Extraprofitti. E’ più liberale pensare alle banche o alle imprese?

Le radici e l’identità politica contano, devono contare anche o soprattutto quando occorre affrontare responsabilità di governo, altrimenti destra e sinistra, conservatori da una parte e socialisti/progressisti dall’altra, potrebbero pure fare a meno di esistere. Ma nel momento in cui ci si trova alla guida di una nazione e bisogna gestirne tutte le complessità, che sono svariate e maggiori rispetto a quelle alle quali va incontro un leader di opposizione, può succedere di trovarsi costretti a prendere decisioni, diciamo così, pragmatiche, non troppo connotate politicamente, bensì volte soltanto al bene comune e all’interesse nazionale. Senza snaturare, ci mancherebbe, il proprio DNA politico, quando si ha l’onore e l’onere di governare si deve pensare all’intera comunità e non solo alla fazione di provenienza, ma non ci si illuda di essere sempre apprezzati perché anche le scelte razionali e di buonsenso, utili a tutti i cittadini al di là delle loro preferenze elettorali, possono scontentare qualcuno e divenire oggetto di critiche. Alcuni vedono giravolte e tradimenti della parola data sebbene essi non si verifichino; per altri si è troppo liberisti oppure, al contrario, statalisti e dirigisti; altri ancora scorgono arrendevolezza o viceversa, un piglio eccessivamente decisionista.

Il Presidente del Consiglio preferisce lavorare al servizio dell’Italia e non badare oltremisura al cabaret

Se la maggioranza dei cittadini continua a sentirsi in sintonia con il governo del momento, come nel caso italiano, e vi è solo una parte di commentatori, magari già schierata contro a priori, che deve individuare il difetto sempre e comunque, il capo dell’esecutivo di turno, dotato di maturità politica e convinto della bontà della propria azione quotidiana, non si preoccupa delle etichette appiccicategli o appiccicatele addosso ogni giorno e va avanti per la strada stabilita. Giorgia Meloni sta facendo proprio così! Con la decisione di tassare maggiormente gli extra profitti delle banche, questo è diventato, per taluni beninteso, un governo socialista e dirigista, di sinistra insomma. Il Governo Meloni non esisterebbe nemmeno più, bensì saremmo in presenza, (sic!), del Governo Fratoianni, dal nome del leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. La premier Meloni è passata nel giro di pochi giorni dall’essere una cinica fautrice di una politica pro-ricchi, che toglie ai poveri il Reddito di cittadinanza, all’interpretare il ruolo della nostalgica della defunta Unione Sovietica. I voli pindarici di certi chiosatori sono davvero impressionanti. Tuttavia, consapevole di aver fatto e di stare facendo il meglio, all’insegna dell’interesse nazionale, sia in un caso che nell’altro, Giorgia Meloni non si è mai scomposta tanto di fronte all’accusa di essere una affamatrice di popoli quanto dinanzi al fatto di venire equiparata a Fratoianni.

Non si è mai visto, francamente, che un governo di sinistra, socialista e dirigista, sia nell’ambito democratico che in una cornice autoritaria, pensi al benessere delle famiglie e all’impresa privata

Determinate interpretazioni sono troppo esilaranti da essere prese sul serio ed oltretutto irrilevanti sul piano pratico. Il Presidente del Consiglio preferisce lavorare al servizio dell’Italia e non badare oltremisura al cabaret. In ogni caso, se si vuole rispondere nel merito a chi individua tracce di socialismo reale nella tassazione degli extra profitti bancari, è possibile rispedire al mittente con facilità tutte le insinuazioni più o meno gratuite. In base alle disposizioni del Governo il denaro incassato in più dallo Stato e proveniente dalla imposizione fiscale sugli extra profitti delle banche, servirà ad aiutare famiglie e imprese, minate dall’inflazione e da una politica europea pesante circa i tassi d’interesse.

[…] il Governo Meloni si preoccupa delle condizioni di un ceto medio sempre più impoverito e lo fa proprio perché non ha nulla a che fare con tentazioni illiberali e stataliste.

Non si è mai visto, francamente, che un governo di sinistra, socialista e dirigista, sia nell’ambito democratico che in una cornice autoritaria, pensi al benessere delle famiglie e all’impresa privata. Invece, il Governo Meloni si preoccupa delle condizioni di un ceto medio sempre più impoverito e lo fa proprio perché non ha nulla a che fare con tentazioni illiberali e stataliste. L’attuale esecutivo si muove nel solco del conservatorismo più classico che ovunque, anche nel mondo anglosassone, ha costantemente anteposto il raggiungimento della stabilità economica da parte dei cittadini e delle piccole e medie imprese agli interessi dei grandi potentati. E si è sempre prodigato affinché il risparmiatore, sia egli lavoratore dipendente o imprenditore, possa godere del giusto supporto dagli istituti bancari.

