L’avvento del governo Draghi è stato salutato dai principali osservatori del contesto politico nazionale come una manna dal cielo. L’ex presidente della Bce è stato visto da (quasi) tutte le forze politiche in campo come l’uomo del cambiamento, ossia colui che in poco tempo potesse archiviare la tanto vituperata stagione dei Dpcm firmati da Giuseppe Conte.
E se poco tempo è trascorso da quando lo stesso Draghi è diventato Presidente del Consiglio, c’è da dire che il buongiorno si vede dal mattino. I provvedimenti adottati per frenare l’emergenza sanitaria ricalcano per la gran parte quelli dell’esecutivo precedente e nel momento in cui scriviamo la maggior parte delle regioni italiane si ritroverà a breve in fascia rossa. La Pasqua sarà blindata e gli spostamenti consentiti da una abitazione all’altra ricordano molto quelli pensati per il Natale, con norme poco chiare e precetti largamente confusi.
Le cose non vanno meglio sul fronte economico, anzi. In questo caso, basta leggere con attenzione qualche dato in circolazione per comprendere che il rischio catastrofe è dietro l’angolo. Secondo le ultime stime fornite dall’Istat, nel 2020 sono -456 mila gli occupati a causa del Covid mentre cresce in maniera esponenziale il numero degli inattivi, cioè di coloro che si sono definitivamente arresi e un lavoro non lo stanno più cercando. Sempre in riferimento al range temporale dello scorso anno sono state chiuse ben 73 mila imprese (dati Istat), circa il 7,2% del totale. Una vera e propria emorragia se si pensa al fatto che il tessuto produttivo del nostro Paese è costituito da piccoli e medi imprenditori che, tra fisco e burocrazia, sopravvivono a stento.
E se attualmente i ristori previsti dal governo sembrano non soddisfare le richieste concrete di chi lavora e produce, lo scenario era già cupo nel dicembre 2020 quando Confcommercio certificò per i primi tre mesi del 2021 la chiusura definitiva di oltre 390 mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi di mercato. In altre parole: un numero spaventoso di realtà produttive ha per sempre tirato giù la saracinesca, mettendo fine ad una filiera commerciale e distributiva di profitto che difficilmente verrà recuperata nel breve/medio periodo.
Sempre stando a quanto diffuso dall’Istat, nel periodo dicembre 2020 – febbraio 2021 il 61,5% delle imprese ha previsto una contrazione del fatturato rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente, con cali che nel 40% dei casi oscillano tra il 10 e il 50%. Si tratta di cifre allarmanti che dovrebbero destare un minimo di preoccupazione in chi si trova a guidare la baracca: procedere per tentativi non è più concesso, soprattutto se in ballo ci sono migliaia di posti di lavoro.
Anche per questo Fratelli d’Italia ha presentato al Senato una mozione che impegna il governo a sospendere il cashback con l’obiettivo di destinare le somme stanziate alla ripresa delle categorie produttive colpite dalla pandemia. Una proposta di buon senso che Draghi dovrebbe far propria. Nel frattempo che si decida il da farsi, l’Italia si ritrova ostaggio di misure restrittive già sperimentate un anno fa e che, anziché arrecare benefici, hanno portato al susseguirsi di ondate pandemiche e ad un innalzamento dei contagi da Covid-19.
Occorre dunque mettere in campo strategie efficaci per il rilancio della nostra economia prima che sia troppo tardi: in questi casi il tempo è tiranno, non di certo galantuomo.