Esame di maturità: uno sguardo indietro per andare avanti?

Il 9 settembre 2025 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 127/2025, recante “Misure urgenti per la riforma dell’esame di Stato del secondo ciclo di istruzione e per il regolare avvio dell’anno scolastico 2025/2026”, noto come “decreto Scuola”. Questo provvedimento, nel suo primo, corposo articolo, riforma l’esame di Stato, già modificato nel 2017 dal decreto legislativo 62/2017, uno dei pilastri della “Buona Scuola” voluta dall’allora Governo Renzi. La nuova riforma, promossa dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, reintroduce elementi del passato con un approccio moderno, suscitando dibattiti tra sostenitori e critici.

La reintroduzione del termine “Esame di Maturità” al posto dell’asettico “esame di Stato” non è solo una scelta lessicale, ma riflette un cambio di prospettiva. Fino al 1999, l’esame di maturità era concepito come una prova non solo delle conoscenze scolastiche, ma anche della crescita personale dello studente. La riforma del 2017 aveva posto maggiore enfasi sugli aspetti tecnici, con un approccio più standardizzato. Ora, il ritorno al termine “maturità” sottolinea l’intenzione di valutare non solo le competenze disciplinari, ma anche il grado di responsabilità, autonomia e consapevolezza acquisiti nel percorso scolastico. Questo approccio, secondo il Ministero, mira a formare cittadini più completi, capaci di affrontare le sfide del futuro con una preparazione non solo accademica, ma anche personale.

A livello organizzativo, la riforma razionalizza le commissioni d’esame che restano una ogni due classi ma passano da sette a cinque membri: un presidente esterno, due commissari esterni e due interni. Questa riduzione, spiega il Ministero, mira a semplificare la gestione delle prove e a ridurre i costi logistici, senza compromettere la qualità della valutazione. Inoltre, i commissari riceveranno una formazione specifica, finanziata con un budget di 3 milioni di euro annui a partire dal 2026. Tale formazione si concentrerà su criteri di valutazione uniformi e sull’integrazione del curriculum dello studente, garantendo una maggiore coerenza tra le commissioni di tutta Italia.

Le prove scritte rimangono tre: la prima, di italiano, unica a livello nazionale, la seconda, su una materia specifica dell’indirizzo di studio (ad esempio, matematica o fisica al liceo scientifico, greco o latino al liceo classico) e il colloquio orale finale. È prevista la possibilità di una terza prova scritta per alcuni indirizzi, come già accadeva in passato. Le modifiche più significative riguardano il colloquio orale, che verterà su quattro materie indicate dal Ministero entro gennaio, includendo anche le competenze maturate con l’insegnamento dell’educazione civica e il curriculum dello studente. Quest’ultimo comprende informazioni sul percorso scolastico, certificazioni (es. linguistiche ottenute altrove) ed esperienze extrascolastiche, come attività di volontariato, associazionismo o sport.

L’introduzione del curriculum dello studente rappresenta una delle novità più rilevanti. Per la prima volta, l’esame di maturità valorizzerà ufficialmente esperienze non strettamente scolastiche, come il volontariato o le attività sportive, riconoscendone il ruolo nella crescita personale. Il Ministero ha annunciato che tali esperienze saranno valutate secondo criteri nazionali, per evitare discrezionalità eccessiva da parte delle commissioni: una certificazione linguistica di alto livello o un impegno costante in attività di volontariato, ad esempio, potrebbero influire positivamente sul punteggio finale, premiando studenti che dimostrano versatilità e responsabilità. Resta tuttavia da chiarire come questi elementi saranno pesati rispetto alle prove tradizionali, un aspetto che il Ministero dovrà definire per garantire trasparenza.

Un’altra innovazione è la “clausola” che condiziona la promozione al regolare svolgimento di tutte le prove. Questa misura mette fine alla pratica della “scena muta”, resa celebre sui social network durante l’edizione 2025, quando alcuni studenti si rifiutarono di rispondere al colloquio orale per protestare contro i punteggi delle prove scritte, ottenendo comunque il diploma grazie a un calcolo matematico favorevole. Amplificata dai media tradizionali, questa protesta aveva sollevato critiche sull’efficacia del sistema ma, ora, il completamento di tutte le prove diventa un requisito indispensabile per il superamento dell’esame, rafforzando il principio di serietà e impegno.

