Partiamo da un presupposto: chi ha condiviso e condivide il percorso ideale e politico che, in gioventù, ha visto Almerigo Grilz protagonista, a Trieste e non solo, della militanza nelle organizzazioni giovanili missine, molto probabilmente andrà al cinema a vedere Albatross (il film nelle sale dal 3 luglio: ve ne abbiamo raccontato in questo articolo In uscita al cinema “Albatross”, film che racconta la storia di Almerigo Grilz) con un po’ di ansia, condita da una puntina di pregiudizio dovuto alle tante volte in cui la nostra storia e le persone che l’hanno fatta anche a costo di immensi sacrifici, sono stati raccontati dagli “altri” non esattamente in maniera corretta, fedele e coerente con la verità. Giulio Base (sceneggiatore, regista e interprete di un piccolo cammeo) invece, ve lo anticipiamo, ci è riuscito piuttosto bene, realizzando un film che, finalmente, squarcia il velo di silenzio ed oblio con cui per troppo tempo si è tentato di far dimenticare una figura esemplare, per tutti, come Almerigo Grilz.
Ieri sera, entrando tra i primi in sala per assistere alla premiere, abbiamo visto il cinema riempirsi pian piano (molti gli ospiti illustri, tra i quali diversi parlamentari di Fratelli d’Italia ed esponenti del Governo, oltre ovviamente agli Amici di Almerigo Gian Micalessin e Fausto Biloslavo, che hanno anche collaborato alla sceneggiatura, fornendo materiali e testimonianze) e quando le luci si sono spente per dare inizio alla proiezione la nostra curiosità era enorme.
La prima parte, quella dedicata al periodo in cui Grilz ha militato nel Fronte della Gioventù, è forse la meno bella: il modo in cui sono raccontati gli scontri tra fazioni opposte, infatti, a nostro avviso risulta un po’ semplicistico e non del tutto realistico, se non addirittura, a tratti, leggermente caricaturale. Poi però, per fortuna, il film decolla.
Un magistrale Giancarlo Giannini, nel ruolo di Vito (personaggio inventato ispirato a Toni Capuozzo), un giornalista di sinistra amico-nemico di Almerigo, si reca a Trieste per partecipare ad una riunione del Consiglio dell’ordine cittadino con all’ordine del giorno, per l’ennesima volta, l’apposizione, tra le altre dedicate ai caduti, di una targa con il nome di Grilz, primo giornalista italiano morto su un fronte di guerra dalla fine del Secondo conflitto mondiale. Apposizione a lungo negata (ed è la verità) per il radicato pregiudizio ideologico nei confronti di un reporter eccezionale macchiato, a detta dell’intellighenzia di sinistra, dal fatto di aver militato nelle file della destra.
Ed è attraverso il discorso di Vito-Giannini – il vero cuore della pellicola – a sostegno di Almerigo che, grazie anche ad una serie di flashback, emerge in tutta la sua pienezza la storia di Grilz, dei suoi viaggi per l’Europa zaino e macchina fotografica in spalla, dei primi scatti pubblicati. Poi la decisione di fondare, insieme a Gian Micalessin e Fausto Biloslavo, l’Albatross Indipentent Agency. E ancora gli eccezionali reportage sui fronti delle guerre dimenticate realizzati dai tre (non senza enormi disagi e, soprattutto per quanto riguarda Almerigo, anche altrettanto enormi rischi) e del grande apprezzamento che il loro eccellente lavoro ha riscosso all’estero. Perché in Italia, per tutti, Almerigo Grilz, l’anima dell’Albatross, era solo un “picchiatore fascista”. E non meritava né spazio né, dopo la sua morte, avvenuta in Mozambico il 19 maggio 1987, il giusto e doveroso ricordo.
Questa radicale impostazione, nel film, viene raccolta e trasmessa da Giulio Base nella piccola parte attoriale che si è ritagliato: quella di un giornalista di sinistra militante che risponde a Vito-Giannini con astio e veleno, sputando fuori dai denti un no che sa di damnatio memoriae. Un no che oltretutto, stando ad alcuni commenti social apparsi nei giorni scorsi, è ancora oggi da qualcuno condiviso. Dal loro punto di vista, offuscato dall’ideologia, Almerigo non era un vero giornalista, ma un mercenario che raccontava solo quel che conveniva alla sua parte politica. Niente di più falso.
Lo dice la storia di Almerigo (che è ancora viva e vitale, nonostante tutto e tutti). Lo dicono i suoi reportage. E lo dice anche il film di Giulio Base che, al netto di qualche concessione di fantasia nella trama (come quella sulla sua fidanzata storica che sposa un giornalista di sinistra), restituisce agli spettatori, grazie anche all’ottima interpretazione di Francesco Centorame, un Almerigo pieno di voglia di vivere, ribelle, irriverente, divertito e divertente, spiritoso, innamorato del giornalismo e assetato di verità, fino al punto da morire per raccontarla. Nel film al momento in cui viene colpito alla testa mentre documenta uno scontro tra i ribelli della Renamo e i governativi del Frelimo, segue una delle scene più toccanti dell’intero lungometraggio (ed in sala, guardandoci intorno, abbiamo visto più di qualcuno con gli occhi lucidi): la cerimonia di sepoltura di Almerigo, con accanto la sua cinepresa e circondato dai miliziani che, come fosse uno di loro, gli dedicano un canto di addio.
Molto bravi anche gli altri giovani attori, in particolare Luca Predonzani e Tommaso Santini (che hanno interpretato rispettivamente Fausto Biloslavo e Gian Micalessin), che sono riusciti a rendere perfettamente il clima di fraterna amicizia che ha legato (e legherà per sempre) i tre coraggiosi e un po’ folli (non a caso venivano chiamati “crazy italians”) dell’Albatross. “Quando abbiamo visto in anteprima il film, io e Fausto ci siamo commossi” ci ha detto Gian Micalessin al termine della proiezione. E Fausto Biloslavo, sul messaggio che “Albatross” vuole trasmettere, ha aggiunto: “la storia di Almerigo deve essere di insegnamento ai giovani: inseguite sempre i vostri sogni”.