Delitto Garlasco: un omicidio circondato da misteri

Dal giorno del blitz dei carabinieri disposto dalla Procura di Pavia, mercoledì 14 maggio, a casa di Andrea Sempio, a Voghera, così come in quella dei genitori, a Garlasco, e in quella di due amici dello stesso Sempio, Roberto Freddi e Mattia Capra. Questi ultimi, legati a Marco Poggi, fratello di Chiara, frequentavano la casa dove è stata uccisa la ragazza, dove i militari sequestrarono telefoni e pc e messo in atto lo svuotamento di un canale a Tromello, comune distante 5 chilometri da Garlasco, alla ricerca della possibile arma del delitto, forse un martello (trovato nelle ricerche) o un attizzatoio dei Poggi le ipotesi sul Delitto di Garlasco mostrano un quadro sempre più complesso e circondato da misteri.

Nella nuova inchiesta tra i 280 messaggi agli atti sull’omicidio di Chiara Poggi, uno è particolare: «Mi sa che abbiamo incastrato Stasi». A inviarlo a un amico è Paola Cappa, sorella gemella di Stefania, entrambe mai indagate. Un sms da contestualizzare ed è ciò che sta facendo la Procura di Pavia: gli inquirenti hanno acquisito e stanno rianalizzando i tabulati telefonici dell’epoca, gli spostamenti tramite gli agganci delle celle, rileggono i verbali e ascoltano di nuovo i testimoni. La ragazza uccisa il 13 agosto 2007 non era solo la fidanzata di Alberto Stasi, ma aveva una cerchia di amicizie, rapporti familiari e conoscenze ora scandagliate dagli investigatori. I Pm di Pavia motivano la necessità dell’attività investigativa anche alla luce, «in particolare, dei tabulati telefonici dell’abitazione dei Poggi, delle sommarie informazioni assunte da Andrea Sempio e dai suoi familiari e amici, del verbale di interrogatorio reso da Sempio nell’ambito del procedimento penale del 2016», chiuso con l’archiviazione come chiesto dalla stessa Procura. Ed evidenziano «l’urgenza» nell’esecuzione del provvedimento che permetta «di agire in modo tempestivo, una volta valutata la positività del momento contingente». Sempio, è il capo d’accusa riportato nel decreto, «con il concorso di altri soggetti o con Alberto Stasi cagionava la morte di Chiara Poggi colpendola al capo e al volto con reiterati colpi inferti con un corpo contundente» che potrebbe essere compatibile con uno degli oggetti recuperati nel corso d’acqua di Tromello.

Si tratterebbe di un bracciolo di ferro di una sedia, attrezzi da lavoro e una mazzetta da muratore, ripescati nel punto in cui un testimone ha riferito di avere visto una donna gettare un «oggetto di metallo pesante» davanti alla casa abbandonata della nonna delle due cugine Cappa. Escludendo la possibilità che a quasi vent’anni dal delitto possano essere isolate tracce biologiche, la prima analisi servirà a stabilire da quanto quei reperti giacessero sul fondo melmoso. Il martello è l’unico oggetto scomparso dalla villetta di via Pascoli dopo l’omicidio e la fotografia verrà sottoposta a Giuseppe Poggi, che era stato dettagliato nel descrivere l’utensile. Una descrizione però che non collima con la perizia del medico legale, né con le sentenze nei confronti di Stasi secondo le quali il martello scomparso non ha «le caratteristiche di alcune delle lesioni riscontrate» sulla vittima. E se una mazzetta «da muratore» resta comunque l’arma compatibile con le ferite, l’elenco è ampio e variegato: comprende una stampella, un calzascarpe, un paio di forbici, un taglierino, l’attizzatoio da camino. L’inchiesta sul delitto di Garlasco che vede indagato Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi, si arricchisce di una nuova pista, una strana e misteriosa scia di suicidi avvenuti nel comune pavese.

