Finalmente arriva il bollino per certificare il Made in Italy

Durante la mia esperienza come Communication manager di Centergross ho avuto l’opportunità di lavorare, insieme al Presidente Piero Scandellari, all’Export manager Riccardo Collina e al Consulente strategico Roberto Corbelli, a una proposta che considero cruciale per il futuro del Made in Italy: un bollino di garanzia che certificasse il modello di business del Pronto Moda Made in Italy, nato proprio nel distretto bolognese.

L’abbiamo sviluppata e portata alle Istituzioni partendo da un presupposto semplice quanto drammatico: oggi il nostro sistema produttivo vive stretto “tra incudine e martello”. Da un lato ci sono le multinazionali del fast fashion, che delocalizzano in paesi come Cina, India e Bangladesh, dove gli standard ambientali e sociali sono pressoché inesistenti e il costo del lavoro è ridotto all’osso. Dall’altro, le folli regole ideologiche del Green Deal europeo, che impongono parametri irrealistici e caricano sulle spalle delle nostre piccole e medie imprese oneri e burocrazia tali da metterne a rischio la sopravvivenza.

Il vero paradosso è che rispettare le regole in Italia costa caro, mentre produrre in Paesi senza vincoli diventa un vantaggio competitivo.

In questo scenario, l’annuncio del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, segna una vera e propria svolta. L’introduzione di un bollino di garanzia per certificare legalità, sostenibilità e qualità dell’intera filiera non è un banale tecnicismo, ma un passo politico, economico e culturale di portata strategica.

La misura, che sarà integrata nel disegno di legge sulle PMI entro la sessione di Bilancio 2025, prevede controlli indipendenti, validità annuale e l’iscrizione in un registro pubblico delle imprese certificate, consultabile da consumatori, partner e investitori. È un’iniziativa che rende finalmente riconoscibile ciò che da sempre distingue il Made in Italy: non solo stile e creatività, ma un modello industriale fondato su filiera corta, produzione su richiesta, rispetto dei diritti e radicamento nei territori.

La moda italiana rappresenta la seconda manifattura del Paese, con oltre 100 miliardi di euro di fatturato annuo e un contributo pari al 15% dell’export nazionale. È un ecosistema composto da oltre 60.000 imprese, in larga parte PMI e realtà artigianali, che custodiscono e tramandano quel patrimonio di artigianalità e innovazione che ha reso il nostro brand unico al mondo.

Tuttavia, questo tesoro è minacciato ogni giorno da concorrenza a basso costo, pressioni regolatorie slegate dalla realtà e fenomeni illeciti come la contraffazione e il lavoro nero. Senza un sistema di tutela efficace, la reputazione stessa del Made in Italy rischia di essere compromessa, con danni irreparabili in termini di fiducia e competitività internazionale.

Il bollino di garanzia può cambiare le regole del gioco. Per le imprese, significherà avere un marchio riconosciuto che apre mercati, rafforza la reputazione e garantisce accesso a nuove opportunità di crescita. Per i consumatori, sarà la certezza di acquistare un prodotto autentico, trasparente e sostenibile. Per il sistema Paese, rappresenterà una barriera contro la concorrenza sleale, restituendo centralità a chi produce davvero in Italia.

Ma non basta: il Made in Italy non sostiene soltanto la produzione, sostiene anche il commercio. Da una parte ci sono le grandi catene monomarca dei brand che delocalizzano e competono solo sul prezzo, dall’altra ci sono i negozi multibrand che rappresentano la spina dorsale dei piccoli commercianti italiani, presidio di prossimità e custodi di quella relazione diretta con il cliente che è parte integrante della nostra cultura. Difendere il Made in Italy significa anche difendere loro, e con loro un modello economico che tiene viva la rete commerciale dei nostri territori.

Affinché questo progetto sia efficace, deve essere costruito a misura delle piccole e medie imprese, evitando di trasformarsi nell’ennesimo ostacolo burocratico. Dev’essere realistico, sostenibile nei costi, digitale nei processi e proporzionato agli obblighi, così da valorizzare il tessuto produttivo che già oggi rende il Pronto Moda Made in Italy un modello riconosciuto: produzione su richiesta, riduzione degli sprechi, tracciabilità e rispetto dei lavoratori.

Il Piano Italia Moda, con i suoi 250 milioni di euro di investimenti in transizione ecologica, digitalizzazione, aggregazione delle imprese e lotta alla contraffazione, offre la cornice ideale per rafforzare questa certificazione. Tuttavia, la vera sfida sarà trasformare la sostenibilità da vincolo ideologico a leva competitiva, accessibile a tutti e non riservata ai grandi gruppi.

Il Made in Italy non deve restare schiacciato tra incudine e martello. Con il bollino di garanzia abbiamo l’occasione di proteggere chi produce in Italia, premiare le imprese virtuose e trasformare legalità, qualità e responsabilità in vantaggi concreti sui mercati globali.

Finalmente possiamo dire che il nostro Paese ha deciso di mettere in campo uno strumento per difendere davvero il suo patrimonio più prezioso: la credibilità internazionale del marchio Italia. Alè.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente in comunicazione strategica, esperto di branding politico e posizionamento internazionale, è autore di 12 libri. Inviato in tutte le campagne elettorali USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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