Elly nel Paese delle Meraviglie: la favola del centrosinistra unito

La segretaria dem ha esultato perché “la coalizione progressista è finalmente in campo, unita e compatta in tutte le regioni che vanno al voto”. E, con grande spavalderia, ha aggiunto: “Non abbiamo litigato su nessuno dei candidati, invece abbiamo le forze di maggioranza che governano il Paese che stanno ancora litigando sui candidati”. Ora, che il centrodestra non abbia ancora scelto i candidati in Veneto, Campania e Puglia è vero, ma che nel centrosinistra vada tutto rose e fiori è quantomeno surreale. A sbugiardare la narrazione della Schlein ci ha pensato ieri il governatore della Campania Vincenzo De Luca che ha dichiarato: “Io mi sto muovendo sulla linea che avevamo deciso: prima i programmi. Ma che stiamo facendo il gioco delle tre carte? Un candidato a me, uno a te. Stiamo dando un’immagine di politica politicante priva di dignità”.

E, in effetti, scandagliando Regione per Regione, non si può che dare ragione (scusate il gioco di parole) a De Luca. In primo luogo, Schlein non dice il vero quando afferma: “Siamo in campo e uniti in tutte le regioni che vanno al voto, è una cosa che non accadeva da molti anni”. Per quanto possa sembrare irrilevante, Azione di Carlo Calenda ufficialmente appoggia il centrosinistra in Veneto dove la sconfitta è altamente probabile. E, anche sul Veneto, Schlein l’ha sparata grossa.  “Devo dire che è un piacere potere affermare che qui la candidatura della coalizione progressista di Giovanni Manildo è stata scelta dai veneti e dal basso. Invece stiamo ancora cercando di capire quale sarà lo sfidante scelto da Roma dall’alto, dalla destra”, ha dichiarato.

Anche la scelta dell’ex sindaco di Treviso, infatti, nasce da accordi nazionali che hanno previsto di attribuire Campania e Calabria al M5S. Ma, andiamo con ordine. Restando in Veneto, c’è da segnalare che nessun esponente nazionale di peso si è voluto sporcare le mani in una partita quantomeno proibitiva e, forse, memori della ‘finaccia’ che ha fatto l’ex ministro Andrea Orlando in Liguria, il Pd ha scelto di puntare su un esponente locale. Passando in Toscana, invece, Schlein ha dovuto a malincuore confermare il presidente uscente Eugenio Giani anche se non è un mistero che qui avrebbe voluto candidare un “suo uomo”, cioè un suo fedelissimo come eventualmente il deputato Marco Furfaro. Ma non solo. In Toscana, il Pd ha dovuto digerire l’accordo con i Cinquestelle stipulato con Paola Taverna, una che nel corso della sua carriera politica ha detto peste e corna sui dem. E, inoltre, l’accordo contraddice tutta l’impostazione politica portata avanti da Giani in questi ultimi cinque anni.

Il Pd rinnega sé stesso in nome dell’unità. Questo è successo con tutta evidenza anche in Campania dove Schlein sperava di liberarsi una volta per tutte del ‘cacicco’ Vincenzo De Luca e, invece, ha dovuto ingoiare il rospo e lasciare che suo figlio Piero diventasse segretario regionale del partito. In Campania, dunque, Schlein non solo non riesce a imporre un candidato del Pd, ma si ritrova anche un segretario regionale espressione della minoranza del partito. Stessa cosa avviene in Puglia dal momento che Antonio De Caro è stato un sostenitore di Bonaccini e le sue titubanze nel candidarsi alla Regione erano dettate dall’eventualità di sfidare Schlein alle prossime primarie per la segreteria del Pd. E Schlein, anche in Puglia, pur di sventare questo pericolo, ha dovuto convincere Michele Emiliano a farsi da parte (e anche non sappiamo a che prezzo). Infine, ci sono le Marche. Qui, il candidato è Matteo Ricci, uno che ha un lungo trascorso tra le fila dei renziani e che è stato indagato poche settimane fa. La sua vittoria o la sua sconfitta sarà determinata anche dal sostegno che otterrà dagli alleati di governo del M5S, da sempre restii a votare personalità che hanno indagini sul groppone. Insomma, non è oro tutto ciò che luccica.

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