Le nuove indagini sul delitto di Garlasco stanno rimettendo in discussione una verità, quella giudiziaria, che ha condannato Alberto Stasi a 18 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata di Chiara Poggi. I pm in questo nuovo filone si stanno concentrando su Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, ma non stanno trascurando tutto il contesto dove il crimine si è consumato. In questi anni si è spesso parlato di una pista secondaria, inquietante, che racconta di diversi suicidi avvenuti a Garlasco dal 2008 al 2016.

Negli anni si sono verificati 10 decessi sospetti di giovanissimi e non, alcuni dei quali appartenenti alla cerchia di amici di Andrea Sempio. Ad aprire questa inquietante scia fu un 88enne, Giovanni Ferri, un meccanico in pensione trovato cadavere il 23 novembre 2010 in via Mulino, in uno spazio angusto di soli 50 centimetri, con i polsi e la gola tagliati ma senza una lama nelle vicinanze. La moglie dell’anziano escluse subito l’idea di un gesto volontario ma il decesso fu catalogato come suicidio dagli stessi inquirenti che indagarono sulla morte di Chiara Poggi. Ferri vide qualcosa di importante? La mattina del 10 del 13 agosto 2007 (il giorno della morte di Chiara), infatti, mentre era seduto al tavolino esterno di un bar, Ferri avrebbe visto qualcosa di importante, che avrebbe rivelato soltanto alla moglie. Dopo la morte del pensionato, fu proprio Cavallini a fornire assistenza sanitaria in casa alla vedova.

L’ipotesi è che la donna possa aver raccontato al medico le confidenze del marito. Cavallini, nelle settimane precedenti alla sua morte, diceva di essere un po’ stanco. Ma nessuno avrebbe immaginato che poco dopo avrebbe deciso di togliersi la vita.  Nel 2011 morì invece un 25enne di nome Enrico per una overdose di farmaci. A marzo 2013 si suicidò il maresciallo del nucleo radiomobile di Vigevano, Romeo Braj, 37 anni, con un colpo di pistola alla testa. Nel 2014 perse la vita un altro ragazzo, il 25enne Sascha, trovato impiccato. In tutti questi anni sono spuntate tutta una serie di piste, più o meno credibili, come quella del satanismo. La difesa di Stasi, inoltre, parlò di una “doppia vita” di Chiara, che a un’amica aveva detto di esser stata invitata a una festa in piscina in quella calda settimana di Ferragosto in cui morì. Quanto a Stasi si è puntato l’indice sul materiale pornografico che raccoglieva nel pc, sul fatto che la fidanzata l’avesse scoperto e confidato alla cugina Stefania Cappa.

Come fa sapere con una nota ufficiale il procuratore Fabio Napoleone, infatti, ci sono in corso una serie di indagini. Una parte di un impronta, che 18 anni fa era “stata asportata dal muro grattando l’intonaco con un bisturi sterile”. Undici “minuzie dattiloscopiche” collegano Andrea Sempio all’impronta fotografata 18 anni fa su un muro della villetta di Garlasco in cui venne trovata morta Chiara Poggi. Lo stabilisce la consulenza disposta dalla Procura di Pavia nell’ambito della nuova indagine sul delitto. E’ il risultato raggiunto grazie alle più recenti tecnologie a disposizione delle investigazioni scientifiche, che dovrà però essere ancora approfondito nell’indagine riaperta dopo due relazioni depositate dalla difesa di Alberto Stasi, l’allora fidanzato delle vittima che sta finendo di scontare 16 anni di carcere. L’obiettivo è quello di arrivare, grazie alle “nuove potenzialità tecniche a diposizione”, a isolare tracce ematiche e a individuare il Dna a riscontro di quanto emerso finora, attraverso una comparazione solo con la foto scattata all’epoca. Il palmo della mano di Sempio impresso sul muro, però, per i pubblici ministeri assume rilievo se considerato alla luce non solo dell’alibi, che per l’accusa sarebbe stato precostituito con lo scontrino del parcheggio di Vigevano conservato per un anno e poi consegnato, e che si sospetta sia della madre.

Ora c’è da attendere i risultati delle analisi su diari, quaderni e quant’altro, sequestrati la scorsa settimana durante le perquisizioni a casa del 37enne a Voghera e pure nell’abitazione di Garlasco dove ora vivono la madre e il padre.

