Nell’annunciare pochi giorni fa la formazione dell’esecutivo da lui guidato Mario Draghi ha voluto sottolineare come l’azione del nuovo governo sarà ispirata dal pieno rispetto ‘dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori’. Non esistono certamente motivi per dubitare delle buone intenzioni dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea e della sua convinta fede atlantista ed europeista.
Tuttavia, le parole del Presidente del Consiglio dovrebbero costituire occasione per una seria riflessione proprio sui temi dell’Atlantismo e dell’Europeismo e dell’atteggiamento opportunistico con cui forze politiche parte dell’attuale esecutivo abbiano spesso trattato tali questioni dirimenti per l’interesse nazionale. Opportunismo che rischia di far emergere delle contraddizioni di fondo nell’azione dell’esecutivo che potrebbero gravemente danneggiare proprio l’interesse nazionale.
Draghi ha ragione ad auspicare che Atlantismo ed Europeismo divengano la ‘stella polare’ del nuovo governo insieme alla comune volontà delle forze politiche a contribuire ad un processo di rilancio della nazione – paragonato dal Presidente del Consiglio alla ricostruzione postbellica – e che agiscano quindi come collante dell’azione del governo. L’attuale esecutivo rappresenta infatti una sorta di inedita Grande Coalizione all’italiana, che riunisce insieme forze di schieramenti e orientamenti ideologici profondamente diversi e teoricamente alternativi. All’interno del governo convivono forze di provata fede europeista ed atlantista e formazioni politiche che continuano a guardare con atteggiamento critico a quelle scelte che, ormai più di settant’anni fa, contribuirono in modo decisivo a quella ricostruzione nazionale oggi invocata da Draghi.
Il premier sorvola tuttavia sul fatto che tale ricostruzione fu marcata da profonde divisioni sul piano interno e scandita dalle vicende della competizione Est-Ovest. A parziale giustificazione della sua interpretazione è opportuno ricordare che Kenneth Waltz – uno dei maggiori studiosi di politica internazionale del XX secolo – fosse solito decantare la supremazia della politica internazionale sulla politica interna sulla base dell’assunto che normalmente le forze politiche di ogni Stato finiscono per metter da parte beghe e rivalità interne nel nome dell’interesse nazionale. Tuttavia, mentre Draghi auspica che Atlantismo ed Europeismo possano divenire principi ispiratori dell’azione del nuovo esecutivo, le posizioni di alcune delle forze che sostengono il governo lasciano intravedere il rischio di un pericoloso capovolgimento della situazione: vale a dire la possibilità che Atlantismo ed Europeismo divengano schermi con cui mascherare scelte opportunistiche, motivate da logiche di spartizione sul piano interno e da egoistici interessi di parte. Se ciò accadesse vi sarebbero gravi danni per l’interesse nazionale.
Per lungo tempo le forze di sinistra in Italia ostracizzarono sia i progetti di collaborazione transatlantica sia quelli di integrazione continentale, percependo Atlantismo ed Europeismo come iniziative di matrice imperialista ed espressioni della subordinazione dell’interesse nazionale a quelli del capitalismo statunitense, addossando a tali scelte la responsabilità della divisione dell’Europa in blocchi.
Laddove la sinistra avviò successivamente una lenta e graduale revisione delle sue posizioni ideologiche su questi temi – revisione drammaticamente accelerata dal crollo dei regimi socialisti in Europe orientale – parte di essa non ha mai completamente superato un’ostilità di fondo nei confronti della dimensione Atlantica della politica estera italiana. Per lungo tempo attratta da simpatie sirene neutraliste e da simpatie terzomondiste, questa sinistra ha poi sviluppato un atteggiamento quasi fideistico nei confronti dell’Europeismo, spesso considerandolo come un’alternativa necessaria, piuttosto che un naturale complemento, del rapporto transatlantico. Queste forze dimenticano inoltre che, nonostante i pur meritevoli aneli federalisti di parte dell’Europa, il processo di integrazione europea continua ad essere prevalentemente scandito da dinamiche intergovernative.
Per parte della sinistra italiana l’approdo all’Europeismo e all’Atlantismo quali pilastri della civiltà occidentale contemporanea non è mai stato pertanto completo, mentre una utopica idealizzazione dell’Europeismo, scevra da considerazioni realistiche, ha contribuito anche ad alimentare giustificati sentimenti di sfiducia nei confronti del processo di integrazione europea anche in parte delle forze di centro destra. Vale tuttavia la pena ricordare che quella che oggi viene superficialmente ed erroneamente etichettata come ‘opposizione sovranista’ può vantare invece una lunga tradizione di sostegno ai valori dell’Atlantismo e dell’Europeismo invocati da Draghi.
Tale sostegno non è stato mai espresso in modo ideologico, fideistico o opportunistico, e neppure in base a bieche logiche di spartizione, bensì in nome di un concreto interesse nazionale. Appare pertanto più che mai opportuno riflettere sul significato profondo delle parole del Presidente del Consiglio per evitare una appropriazione indebita e opportunistica dei valori dell’Atlantismo e dell’Europeismo.