Altro che folclore… Quest’anno il Gay Pride, ancor più che in passato, ha assunto il colore della militanza politica. I baci appassionati tra Asia Argento e Luxuria, la statua della Madonna che schiaccia la testa di Salvini, gli attacchi alle politiche sulla famiglia della Lega, le note di Bella Ciao, i fischi a Virginia Raggi.. il tutto ovviamente corredato dalla presenza di una parte importante della Sinistra in piazza. Monica Cirinna e Massimiliano Smeriglio del Pd, i radicali Magi e Capriccioli. La Regione Lazio manda l’assessore Lorenza Bonaccorsi, per Roma Capitale invece c’è il vicesindaco Luca Bergamo. Contestazioni per la sindaca di Roma Virginia Raggi, assente, ma l’avversario principale del corteo sembra essere il leader della Lega Matteo Salvini.
Zingaretti, in mezzo a confuse e sparse dichiarazioni ai media su un ben preciso “Piano per risollevare l’Italia” non ha mancato certo di “cinguettare” su Twitter assicurando ampio appoggio all’Onda Pride.
Fabbriche che chiudono, lavoratori in cassaintegrazione, periferie degradate.. Ma per la sinistra le priorità sono i gay pride, a cui dare pieno sostegno, e su cui mobilitare schiere intere di politici dem, che almeno in quelle piazze colorate, di uomini in mutande e col collare, si beccano finalmente qualche applauso.
Sembrano davvero lontani i tempi in cui la sinistra fingeva di dar sostegno alle classi subalterne. Evidentemente, dopo essersi resa conto che i lavoratori avevano perso il potere contrattuale conquistato negli anni 70 e preso atto dell’ascesa del capitalismo finanziario, è saltata sul carro del vincitore, abbandonando i ceti sociali più deboli al loro destino per mettersi al servizio delle classi dominanti. Come dire: una questione di sopravvivenza..
L’ interesse ha preso il sopravvento sugli ideali e sui valori della sinistra, e, anche a volerla cercare con tenacia, non c’è più neppure una vaga idea di sostegno ai lavoratori, si disprezza persino la falce ed il martello.
L’attuale PD non rappresenta più il partito delle masse, ma rappresenta ormai solo le fasce più avvantaggiate. Ne è prova evidente la perdita di elettorato in tutti i quartieri popolari, la perdita, una dopo l’altra, delle sue roccaforti rosse per vincere peró ai Parioli di Roma, nel centro di Milano e a Bologna, dove, non troppo tempo fa, fece eleggere Pierferdinando Casini.
Una sinistra in pieno stato confusionale tra l’altro, che da una parte appoggia la libertà di costumi sessuali, dall’altra difende l’idea di società multiculturale, aperta ad esempio anche al mondo islamico, arroccato in un radicalismo che trova una violenta condanna all’omosessualità, oltre che la negazione di diritti umani inviolabili in qualsiasi civiltà.
Una sinistra dunque che non solo smarrisce i suoi ideali, ma che rimane anche senza idee, arroccata in battaglie controcorrente e soprattutto inutili, come la difesa dei diritti degli omosessuali (in Italia, non in Pakistan!) o la mobilitazione antifascista in assenza di fascismo. Di diritti sociali e lavoro non vi è più traccia, anzi, si smantella l’articolo 18 e si precarizza l’intero mercato del lavoro, mentre si sbraita con tutte le forze per portare avanti i diritti dei fumatori di marijuana, dei trans e dei gay.
E sarebbe troppo semplice scaricare la colpa esclusivamente su Renzi, che ha solo inserito gli ultimi tasselli in un processo iniziato dalla sinistra tempo fa, e portato da lui solo a compimento.
Con Zingaretti del resto la musica è la stessa. I teatrini folkloristici attorno ai temi dei “diritti civili” rappresentano un ottimo espediente per gettare fumo negli occhi ai cittadini, distraendoli con dibattiti che infuocano l’opinione pubblica: nozze gay sì o no? Marijuana sì, marijuana no? E nel frattempo le assurdità della riforma jobs act sono passate sotto silenzio.
Una sinistra sempre più liberale, progressista e alternativa, che si vergogna delle sue origini, e preferisce essere trendy piuttosto che socialista. Una sinistra che non ha più neppure un’identità.