Quella traccia per il legale, Gian Luigi Tizzoni, “non è decisiva” perché Marco teneva i videogiochi e la playstation nella tavernetta che si trova proprio al piano seminterrato, quindi è probabile che lui e Sempio avessero percorso spesso quelle scale.

Da una rilettura di celle e tabulati gli investigatori sarebbero inoltre risaliti all’invio di un messaggio, dopo le 9 del 13 agosto, da parte della madre di Sempio al vigile del fuoco già sentito come teste. L’ipotesi degli inquirenti è che i due si sarebbero incontrati a Vigevano e che lo scontrino del posteggio, in realtà, sia riferibile a lei. Il tutto nel tentativo di smontare quell’alibi a cui la Procura e carabinieri non credono.

Sono tante le ombre sul delitto di Garlasco, alcune nuove. Come le telefonate di Andrea Sempio a due amici il giorno dell’omicidio. L’indagato nella nuova indagine sull’omicidio di Chiara Poggi avrebbe contattato Mattia Capra e Roberto Freddi sei volte tra le 9:58 e le 12:18, ma nessuna delle chiamate in questione risulta nei verbali originali delle indagini del 2007. Analizzare questi contatti è complesso, visto che non furono richiesti tabulati per loro, ma solo per Stasi. Ora ci sono i dati generici della cella di Garlasco a disposizione, con qualche elemento interessante per quanto riguarda l’alibi dei due amici di Sempio. Nel 2007 dichiararono di essere rimasti a Garlasco quel giorno, ma i dati delle celle telefoniche ora mostrano che uscirono dal paesino prima delle 10, rientrando più tardi: alle 11:10 Freddi, un’ora dopo Capra.

Inoltre, Sempio ebbe una chiamata sul cellulare da un numero fisso alle 11:25, un altro dettaglio che potrebbe rivelarsi utile. La Procura di Pavia sta anche cercando di chiarire se gli amici del fratello di Chiara avessero libero accesso a tutta la villetta, anche al piano dove fu uccisa, o solo al pianterreno, anche per capire chi poteva entrare senza forzare porte o finestre.  A tutto ciò si aggiunge il mistero della borsetta scomparsa: nelle prime foto della scena del delitto di Garlasco si vede una borsa della vittima, con uno scontrino all’interno relativo alla pizza che aveva mangiato con Stasi la sera prima. Ma nei verbali ufficiali non ci sarebbe alcuna traccia di quella borsa che fu restituita alla famiglia e poi rubata nella casa dove si erano trasferiti durante le indagini. Eppure, non vi è alcuna denuncia di quel furto

La sera prima dell’omicidio di Chiara Poggi e la mattina del 13 agosto inoltre il telefono di Daniela Ferrari, mamma di Andrea Sempio, registra un’intensa attività. Messaggi inviati all’amico Antonio, ex vigile del fuoco di stanza a Vigevano, sui quali si è concentrato il lavoro degli investigatori. Nell’ipotesi che sia stata lei a fornire al figlio il biglietto del parcheggio che avrebbe dovuto metterlo al riparto da un coinvolgimento nell’omicidio. Daniela Ferrari ne manda svariati tra le 9 e le 10 di sera del 12 agosto. La mattina dopo, registrano i tabulati, alle 8.47 spedisce due sms e il destinatario è l’ex pompiere. Esce per andare a fare la spesa a Gambolò, zona Molino, dove la cella aggancia alle 9.09 il terzo messaggio all’uomo che si trova a Vigevano, da quel momento il cellulare di Daniela Ferrari non registra più attività. Lo scontrino del parcheggio di piazza Ducale riporta il timbro delle 10.18 per una sosta di un’ora, lei mette a verbale di essere tornata a casa poco prima delle dieci. Ma il sospetto degli investigatori è che sia stata la donna a prelevare lo scontrino, trovato dal padre «mentre ripuliva la macchina» qualche giorno dopo il delitto e conservato dalla madre prevedendo con «elevata probabilità che il figlio, amico del fratello della vittima», e «frequentatore della casa» di famiglia «venisse sentito sui fatti».

