Quando hai una maggioranza monstre che va dai «nostalgici dell’Unione sovietica ai filoamericani» passando per «i finti pacifisti e gli adepti di Bruxelles» è chiaro che perdere la bussola dell’interesse nazionale – a maggior ragione quando si parla di politica estera – è facile. Quasi strutturale.
Capita così che davanti a un appuntamento fondamentale come il Consiglio europeo previsto per il 23 e 24 giugno – tutto dedicato alla crisi ucraina – la maggioranza “arcobaleno” che sostiene il governo Draghi si sia concentrata più nella scrittura di un testo capace lessicalmente di accontentare tutti (e quindi di non convincere davvero nessuno: si tratta solo di dichiarazioni di principio e di banalità istituzionali) che di dotare Mario Draghi di un mandato chiaro per tutelare l’integrità del popolo ucraino assieme agli interessi di quello italiano.
Se da una parte l’ossessione di Pd, LeU, 5 Stelle e del nascente partitino di Di Maio (la lista civica “Insieme per il futuro”) è stata tutta incentrata nella definizione certosina delle quote di retorica per portare a casa l’obiettivo minimale – la propria faccia nei confronti dei rispettivi elettorali –, dall’altra a dotare il premier di un paradigma di obiettivi con cui orientare il profilo dell’Italia al tavolo dei capi di Stato europei è stata l’opposizione.
Proprio così. Ci ha pensato la risoluzione “alternativa” di Fratelli d’Italia. Testo passato alla Camera come quello di maggioranza ma – a differenza di quest’ultimo – con quattro punti chiarissimi su cui il governo si impegna: l’istituzione di un apposito Fondo volto a compensare i danni economici subiti dai singoli Stati conseguenti la crisi degli approvvigionamenti in atto; la necessità di fissare un tetto al prezzo dei prodotti energetici nell’ambito dell’Unione; quella di garantire la piena applicazione delle premesse e degli impegni approvati dal Senato in sostegno alla resistenza del popolo ucraino «al fine di ottenere al più presto una pace giusta».
E infine il governo è vincolato alla promozione di un Piano straordinario dell’Ue per l’autosufficienza alimentare.
Insomma, mentre Luigi Di Maio e Giuseppe Conte pensavano al destino della loro scissione, Giorgia Meloni e i suoi si sono impegnati – da forza di minoranza – a tracciare una road map in politica estera per l’Italia. Rotta che, proprio dopo l’intervento della presidente di FdI a Montecitorio, ha allineato tutto l’emiciclo in suo sostegno. «La risoluzione proposta da Fratelli d’Italia contiene una posizione chiara e inequivocabile – così Meloni ha incalzato i suoi colleghi deputati –. Volete rimanere ambigui, ma penso che questo non sia il tempo dell’ambiguità, penso che questo sia il tempo in cui una Nazione come la nostra fa le scelte necessarie a difendere i suoi interessi nazionali». A questa sollecitazione l’Aula alla fine (con lo strumento dell’astensione) ha detto sì.
Un assenso che è chiaramente condiviso anche da Palazzo Chigi che ha più volte riconosciuto la qualità dell’azione politica di un’opposizione “patriottica”. Fenomeno su cui gli osservatori – anche i più distanti – sono tutti d’accordo.
Ciò che è andato in scena insomma, proprio nelle ore in cui i grillini evaporano dalla scena pubblica (o si normalizzano come stampelle dello status quo), è un fatto politicamente molto significativo che si aggrega fatalmente alle parole che poco prima ancora Giorgia Meloni affidava all’Aula: «Questo è il momento in cui si distinguono i leader dai follower, cioè coloro che hanno il coraggio di indicare una rotta alla Nazione, da quelli che invece pensano che si possa fare cassa elettorale sulla pelle della Nazione».
La sua rotta tracciata nel frangente più delicato, lo hanno riconosciuto anche gli avversari, è quella giusta. È così che fanno i leader.
Certo una linea chiara è molto importante, peccato che la risoluzione proposta insiste con le sanzioni invece di opporsi a mettere sanzioni che sono contro l’interesse italiano, che distruggono la traballante economia italiana e nessun fondo di compensazione consentirà di recuperare da questo errore. Inoltre il fondo di compensazione se fatto dall’UE state certi che sarà un prestito da restituire, non certo un fondo perduto per l’UE. Poi, la risoluzione vuol mettere in atto misure per la resistenza dell’Ucraina cioè dare armi? Perchè dare armi non vuol dire garantire la resistenza, piuttosto garantire il massacro dei civili e dei militari che continuerà per mesi e mesi. Solo la resistenza passiva, la resistenza come ci fu sotto il comunismo può consentire la VITA della popolazione e una sicura sconfitta dell’invasore. Poi bisogna anche accertarsi di quali sono i confini dell’Ucraina perchè ho letto che essa è l’unica repubblica ex-sovietica a NON avere depositato i suoi confini all’onu dopo il crollo dell’URSS, dunque in realtà sarebbe ancora parte dell’unione sovietica… tutte le altre ex-repubbliche nel 1991 hanno depositato i loro confini, l’Ucraina no, come mai?
Brava Isabella, del tutto condivisibile, procedendo così l’Ucraina resterà senza ucraini . . . pur essendo un mangiacarta quella sui confini mi mancava . . . posso chiedertene le fonti ?
Salute, Saluti & Pensieri positivi.
Claudio Raul
Leggo molto in francese, dunque ecco una fonte francese, trova qui l’articolo di febbraio https://www.francemediasnumerique.net/2022/02/lukraine-fait-partie-de-la-russie-ce-qui-signifie-que-la-russie-peut-entrer-a-tout-moment/