Nonostante le novità, la riforma ha suscitato critiche, in particolare sul colloquio orale. Lo storico Gianni Oliva, in un editoriale su La Stampa, ha riconosciuto tre aspetti positivi: “La prima è la bocciatura per chi fa scena muta all’orale per protestare contro i punteggi delle prove scritte. La seconda è che la riforma è stata varata prima dell’inizio dell’anno scolastico, consentendo a docenti e studenti di programmarsi. La terza è l’abolizione della tesina: fino a qualche anno fa si riciclavano quelle di parenti e amici, oggi si presentano lavori generati dall’intelligenza artificiale.” ma Oliva, contemporaneamente, contesta la scelta di limitare il colloquio a quattro materie, sostenendo che “sorteggiare a gennaio le quattro materie su cui verterà l’esame significa mettere nel dimenticatoio tutte le altre”, rischiando di impoverire la preparazione generale degli studenti.

Il ministro Valditara ha replicato, poi. senza indugio sottolineando che l’ammissione all’esame è subordinata a uno scrutinio preliminare che verifica la preparazione complessiva dello studente. “Due insufficienze allo scrutinio implicano automaticamente la non ammissione; con una insufficienza, l’ammissione è a discrezione del consiglio di classe”, ha chiarito. Questo meccanismo, secondo il Ministero, incentiva gli studenti a mantenere una preparazione equilibrata, evitando di trascurare alcune discipline.

Il dibattito non si limita agli esperti. Le associazioni studentesche, come l’Unione degli Studenti, hanno accolto con favore l’attenzione al curriculum extrascolastico, che riconosce il valore delle esperienze fuori dall’aula pur esprimendo anch’esse perplessità sulla focalizzazione del colloquio su quattro materie, temendo che possa spingere gli studenti a trascurare altre discipline. Analogamente, i sindacati dei docenti, come la FLC CGIL, hanno chiesto maggiori dettagli sulla formazione dei commissari e sull’applicazione pratica dei criteri di valutazione, evidenziando il rischio di discrepanze tra le commissioni.

L’impatto della riforma sta generando un acceso confronto anche tra il pubblico più ampio. Sui social media, in particolare su X, emergono critiche a recenti interventi sul sistema scolastico italiano, percepiti da alcuni come mossi da intenti politici più che pedagogici. Sebbene non vi siano commenti specifici sul Decreto Legge n. 127/2025, il malcontento verso cambiamenti ritenuti poco chiari o scarsamente comunicati potrebbe riflettersi anche su questa riforma, specialmente per la sua natura “ibrida”, che mescola elementi tradizionali e innovativi. Alcuni osservatori, come rappresentanti di associazioni di genitori, hanno espresso su testate online il timore che la selezione delle quattro materie possa favorire una preparazione frammentata, mentre altri apprezzano il focus sulle competenze trasversali, in linea con le esigenze del mondo del lavoro. Il Ministero, dal canto suo, insiste sull’importanza di un esame che prepari studenti più consapevoli e versatili, ma il successo dipenderà dalla capacità di comunicare e applicare le nuove regole in modo chiaro e uniforme.

L’esame, in definitiva, valuta la maturità del candidato, considerando il notevole grado di responsabilità e autonomia raggiunto, desumibile, tra l’altro, anche da azioni particolarmente meritevoli di natura extrascolastica. Insomma, si tratta di una valutazione a 360 gradi della maturazione dello studente, non limitata alle nozioni apprese. Questo approccio, meno burocratico e più centrato sulla persona, mira a riconoscere la crescita complessiva dello studente nel corso degli anni.

Sebbene a uno sguardo superficiale la riforma possa sembrare un ritorno al passato, il suo focus sulla formazione integrale rappresenta un’innovazione significativa. Guardando al futuro, questa impostazione potrebbe meglio preparare gli studenti all’ingresso nel mondo universitario o lavorativo, dove competenze trasversali come la responsabilità, l’autonomia e la capacità di lavorare in team sono sempre più richieste. Tuttavia, il successo della riforma dipenderà dalla chiarezza delle linee guida e dalla capacità del Ministero di coinvolgere scuole, studenti e famiglie nella sua applicazione.

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Matteo Gianola
Matteo Gianola
Fin da piccolo amavo scrivere e comunicare quello che pensavo e quello che sapevo (potrei dire anche quello che credevo di sapere) perché solo dal confronto può innescarsi una crescita personale e, anche, collettiva. Dopo la laurea in economia e l’inizio del lavoro in banca ho tentato di seguire quello che amavo, iniziano a scrivere per testate come the Fielder, Quelsi, e l’Informale fino a giungere a In Terris e, oggi, pure qui. Mi occupo principalmente di economia, politica e innovazione digitale, talvolta sconfinando anche nella mia passione, la musica.

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