Oltre ai dati tecnici, gli investigatori si focalizzano sulla personalità dell’indagato. A febbraio, con una perlustrazione mirata nella sua immondizia, hanno recuperato dei bigliettini accartocciati. Appunti in cui avrebbe scritto di aver «fatto cose brutte», da «non immaginare» e nei quali ci sarebbero riferimenti al delitto di Chiara Poggi. Materiale cartaceo che si aggiunge ai diari sequestrati nella sua abitazione, quando lo stesso Sempio ha anticipato che avrebbero trovato nel pc anche un articolo scritto a un corso di giornalismo proprio sul caso Garlasco. Sui manoscritti sono in corso le analisi, potrebbero essere sottoposti a un esperto del Racis per tracciare un profilo di Sempio. E gli atti della Procura di Pavia si arricchiscono con una nuova testimonianza, quella di una donna di 48 anni che all’epoca dell’omicidio ha raccolto le confidenze di Stefania Cappa ora messe per iscritto e depositate. «Mi rivelò di non essere affezionata alla cugina Chiara Poggi, anzi di non avere particolare simpatia nei suoi confronti. Si avvertiva dell’invidia o del rancore. Tra i punti più oscuri sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco c’è quello del movente. Secondo Massimo Lovati, difensore dell’indagato Andrea Sempio, non è da escludere che a uccidere la 26enne sia stato un sicario. “Una figura che viene assoldata da qualcun altro per eliminare un personaggio scomodo”, afferma il legale.

L’avvocato sposa un’ipotesi secondo la quale Chiara sarebbe stata uccisa perché aveva scoperto qualcosa. “Anche in quel periodo, nel Santuario delle Bozzole, che dista 300 metri da casa Poggi, oltre che esserci l’oratorio, si praticava l’esorcismo. Questo è risaputo. Nel 2012, c’è uno scandalo: vengono arrestati due ragazzi rumeni che compiono un’estorsione ai danni di più sacerdoti e che riferiscono di aver accertato che in quella località non solo si praticava l’esorcismo, ma anche la pedofilia”, spiega l’avvocato, che collega questi eventi all’omicidio di Chiara. “Il filo comune è la pedofilia. Chiara aveva visto, praticava l’oratorio. Era diventata scomoda perché aveva saputo determinate cose, allora l’hanno eliminata. Ripeto che è una mia sensazione, non ho prove o indizi”, aggiunge il legale.

Un nuovo colpo di scena nelle indagini sul delitto di Garlasco che sembravano aver preso una nuova strada dopo che proprio tale impronta era stata attribuita al palmo della mano dell’amico del fratello di Chiara Poggi, di nuovo indagato per la sua uccisone datata 2007. Il reperto che potrebbe incastrare Andrea Sempio, l’intonaco dell’impronta 33, non si troverebbe più negli archivi. Nel 2007 quella macchiolina violetta isolata dai Ris su uno dei muri della villetta dove venne trovato il cadavere di Chiara Poggi non era da considerarsi utile alle indagini. Oggi, a quasi 18 anni di distanza con un “nuovo-vecchio” indagato, quella macchiolina violetta – ormai nota come l’impronta 33, dal numero assegnato al reperto – è reputata uno dei possibili punti di svolta per riscrivere la storia di uno degli omicidi più discussi della storia criminale d’Italia, venendo ora attribuita proprio ad Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi, fratello della vittima, accusato di omicidio volontario in concorso.

