Due nuovi importanti dettagli nel delitto Garlasco: Chiara Poggi fu torturata e uccisa da due persone e la nuova perizia colloca il Dna di Sempio sopra e non sotto le unghie di Chiara

In un’intervista a Gente, Luisa Regimenti, professoressa di Medicina legale all’Università di Tor Vergata, dopo aver dedicato le ultime settimane all’analisi dell’autopsia effettuata su Chiara Poggi, dichiara che la ragazza è stata prima torturata e poi uccisa da due persone. Sarebbero state utilizzate almeno due armi: una tagliente simile ad un’ascia, l’altra a un martello. Sul corpo sono state applicate forze e armi diverse e lasciati dei segni molto particolari probabilmente da chi la teneva ferma mentre l’altra persona infieriva. La Regimenti ipotizza infatti che Chiara, nella prima fase dell’omicidio, sia stata bloccata e torturata. In particolare due ferite da taglio uguali sulle palpebre, non compatibili con pugni sul viso, per la dottoressa sono segni di tortura inferti “appositamente” con un coltello in maniera quasi chirurgica senza danneggiare gli occhi e inflitti mentre Chiara Poggi si trovava sul divano, dove sono state riscontrate poche gocce di sangue

L’esperta indica anche un foro sulla tempia, compatibile con un punteruolo o un cavatappi. Con queste ferite sarebbe cominciata la fine di Chiara Poggi, aggredita da “qualcuno che provava piacere” nel farla soffrire. Notevole la forza del colpo sul cranio, mentre le altre ferite non erano mortali. “C’è una discrepanza di forza nei colpi”, che giustificherebbero il coinvolgimento di due persone nel delitto e “segni di contenimento”, per i quali si ipotizza che Chiara sia stata tenuta bloccata, perché altrimenti sarebbero stati individuati tagli sulle mani dovuti ai tentativi di difesa. Non si esclude che Chiara Poggi sia riuscita a liberarsi per scappare e che sia scoppiata una colluttazione, una lesione trovata sul braccio destro la farebbe ipotizzare, alla quale è seguito il massacro. Per Regimenti, è possibile che Chiara sia stata trascinata fino all’altezza del telefono prima di ricevere il colpo mortale, “quello che le ha sfondato il cranio“, e di essere gettata sulle scale della cantina. Quei presunti segni di tortura sugli occhi non sarebbero casuali, perché potrebbero avere un significato ed essere legati a qualcosa che la vittima ha visto ma non doveva vedere. Una sorta di “punizione” nei confronti di Chiara Poggi, che potrebbe essere stata vittima di una vendetta. La Regimenti ha esaminato il referto autoptico e ne ha dato una sua interpretazione, rivelando dettagli angoscianti.

“È stata un’esecuzione brutale: chiunque l’abbia uccisa la conosceva ed era animato da un odio cieco”, ha dichiarato. Non sarebbe stata uccisa al termine di un litigio, o per una resa dei conti. Si sarebbe trattato dunque di una feroce esecuzione. Per quanto riguarda la spinta del corpo sulle scale, ipotizza che sia stato un escamotage per rendere difficile il ritrovamento del corpo e per far lasciare tracce a chi la cercava, così da “far ricadere la colpa su qualcun altro“, magari proprio su Alberto Stasi che gli assassini sapevano sarebbe andata a cercarla. Per la dottoressa Regimenti Stasi “non avrebbe potuto comunque fare tutto da solo”.

La nuova super perizia firmata dai genetisti Lutz Roewer e Ugo Ricci che ha di fatto dato nuovo impulso all’inchiesta sul caso di Garlasco, secondo la quale i profili genetici emersi dalle tracce di dna trovate sulle unghie di Chiara Poggi sono compatibili con il dna di Andrea Sempio ha inoltre un importante dettaglio che potrebbe fare la differenza: il dna trovato non era sotto le unghie, ma sopra. Un dettaglio non da poco. Se, come detto, Chiara fosse venuta a contatto con il dna di Sempio dai tasti del computer, il materiale genetico sarebbe stato trovato appunto sui polpastrelli o sotto le unghie, invece era sopra. Se fosse confermato quel che la perizia dei genetisti Lutz Roewer e Ugo Ricci affermano, e sarebbe proprio il dna di Sempio quello sulle unghie di Chiara Poggi la storia del delitto di Garlasco andrebbe certamente riscritta.

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Manuela Cunsolo
Manuela Cunsolo
Laurea magistrale in Giurisprudenza, vive a Catania dove attualmente svolge la Pratica forense presso uno studio penale. Alle scuole superiori ha iniziato a fare volontariato in uno dei quartieri disagiati della sua città dando lezioni di doposcuola ai bimbi. Sempre il suo amore per i bambini l'ha spinta a diventare volontaria Abio presso i reparti di pediatria generale, oncologica e broncopneumologia del Policlinico di Catania per circa 10 anni. Il suo sogno è di diventare un avvocato penalista e una mamma.

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