara Poggi. A riportare a galla questo Dna femminile è Il Tempo.
Tale Dna era stato amplificato per l’identificazione, ma il risultato aveva dato esito negativo. Ciò significava che i risultati della caratterizzazione non erano sufficienti per l’attribuzione. Non vennero, inoltre, fatte comparazioni con le donne che frequentavano la casa, nonostante la rilevanza dei punti in cui il Dna era stato trovato. Eppure, questo elemento rafforzerebbe la presenza di più complici sulla scena del delitto. La nuova pista investigativa punta infatti sull’ipotesi che il killer non fosse solo all’interno della villetta al momento del delitto.
Nel dettaglio si tratta di tre campioni biologici: il Reperto 57 dove fu trovato DNA femminile sulla maniglia della porta a soffietto che conduce alla cantina, luogo in cui fu ritrovato il corpo di Chiara; Reperto 59 con traccia genetica sulla leva del miscelatore del bagno, dove si ipotizza che l’omicida si sia lavato; Reperto 60 dove vi era ulteriore DNA femminile sulla maniglia della porta d’ingresso. Questi reperti vennero etichettati nel 2007 come “profili X”, quindi non associabili né a Chiara né ad altri soggetti noti.
Secondo i risultati dell’epoca, quindi, non sarebbe stato possibile collocare con certezza una presenza femminile sulla scena del crimine, sebbene quel Dna fosse presente in uno dei punti cruciali.
La porta a soffietto, che Alberto Stasi all’epoca dichiarò di aver trovata chiusa e di aver aperto per ritrovare Chiara, venne smontata ed esaminata nei laboratori dei Ris di Parma, dove però venne esclusa la presenza di impronte o del Dna di Alberto Stasi, invece era presente un’impronta digitale di Marco Poggi, oltre appunto alla traccia femminile. Non ci furono esami per esclusione anche per il rubinetto del bagno, smontato per cercare sangue nel sifone. Anche sulla maniglia del portone d’ingresso, che l’assassino avrebbe dovuto toccare per uscire, nessuna traccia riconducibile a Stasi. Il DNA femminile rinvenuto in quei punti chiave rimane tuttora senza un nome. Nonostante la rilevanza dei reperti, le indagini dell’epoca si concentrarono principalmente su Alberto Stasi, tralasciando l’approfondimento su queste anomalie.
Con la riapertura delle indagini e una nuova attenzione sugli elementi trascurati, questi profili genetici tornano al centro dell’inchiesta. La speranza degli investigatori è che le tecniche più avanzate di analisi del DNA possano finalmente fare luce su uno dei misteri più discussi della cronaca nera italiana.
Il nuovo consulente tecnico per le indagini nominato dalla Procura di Pavia per fare chiarezza è Cristina Cattaneo, chiamata anche a definire una volta per tutte l’arma del delitto utilizzata. Stando a quanto dichiarato da Massimo Lovati non è da escludere che la Procura possa decidere di procedere con la riesumazione del corpo di Chiara per una nuova autopsia a distanza di anni.