Donne in uniforme: protagoniste silenziose della sicurezza nel mondo moderno. Un viaggio tra numeri, testimonianze e sfide, anche familiari

Riceviamo e pubblichiamo l'articolo del nostro lettore Rosario Bonavita

Le donne in uniforme oggi sono ovunque: nelle volanti della Polizia di Stato, nei ranghi delle forze armate, fino ai reparti speciali. Dalla strada fino allo spazio con le donne astronauta.

In un mondo che spesso fatica ancora a garantire piena parità, la loro presenza attiva è un segnale silenzioso ma potente di cambiamento.

Fino a pochi decenni fa, le donne erano escluse dalla maggior parte delle professioni in uniforme, per fortuna si evolve.

Nella Polizia di Stato, l’ingresso ufficiale avviene nel 1961 con il primo concorso aperto al personale femminile. Solo nel 1981, con la Legge 121, si ottiene l’equiparazione tra donne e uomini nelle funzioni operative. Da allora, le agenti possono accedere a tutte le specialità: reparti mobili, scientifica, squadra volante, istruttori e incarichi di comando.

Nelle Forze Armate italiane, l’apertura arriva nel 2000, grazie alla legge n. 380/1999, che consente l’accesso ai concorsi anche alle donne. Oggi sono oltre 16.000 le donne militari in servizio attivo. Ed anche per le FF.AA le donne operano in tutti i settori: comandi territoriali, missioni internazionali, addestramento e ruoli tecnici.

Nel 2023, rappresentano circa il 20% del personale nella Polizia di Stato e l’8% nelle Forze Armate, per i ruoli di comando tale percentuale si raddoppia. Una crescita lenta ma costante.

Essere donna in uniforme è già una sfida. Essere madre in uniforme lo è ancora di più. Conciliare i turni notturni, i servizi d’urgenza e le trasferte con la gestione della famiglia richiede uno sforzo straordinario. Molte professioniste raccontano come la maternità, pur tutelata dalle norme, finisca spesso per limitare le opportunità di carriera o avanzamento, e come la cultura interna sia ancora poco preparata a gestire la genitorialità femminile nel contesto operativo.

  • “Dopo il servizio torno a casa e inizia un altro turno: quello da madre. Non posso permettermi di cedere.” – ci dichiara E.F. un’agente madre.
  • Dati in evidenza: Secondo un’indagine di uno dei sindacati di Polizia, il 64% delle operatrici con figli dichiara di non sentirsi adeguatamente supportata nella conciliazione lavoro-famiglia.

Negli ultimi anni, il governo italiano ha promosso diverse iniziative concrete a favore della parità nelle forze armate e di polizia:

  • Piani triennali di azioni positive nei corpi statali per promuovere l’equilibrio di genere e prevenire discriminazioni
  • Introduzione di nuclei di ascolto e supporto psicologico, con attenzione al benessere femminile sul lavoro
  • Fondo per la conciliazione vita-lavoro nelle amministrazioni pubbliche, con sperimentazione di orari flessibili e telelavoro nei settori compatibili
  • Campagne interne contro molestie e mobbing di genere, gestite dagli uffici per le pari opportunità nei ministeri di competenza

Hanno avuto riscontro molto positivo le varie circolari emanate dai Ministeri competenti che consentono rientri graduali post-maternità e facilitano la permanenza in sede nel post-partum. Questi interventi, sebbene ancora parziali, rappresentano un passo verso una struttura di sicurezza interna ed internazionale più inclusiva e moderna.

Per nostra fortuna le donne in uniforme oggi non sono più un’eccezione ma parte della normalità operativa. Hanno dimostrato in concreto che non esistono “compiti da uomini” e che le competenze, il coraggio e la leadership non hanno genere. Spesso, i loro successi passano sotto silenzio: non cercano riflettori, ma rispetto. E ogni incarico portato a termine, ogni situazione gestita con lucidità e competenza, è una vittoria per l’intero sistema.

Molte sfide restano aperte:

  • Una reale parità di accesso ai ruoli dirigenziali.
    • Più attenzione alla genitorialità femminile, soprattutto in ambito operativo.Diffusione di nidi nelle caserme delle FF.OO. e FF.AA.
    • Un rafforzamento della cultura organizzativa inclusiva, a partire dalla formazione dei quadri permanenti di formazione nelle scuole militari.

Il cambiamento è in atto, e l’attuale governo sta dando prova di reale vicinanza a tale mondo ma il cammino richiede visione, volontà politica e un’alleanza forte tra istituzioni e cittadinanza.

Le donne in uniforme non chiedono privilegi. Chiedono diritto al merito, rispetto per il loro doppio impegno – verso lo Stato e verso la famiglia.

E lo dimostrano ogni giorno, passando con naturalezza dalla divisa al grembiule, dal briefing operativo a un abbraccio sul divano.

Il loro è un servizio doppio, silenzioso, potente. Che non chiede applausi, ma riconoscimento. “La prossima volta che incroci una divisa, ricordati che sotto c’è una storia. Spesso, una storia al femminile.”

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