Figuraccia Gedi, respinto il patteggiamento: si rischia citazione diretta in giudizio.

Nessun patteggiamento per il gruppo Gedi: ha deciso così il gip Andrea Fanelli del tribunale di Roma in merito alla frode messa in atto verso l’Inps dalla holding editrice, tra gli altri, anche di Repubblica, L’Espresso e la Stampa.

Una questione non nuova, che riguarda più di 100 dipendenti e sulla quale Fratelli d’Italia, lo scorso aprile tramite interrogazione parlamentare, si era già battuta per evitare la prescrizione e ottenere verità e giustizia. La truffa operata consisterebbe nell’aver fatto sussistere i requisiti necessari “al fine di ottenere il prepensionamento dei dipendenti”. Sotto i riflettori Monica Mondardini, ex amministratore delegato della ex holding di De Benedetti, e Roberto Moro, ex capo delle Risorse Umane.

Ieri la svolta, con il gip Fanelli che ha ritenuto troppo basse le clausole di un possibile accordo: richiesti cinque mesi e dieci giorni di reclusione, il pagamento di 110mila euro per società, il risarcimento all’INPS di 16 milioni di parte delle somme già congelate più 1,8 milioni di euro valutati come profitto ottenuto dai reati commessi.

Troppo poco, dunque, secondo il gip, risolvere così una situazione ben più grave, che prevede in realtà dai sei ai tre anni di reclusione e che, secondo le indagini della Guardia di Finanza dilatatesi per tre anni, avrebbe prodotto profitti molto più importanti dei 1,8 milioni stimati nel patteggiamento. Ben 38,9 milioni.

Si infrangono così, contro l’autorevole scoglio del tribunale di Roma, i sogni di giornali e giornalisti, che per ora tacciono sui fatti, di De Benedetti e dei legali di Gedi, col loro maldestro tentativo di ridimensionamento di un reato assai più grave. Come se frodare di 16 milioni l’INPS, quindi lo Stato (ergo, tutti noi) fosse qualcosa su cui andarci piano, chiudere un occhio e risolverla in amicizia.

Tutto da rifare, col gip Fanelli che ha disposto la restituzione degli atti al pm e con la possibilità di Gedi di riformulare le clausole del patteggiamento; sullo sfondo, lo spettro della citazione diretta a giudizio. Resta comunque la brutta figura fatta dalla holding e da chi, anche ai suoi vertici, faceva e continua a fare gesuitico moralismo anche al governo Meloni ma che, ora, inciampa nientemeno che nella frode allo Stato, con l’annesso turpe aggravio della minimizzazione di quanto fatto.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Leggi anche

Articoli correlati