Ebbene, di questo campione non c’è più traccia. Per poterlo analizzare infatti occorrerebbe ritracciare proprio il pezzo di intonaco che era stato grattato con un bisturi dal reparto specializzato dei carabinieri dal muro delle scale della villetta in fondo alle quali fu trovato il cadavere della ragazza. Intonaco che però risulta ora introvabile. Nel 2007 quella impronta fu trattata con ninidrina, sostanza che, reagendo, le aveva dato una colorazione rossastra, ma, ai fini delle indagini, essa fu ritenuta inutile e dunque fu riposta negli archivi. Oggi l’intonaco che riporta l’impronta 33 non è stato rinvenuto negli stessi archivi della Procura di Pavia né in quelli dei carabinieri del Ris di Parma. Di esso dunque resterebbe null’altro che una foto. La distruzione della prova d’altronde non è un fatto di per sé clamoroso. È prassi infatti che i reperti a corredo di indagini concluse con una sentenza definitiva vengano dismessi ed eliminati. Si tratterebbe dunque di un duro colpo per il nuovo filone delle indagini sul delitto di Garlasco. Da quella traccia infatti i consulenti di Alberto Stasi ritenevano fosse possibile estrapolare materiale biologico. Per questo motivo avevano fatto trapelare l’intenzione di depositare in Procura una consulenza sull’impronta 33, atta proprio a verificare la presenza di tracce biologiche su di essa di Andrea Sempio. 

Con la nuova inchiesta sul delitto di Garlasco emergono nuovi punti oscuri della vecchia indagine, come reperti mai presi in considerazione dagli investigatori. Tra questi c’è l’impronta del piede di una donna rinvenuta sulla scena del delitto. Un’orma parziale che non era stata valorizzata all’epoca dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, e che ora l’avvocato di Alberto Stasi, Antonio De Rensis, chiede di riesaminare. Il corpo di Chiara venne rinvenuto adagiato alle scale della taverna di casa Poggi, e quell’impronta lunga 24-26 centimetri, che avrebbe la forma di una scarpa femminile, sarebbe stata rintracciata al piano terra, in cima alla scala che conduce alla cantina.

Tra i dna delle persone che frequentavano la villetta di Garlasco e che sarà nelle mani dei periti nel prossimi incidente probatorio ci saranno anche quelli degli amici di Marco Poggi, o meglio, i membri di tutta quella “comitiva” di amici che nel 2007 erano soliti ritrovarsi a casa Poggi per giocare ai videogiochi: come l’attuale indagato Andrea Sempio e anche Roberto Freddi e Mattia Capra (mai indagati ma le cui case i giorni scorsi sono state perquisite dai carabinieri). Ma a incuriosire è anche un altro ragazzo del gruppo: il 36enne Alessandro Biasibetti. Nel 2007, ovvero l’anno dell’omicidio di Chiara Poggi, lui e Marco Poggi erano grandi amici, erano cresciuti insieme Nel tempo poi è diventato un religioso e ora è un frate dell’ordine domenicano. Alessandro Biasibetti: era l’unico del gruppo degli amici di Marco Poggi a conoscere Alberto Stasi.

La Svolta del delitto di Garlasco potrebbe derivare da un file che Chiara due mesi prima di morire aveva salvato sulla sua pen drive dal nome Abusati550.doc Il documento contiene una raccolta di articoli di cronaca su casi di abusi sessuali nella Chiesa, episodi copiati e incollati dalla rete che raccontano di violenze commesse da membri del clero in diverse parti d’Italia e del mondo. Non si tratta di appunti personali, ma della riproduzione di contenuti pubblici, raccolti forse per motivi di studio, interesse personale, o per denunciare qualcosa di più vicino a lei. L’ipotesi viene accostata, anche se senza prove concrete, alla vicenda emersa anni dopo nel Santuario della Madonna della Bozzola, a pochi chilometri da Garlasco. Nel 2014, infatti, scoppiò un caso di ricatto sessuale ai danni di don Gregorio Vitali, rettore del santuario, che avrebbe pagato oltre 250 mila euro a due cittadini romeni per non far diffondere registrazioni a sfondo sessuale. Durante quell’inchiesta non vennero mai provati episodi di pedofilia, ma intercettazioni e voci lasciarono intendere la possibilità dell’esistenza di comportamenti gravi e omertosi in quell’ambiente. La vicenda fu trattata anche da “Chi l’ha visto?”, che raccolse dichiarazioni su un presunto legame tra il delitto Poggi e quel contesto, tra cui la frase attribuita ai ricattatori: “La ragazza aveva scoperto il giro e diceva che avrebbe parlato, da lì è partito tutto.

