Oggi è una buona giornata.
La mamma multata per aver abbracciato il figliolo dopo 4 mesi di lockdown porta riavere con sé il bambino.
Il clamore mediatico sollevato su questa vicenda ha consentito al fascicolo pendente di essere sbloccato, a seguito di nuove valutazioni da parte del Tribunale, il piccolo è stato collocato temporaneamente presso i nonni e sono state eliminate tutte le restrizioni alle visite della mamma. Ricordiamo che sono tre anni che la madre può vedere il suo bambino solo per un’ora alla settimana, controllata dai servizi sociali, con il timore di fare qualcosa di sbagliato e con l’ansia di un contatto, di un abbraccio, di poter rivivere una quotidianità spezzata senza motivo.
Una mamma sola e senza un marito o un compagno su cui poter contare per l’accudimento condiviso, avanzava tre anni fa nei confronti dei servizi sociali una richiesta di assistenza, perché con i turni di notte aveva difficoltà a gestire il piccolo. I servizi sociali li hanno divisi, affidando il bambino ad un’altra famiglia e consentendo alla mamma di vederlo solo sotto sorveglianza e per un’ora settimanale. Non era una mamma inadeguata, o abusante, o in difficoltà economiche, era una famiglia che aveva bisogno di assistenza, dilaniata da chi, quella sacrosanta assistenza, avrebbe dovuto fornirla.
Abbiamo sentito Elisa Fangareggi, che presiede la Time4life, associazione che instancabile in questi anni si è occupata della mamma e del bimbo e ci ha emozionato il suo racconto, di una mamma incredula di fronte alla possibilità di riabbracciare senza restrizioni il proprio figliolo: “non ci credeva stamattina quando ci ha telefonato” riferisce la Fangareggi “era emozionata, ora potrà di nuovo cenare con suo figlio, fare una passeggiata con lui, assisterlo nel quotidiano” E la domanda è perché? Perché il Tribunale ha lasciato questo fascicolo a galleggiare per tre lunghi anni: “Perché i Tribunali lasciano ai servizi sociali una amplissima discrezionalità e nel caso della mamma di Reggio Emilia non era stato neanche redatto un progetto di riavvicinamento madre figlio che fosse rispondente al caso concreto. Io mi chiedo perché se un infermiere che ha una laurea triennale non può neanche prescrivere uno sciroppo ad un assistente sociale è invece lasciata questa così ampia discrezionalità su i minori, con il rischio di rovinare per sempre delle famiglie? Ciò che lascia l’amaro in bocca è che sia stato l’atteggiamento assurdo dell’educatrice che ha denunciato la violazione delle norme anticovid per un abbraccio a portare attenzione mediatica sul caso. Altrimenti quanto si sarebbe trascinata la situazione? E poi se sino a ieri sussistevano delle restrizioni così importanti ed oggi magicamente senza alcuna gradualità sono scomparse, forse vuol dire che qualche errore è stato commesso nella valutazione del caso?”
L’osservazione sulla professionalizzazione degli operatori è assolutamente pertinente, così come quella sulla eccessiva discrezionalità. Ma chi ha sbagliato deve pagare, perché non accada mai più e ci si spinge oltre, perché se è avvilente il pensiero che ci sia voluta un così eclatante gesto per portare l’attenzione sul caso, ancor più avvilente è la consapevolezza che ciò accade perché c’è un’ideologia imperante che svilisce il ruolo del nucleo familiare e la sua importanza nello sviluppo della società. Dunque occorre rivedere sistemi, protocolli, leggi e soprattutto occorre ripartire dalla valorizzazione del vincolo familiare, che è sacro e va protetto da una cultura dominante che lo vede come una minaccia alla diffusione del pensiero unico, materialista, in cui anche la famiglia è vista come proprietà pubblica soggetta al controllo comune dei mezzi di produzione.
Ma oggi è una buona giornata perché una mamma sorriderà di nuovo di fronte al suo bambino, e lo stringerà tra le braccia, cercando di leccare le ferite provocate da uno strappo innaturale e devastante. Oggi è una buona giornata e speriamo che lo sia anche domani e nei giorni a venire, per ogni figlio tolto ingiustamente alle cure dei propri genitori e per ogni mamma e papà privati dei propri affetti più grandi.