Il boss Giovanni Brusca è un uomo libero. Il 5 giugno scorso è terminata la sua pena detentiva a causa degli sconti concessigli per essere diventato collaboratore di Giustizia, ovvero, uno dei non pochi pentiti della criminalità organizzata. L’esponente di rilievo di Cosa Nostra fu arrestato nel 1996 e nel 2000 gli venne riconosciuto lo status di collaboratore di Giustizia. Oggi è completamente libero per fine pena, ma dal 2021, dopo aver trascorso 25 anni in carcere, Brusca già godeva della libertà vigilata e di giorno poteva uscire dalla prigione.
Stiamo parlando di un uomo che è stato una figura di spicco dei Corleonesi e un killer spietato, non a caso soprannominato lo “scannacristiani”, al servizio di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Furono le mani di Giovanni Brusca a premere il detonatore che fece saltare in aria il Giudice Giovanni Falcone e la sua scorta a Capaci. Inoltre, questo mafioso “pentito” porta con sé la responsabilità dell’atroce morte del quindicenne Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito di mafia Santino Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido, ma i delitti commessi dal boss di San Giuseppe Jato sono stati tantissimi, a cominciare dall’uccisione di un altro Giudice, Rocco Chinnici, effettuata con un’autobomba.
Brusca era esperto di esplosivi e lui stesso ha ammesso, tramite una dichiarazione presente nel libro “Ho ucciso Giovanni Falcone” di Saverio Lodato, edito da Mondadori, di avere compiuto e ordinato personalmente oltre centocinquanta omicidi. Non riesce neppure a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ha ucciso, tuttavia, parole sue, dovrebbero essere molti più di cento e di sicuro meno di duecento. E’ naturale ed umano che vedere tornare in libertà, dopo soli 25 anni di detenzione, un soggetto del genere, faccia male, molto male soprattutto ai familiari delle vittime di Cosa Nostra, ed infatti, persone come la vedova di Antonio Montinaro, caposcorta di Falcone ucciso a Capaci, e il fratello del piccolo Di Matteo, non hanno potuto fare altro che esprimere amarezza e parlare di una Giustizia che ha fallito.
Il fine pena di Giovanni Brusca è d’altra parte in piena coerenza con la legge e in particolare con quelle disposizioni varate molti anni fa per stimolare il pentitismo e la collaborazione con la Giustizia all’interno delle organizzazioni criminali attraverso particolari protezioni e sconti di pena. Brusca esce per effetto della legge n.82 del 15 marzo 1991, modificata poi nel 2001 e voluta, ironia beffarda del destino, proprio da Giovanni Falcone, come ha affermato, sconsolata, la sorella del Giudice. Si comprende come numerosi pentiti abbiano permesso allo Stato di assestare duri colpi alle mafie e di affidare alle patrie galere boss del calibro di Riina, Provenzano e Matteo Messina Denaro, ma viene da pensare che serva comunque un equilibrio finalizzato a non fare dimenticare che il pentito rimane il più delle volte un criminale con il medesimo DNA. Il pentito di mafia per eccellenza Tommaso Buscetta, nonostante tutta la sua guerra, utile per carità, a Cosa Nostra, affermava di essere rimasto comunque un “uomo d’onore” e di volere morire come tale.
La collaborazione con la Giustizia è probabilmente determinante in alcuni casi, ma gli sconti di pena applicati a persone con centinaia di morti sulla coscienza pongono seri dubbi. La Storia d’Italia è purtroppo stata caratterizzata anche da diversi pentiti fasulli i quali, per paura di essere uccisi da qualche loro sodale e per ottenere quindi la protezione speciale dello Stato o al fine di farsi levare qualche anno di carcere, si sono inventati frottole vere e proprie da raccontare ai magistrati e hanno distrutto la vita di persone innocenti. Pensiamo solo al drammatico caso di Enzo Tortora, infangato e ucciso di fatto da pentiti improbabili della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, tali Giovanni Pandico, affetto da schizofrenia, Gianni Melluso e Pasquale Barra, il killer della NCO, assimilabile a Brusca in quanto a ferocia assassina.
Si nota infine una discrepanza forse eccessiva ed ingiusta fra il trattamento riservato ai pentiti e quello applicato a coloro i quali non hanno mai inteso collaborare con la Giustizia. Alcuni pluriomicidi hanno riottenuto la libertà dopo appena vent’anni di carcere ed altri sono morti senza uscire mai dal carcere duro e dal regime del 41-bis, come Cutolo, il quale non era più così temibile, almeno negli ultimi anni della propria vita. Renato Vallanzasca, per fare un ulteriore esempio, morirà quasi certamente da detenuto, dopo mezzo secolo di galera peraltro, ma ormai il bel René di un tempo è un uomo anziano ricoverato in una RSA, pur essendo sempre agli arresti, che a causa della demenza senile non si ricorda nemmeno più di essere Vallanzasca e di essere stato il “Re” della malavita milanese degli anni Settanta. Non esprimiamo sentenze o certezze, ma è sicuro, determinati squilibri fanno pensare.
Sì, Roberto, fanno pensare, ma pensare male.
Credo che il trattamento di favore per questi miserabili delinquenti sia solo segno della debolezza dello Stato e della Giustizia. Solo uno Stato corrotto ed una Magistratura che insieme ai Falcone e Borsellino alleva al suo interno migliaia di inetti incapaci di seguire la Giustizia può ridursi a tanto.
Anche verso la criminalità, dalla più “comune” (già il termine fa pensare: comune? come fa una criminalità ad essere “comune”, cioè normalmente diffusa?) alla più organizzata la sola vera arma è la deterrenza.
Se la criminalità non ha paura della Giustizia, perchè questa è incapace di perseguire il crimine, allora lo Stato abdica dal suo ruolo e fa leggi come la nostra sui pentiti.
Gli informatori, a modo loro dei pentiti, forse, o più probabilmente dei “doppiogiochisti”, ci sono sempre stati e sempre ci saranno, ma devono essere lasciati alla valutazione della Polizia, che sa ed ha sempre saputo come e quando servirsene, non assurgere alla dignità di “collaboratori” giuridicamente protetti.
Il perdono lasciamolo a Dio, nella sua infinita misericordia, se lo ritiene, ma non può essere sancito per legge.
Come si dice, chi muore giace e chi è vivo si dà pace.
Vergogna.
Mi auguro che la strada intrapresa dal nostro Governo con il decreto sicurezza sia solo un inizio, e che si arrivi ad una vera deterrenza verso la criminalità.
Ancora tante volte in Italia si ha più paura ad essere onesti che a delinquere.
Con affetto
Alessandro
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