Il 17 giugno si terrà invece l’incidente probatorio decisivo sulle impronte riscontrate all’epoca. Dove saranno sul tavolo dei consulenti delle parti, i reperti valorizzati con le più recenti tecniche scientifiche, a partire proprio da quella ‘impronta 33’ trovata nella villetta di Garlasco dove la 26enne fu uccisa il 13 agosto del 2007 e attribuita ad Andrea Sempio. Dalle 62 pagine della consulenza della procura che ha iscritto l’amico di Marco Poggi nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio in concorso emerge oltretutto che Il Dna trovato sotto le unghie di Chiara sarebbe al 99% di Sempio.

È guerra di perizie in attesa dell’incidente probatorio previsto per il 17 giugno che dovrà chiarire una volta per tutte se le tracce genetiche rinvenute sulle dita della vittima siano davvero di Sempio. A marzo i carabinieri hanno acquisito formalmente il suo Dna. Le comparazioni fatte finora si basano invece su Dna estratto da reperti raccolti dagli investigatori. Con la nuova inchiesta che vede indagato Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, l’orario della morte di Chiara Poggi è tornato in discussione. Per la Cassazione, che ha reso definitiva la condanna ad Alberto Stasi, Chiara Poggi è stata uccisa tra le 9:12 e le 9:36 del 13 agosto 2007, quando l’allarme della villetta di Garlasco è stato disattivato.  Il medico legale che aveva esaminato il cadavere aveva indicato come la morte fosse avvenuta tra le 10:30 e le 12, mentre la perizia disposta dal Gip, che all’epoca assolse Stasi, aveva individuato un intervallo più ampio: dalle 7 alle 12:30. L’ora del decesso è cruciale per l’indagine dato lo scontrino del parcheggio di Vigevano, usato da Sempio per dimostrare la sua impossibilità di essere alla casa dei Poggi al momento dell’omicidio.

Per la famiglia Poggi il limite è stato oltrepassato: oltre ai legali che assistono i familiari, infatti, anche Rita, la mamma della ragazza uccisa a Garlasco, ha espresso il suo sdegno per le indiscrezioni circolate nelle ultime ore sul conto della figlia. Intervistata dal telegiornale regionale della Lombardia, Rita Poggi ha dichiarato: “Siamo disgustati dalle affermazioni fatte in questi giorni dalle varie trasmissioni televisive. Si continua a infangare la memoria di nostra figlia. È veramente disgustoso. Nostra figlia era una ragazza pulita, semplice. Non aveva segreti e non aveva amanti. Ho sentito anche quello ieri sera. Non aveva due telefoni. Quello che è grave è che si fanno illazioni su una ragazza che non può difendersi”.

Se Stasi fosse innocente cosa accadrebbe? In caso di revisione del processo e di proscioglimento di Stasi, si aprirebbe una complessa questione giuridica riguardante la restituzione della somma di 850.000 euro versata alla famiglia Poggi. Non esistendo una norma specifica per questi casi, si applicherebbero i principi generali del diritto civile relativi all’indebito pagamento. In linea teorica, Stasi potrebbe richiedere la restituzione dell’intera somma versata alla famiglia Poggi, maggiorata degli interessi legali maturati nel tempo. Secondo le stime elaborate da esperti legali e riportate dalla stampa specializzata, il risarcimento complessivo potrebbe oscillare tra i 3 e i 6,5 milioni di euro, una cifra che tiene conto non solo del periodo di detenzione già scontato, ma anche dei danni morali, psicologici e di immagine subiti dal condannato.

 

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Manuela Cunsolo
Manuela Cunsolo
Laurea magistrale in Giurisprudenza, vive a Catania dove attualmente svolge la Pratica forense presso uno studio penale. Alle scuole superiori ha iniziato a fare volontariato in uno dei quartieri disagiati della sua città dando lezioni di doposcuola ai bimbi. Sempre il suo amore per i bambini l'ha spinta a diventare volontaria Abio presso i reparti di pediatria generale, oncologica e broncopneumologia del Policlinico di Catania per circa 10 anni. Il suo sogno è di diventare un avvocato penalista e una mamma.

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