Fascismo e manganelli anche nella California liberal e progressista?

Si sono allargati negli Stati Uniti blocchi e manifestazioni di protesta presso le più importanti
Università del Paese, ad opera di giovani e meno giovani, i quali affermano di mobilitarsi a
favore della Palestina e soprattutto contro Israele e la guerra in corso nella Striscia di Gaza.
Le azioni più eclatanti hanno riguardato la Columbia University di New York, i maggiori
atenei di Texas e Arizona, e uno dei campus più prestigiosi, non solo degli USA, ma del
mondo, l’UCLA di Los Angeles, (University of California – Los Angeles). I militanti pro-
Palestina d’oltreoceano, da identificare alla stessa maniera con la quale inquadriamo i loro
simili italiani, che si sono distinti, non bene, a La Sapienza di Roma, hanno letteralmente
occupato le Università, piazzando tende per una permanenza di più giorni e costruendo
barricate con vari materiali. Trattandosi di iniziative del tutto abusive ed illegali, la polizia,
prima alla Columbia University e poi all’UCLA di Los Angeles, ha provveduto a sfondare le
barricate erette dai pro-Palestina, smontare le tende allestite ed arrestare decine di
manifestanti. Sia le Autorità della Grande Mela che quelle della città degli angeli si sono
limitate a fare il loro dovere perché è illegale e rappresenta una forma di violenza, in
America come in tutta Europa, predare gli spazi pubblici delle Università, parzialmente o
totalmente, venire alle mani con gli agenti di polizia, bloccare il normale corso delle lezioni e
impedire di fatto al resto degli allievi di studiare, al di là della causa che si sostiene. Poi,
questi cosiddetti pro-Palestina, sia americani che italiani, e su La Voce del Patriota ne
abbiamo parlato più volte, non sono la maggioranza degli studenti universitari e non sono
nemmeno pacifisti in buonafede. Dietro alla parola pace e alla finta compassione per i civili
di Gaza, (i cittadini israeliani stuprati, sequestrati ed uccisi sono ovviamente meno
importanti), essi nascondono, malissimo, un radicato pregiudizio nei confronti di Israele, del
sionismo e degli ebrei in quanto tali. Parlano e pensano come Hamas e gli ayatollah iraniani
in merito al “cancro sionista”, e la guerra è solo un pretesto per rilanciare in mondovisione un
sentimento preesistente. Alcuni sono veri studenti, molti dei quali fuori corso, ed altri, sono
professionisti del disordine di estrema sinistra che si infiltrano nelle Università e dove
possono, come ha denunciato Donald Trump. Anche il presidente Joe Biden ha appoggiato
gli sgomberi avvenuti alla Columbia University e a Los Angeles, perché le uniche proteste
che possono essere permesse sono quelle pacifiche. La polizia americana ha agito né più e
né meno come quella italiana a La Sapienza, a Pisa e in altri luoghi per ripristinare l’ordine
devastato dai pro-Palestina, ma qui, PD, M5S ed accoliti vari hanno parlato di manganelli
scaraventati sulle schiene di poveri ed innocenti studenti. La Governatrice della Sardegna
Alessandra Todde ha definito la propria, striminzita, affermazione elettorale come una
vittoria delle matite sui manganelli. Certo, per combattere la destra di governo e Giorgia
Meloni, si pensa che sia una buona idea tentare di fare credere che in Italia il fascismo abbia
di nuovo fatto capolino. A questo punto, per essere coerenti con le loro congetture, Elly
Schlein, Giuseppe Conte e compagni, dovrebbero denunciare l’esistenza di uno strisciante
regime fascista anche in California, ovvero, nello Stato più liberal, progressista e di sinistra
degli USA. La verità è una sola: le Forze dell’Ordine, siano esse statunitensi, italiane o di
altri Paesi europei, hanno il dovere di impedire manifestazioni di piazza connotate da
violenza e illegalità.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

1 commento

  1. Caro Roberto, vorrei solo aggiungere una considerazione a quanto con la consueta lucidità e onesta chiarezza tu hai esposto.
    Sono stati espressi dalla stampa – nel poco che un uomo comune come me può leggere – paragoni tra le attuali “occupazioni” e manifestazioni pro Palestina e il movimento in America degli anni ’60 contro la guerra del Vietnam.
    Mi sembra un paragone del tutto inopportuno e fuorviante.
    Al tempo delle guerra del Vietnam tanti giovani americani temevano di essere richiamati alle armi e dover combattere una guerra che a loro sembrava – e forse lo era – estranea.
    L’America era in guerra. Suoi soldati andavano a combattere e morire per una causa che in Patria non era capita.
    Adesso non c’è nulla di tutto ciò. Nessun americano è coinvolto nella guerra di Hamas – dello Stato palestinese – contro Israele, che purtroppo per loro e per fortuna per noi sul campo sembra perdente.
    Le attuali manifestazioni sono opera di organizzazioni islamiche e frange di attivisti anti-americani, che si infiltrano nelle Università, anche favoriti dal pensiero debole dei simpatizzanti della sinistra, americana come europea, per condurre in occidente la guerra che l’Iran ed Hamas sa di perdere il Palestina.
    E’ tutto un altro contesto ed un’altra finalità.

    Lasciamoci con un briciolo di ottimismo.
    Persino al “Concertone” del primo maggio, peraltro una ignobile manifestazione per musica e ciarlataneria, un artista conduttore ha ricordato ai peresenti che quegli stessi – Hamas – che i pro Palestinesi inneggiano sono quelli che in Iran torturano violentano ed uccidono le donne che cercano un attimo di libertà, e tutti gli oppositori.
    Diceva un grande della TV: meditate, gente, meditate…

    Con affetto

    Alessandro

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