Esiste una parola, semplice ma estremamente evocativa, che negli ultimi decenni è stata costantemente distorta e piegata al volere di una determinata élite: libertà. Un termine che, pur portando con sé una storia carica di significato, ha però finito per essere svuotata di valore, fino a diventare un concetto da rivedere e adattare alle convenienze politiche di chi detiene il potere.
La libertà di scegliere come vivere, di decidere chi votare, di sostenere un’idea piuttosto che un’altra, di esprimere liberamente un pensiero, sono i principi alla base di qualsiasi società democratica. Eppure, questi diritti oggi sono sempre più offuscati, travisati, e – in molti casi –negati a coloro che decidono di non allinearsi al pensiero dominante.
E così la libertà di esprimersi, di votare, di agire secondo le proprie convinzioni è tutelata solo se si aderisce a determinati canoni ideologici.
Non è un caso, infatti, che proprio in questi giorni, sia stata avviata una campagna di allarmismo senza precedenti, la cui causa principale risiede nel vantaggio che i candidati conservatori stanno conquistando in vista delle prossime elezioni nazionali (infatti in Ue si voterà, a partire dal prossimo 18 maggio, in ben tre diversi Paesi: Romania, Polonia e Portogallo).
Lo scenario che sta catalizzando l’attenzione è quello della Romania, dove George Simion, leader di AUR e vicepresidente del partito conservatore europeo ECR, ha trionfato al primo turno con oltre il 40% dei consensi, quasi doppiando il suo sfidante Nicusor Dan, fermo al 21%.
Dopo il controverso annullamento della vittoria di Georgescu lo scorso anno, la sinistra si aspettava un’inversione di rotta e un possibile ritorno in auge, ma questo non è accaduto. E ora che la prospettiva di un governo conservatore in Romania si fa sempre più concreta, i progressisti burocrati iniziano a tremare seriamente.
E così, l’unico strumento che gli resta per non far crollare il suo piedistallo, è quello di distorcere la realtà, diffondendo notizie tendenziose e costruendo narrazioni allarmistiche, fino ad arrivare a gridare alla fine della libertà e della democrazia nel caso in cui il risultato previsto si realizzasse. Perché se questo risultato non va a genio al mainstream, allora bisogna mettere in guardia i cittadini, bisogna cambiare la narrazione e cercare di affossare in qualunque modo la controparte.
“Populista dell’ultradestra romena” e “agitatore e arringatore di folle” sono solamente alcuni degli epiteti con i quali è stato bollato Simion. Etichette che però, alla luce dei fatti, non corrispondono alla verità (anche perché altrimenti non godrebbe del sostegno e la stima di personalità politiche di spicco, come è facile vedere girando un po’ sui social), ma tutto ciò conferma ancora una volta come a sinistra si tenti sempre e costantemente di denigrare l’avversario, piuttosto che affrontarlo con un discorso politico serio e costruttivo. Ma del resto, a questo teatrino siamo abituati da tempo, e ciò che stiamo vedendo in Romania non è nient’altro che un riflesso di ciò che è accaduto anche in altri contesti europei. Lo ricordiamo bene in Italia, quando alla vigilia dell’insediamento dell’attuale governo, l’Europa gridava al “pericolo per la democrazia” riferendosi a Giorgia Meloni- salvo poi, due anni e mezzo dopo, doversi ricredere di fronte a dati oggettivi indiscutibili (tanto che, leggendo per esempio la nota testata online di Politico, ora la nostra premier non è più una oltranzista, ma semplicemente una donna schierata politicamente a destra).
Perciò, quello che dovremmo davvero temere oggi, non è un conservatore come Simion, che ha a cuore il futuro del suo popolo e che vuole restituirgli la sua libertà e la sua dignità, ma piuttosto quella sinistra che ha ridotto le industrie nazionali al collasso con le sue politiche irrealistiche legate al Green Deal. Dovremmo temere quella sinistra che, invece di puntare su politiche concrete e serie, ha preferito nascondersi dietro il politicamente corretto, esasperandolo fino a renderlo una distorsione paradossale della realtà. Una sinistra che, con le sue politiche di genere irrazionali, ha finito per accentuare quelle stesse disuguaglianze che millanta di voler abbattere.
Ora più che mai ciò che fa impazzire l’establishment è il fatto che il popolo stia finalmente scegliendo di non farsi più soggiogare dal mainstream, prendendo in mano il proprio destino con consapevolezza e determinazione. Questa è la vera paura di chi ha costruito la sua forza su un’ideologia vuota, incapace di rispondere ai reali bisogni della gente.
Da parte sua, il popolo rumeno sta finalmente rompendo le catene imposte, prendendo una decisione consapevole e rivoluzionaria, dentro e fuori le urne. E la sua scelta è chiara: libertà, non censura; democrazia, non chiusura. E se è vero che la libertà è anche responsabilità, oggi il popolo romeno sta scegliendo di affidare questa responsabilità a chi crede potrà realmente restituire al paese una nuova vita. Una vita in cui libertà, democrazia e rispetto saranno di nuovo al centro, senza più maschere né finzioni. La vera sfida è dunque quella di rendere la libertà una realtà e non più una chimera. E la Romania sta cercando di dimostrare che quando il popolo decide di rispondere solo a sé stesso, e non ad un potere calato dall’alto, le cose possono cambiare. E questo non è un pericolo, ma una speranza per tutti noi.