Le banche non sono Belzebù e rivestono senz’altro un ruolo necessario, ma se i loro clienti sono alla fame o vengono costretti all’indebitamento eterno, il sistema collassa come un castello di carte. Il conservatorismo tradizionale e anche il liberalismo classico d’oltreoceano, ancora presenti nel Partito Repubblicano di oggi, volevano che ogni americano disponesse almeno di una casa di proprietà, di un’automobile e di un lavoro dignitoso e stabile, (insomma, le fondamenta del ceto medio), e di sicuro Giorgia Meloni è più vicina a tutto questo che a Nicola Fratoianni.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

2 Commenti

  1. Roberto, come sempre cogli la sostanza dei problemi.
    Quello delle banche non è un mercato libero.
    In Italia, come credo anche in Europa, è un mercato fortemente regolato dalle banche centrali, europea e nazionali, e dai “cartelli bancari”: le banche si muovono secondo ferrei accordi di cartello.
    Il problema non è banale. E’ possibile, in una prospettiva liberale, alla quale anche tu ti rivolgi, prendere provvedimenti che siano tempestivi, da un lato, e in direzione di una maggiore “liberalizzazione” dall’altro?
    Liberalizzare il mondo bancario significa probabilmante portare in quell’ambito un maggiore rischio di impresa; portare più rischio di impresa nelle banche potrebbe comportare più rischi per i depositanti, magari non i correntisti ma gli investitori, ecc..
    Abbiamo la visione per farlo? Prima o poi lo si deve affrontare.
    Nel breve periodo, a fronte della scelta tra lasciare indisturbato il cartello delle banche o tentare una forma di tutela per i clienti delle stesse, lo strumento più facile e immediato è di mettere una tassa.
    E’ un provvedimento più simbolico che sostanziale, e carico di minacce future.
    Dobbiamo aspettarci una extra tassa su ogni persona o impresa che un domani guadagni di più di prima – a giudizio del Governo – per qualche futura condizione favorevole?
    Lo strumento fiscale per la regolazione del mercato è ed è sempre stato profondamente distorsivo.
    Perchè non intervenire, con i poteri immensi delle Banca d’Italia e del Governo, sulle regole del cartello delle banche, ad esempio sui tassi applicati?
    Certamente ogni forma di intervento in un mercato ancora abbastanza aperto ha le sue contro indicazioni: andamento della borsa, spostamento di attività all’estero, ecc.
    Sono solo un lettore che cerca di ragionare, magari al momento era il provvedimento più attuabile, ma non credi si debba pur affrontare la liberalizzazione del mercato bancario, o – se considerata utopistica – la sua diversa regolazione maggiormente a difesa dei clienti?

    Con affetto

    Alessandro

    • Ciao Alessandro, intanto grazie davvero per l’attenzione e l’apprezzamento con i quali segui i miei articoli. Per quanto mi riguarda, sono favorevole affinché si affronti la questione della liberalizzazione del mercato bancario. Sì, vi sarebbero rischi in più, ma anche l’opportunità di condizioni migliori per i clienti. Le liberalizzazioni fatte bene generano una sana concorrenza fra i vari competitori, in tutti i campi e non solo in quello bancario, che devono fare del loro meglio per conquistare e fidelizzare i clienti. I cartelli, lo sappiamo, generano rendite di posizione e impongono condizioni uniformi più o meno per tutti, e il povero cliente finale ha ben poco da scegliere. Caro Alessandro, fosse solo per me, , io liberalizzerei tutto domani, ma viviamo in una realtà complessa, (anni e anni di miopie europee e stataliste di casa nostra non si possono spazzare via in un attimo), e per il breve termine, vedo che ne convieni anche tu, ritengo giusta la mossa del Governo. Meglio stare con le imprese che con le banche, e mi rifiuto di pensare che questo sia un approccio di sinistra o statalista come è stato detto da alcuni. E non credo neppure che questo sia l’inizio di una tendenza a “punire” chiunque guadagni qualcosa in più. I tuoi ragionamenti, caro Alessandro, sono sempre utili, preziosi e, naturalmente, bene accetti, . Un saluto e un abbraccio, Roberto.

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