Fiume Diciannove – Il fuoco sacro della Città di Vita.

Una guida ideale per orientarsi nell’Impresa di Fiume.

Si avvicina il centenario del Natale di Sangue che sancì la fine di quell’esperimento che fu la Reggenza italiana del Carnaro. La fine di quei 500 giorni in cui D’Annunzio, unendo poesia e azione, realizzò una citta stato fuori dal tempo e dalle prospettive storiche. E che ancor oggi sfugge ai facili incasellamenti che oscillano di chi la vuole agli estremi opposti del proto-fascismo e del proto-sessantotto.

Un’esperienza, quella fiumana, che si apre con la Santa entrata e si chiude con il Natale di sangue, come se l’epopea della reggenza dannunziana si muovesse in una chiave religiosa. Elemento Sacro come prospettiva in cui leggere la vicenda fiumana è anche la chiave di lettura scelta nel corposo volume collettaneo Fiume Diciannove – Il fuoco sacro della Città di Vita, Bietti, 2019.

Come ricorda Diego Orzati in uno degli editoriali che aprono il volume, tutti gli autori che testimonieranno e scriveranno di Fiume mutueranno termini dal mondo religioso, inclusi gli stranieri accorsi a vivere in prima persona la città stato di D’Annunzio. Non ci sono solo la Santa Entrata e il Natale di sangue...

Il francese Marcel Boulenger in Chez D’Annunzio (Odoya, 2018), scrive  «Fiume è città Santa. Già nell’attraversare il Veneto sembra di effettuare un Pellegrinaggio». Il belga Léon Kochnitzky titola il primo capitolo del suo volume La stagione delle fiamme danzanti (AGA, 2013), Il pellegrino del Carnaro. E sempre per Kochnitzky gli Arditi sono «cupi serafini di un’altra apocalisse». L’architetto statunitense Whitney Warren, rappresentante diplomatico di Fiume negli Stati Uniti, scrive «Torno in America come Pellegrino […] con l’anima piena di fede rinnovata dinanzi a un Altare». Per l’allora diciottenne Carlo Otto Guglielmino D’Annunzio pare «un Santo guerriero che additasse un Paradiso». Mentre il granatiere Riccardo Frassetto autore de I disertori di Ronchi  e Fiume o morte, scrive «D’Annunzio immaginato come un Dio troneggiante e implacabile» e «Questa notte gli spiriti di tutte le trincee sono adunate in preghiera per la guarigione del capo».

Testimonianze dell’ispirazione profonda che permea quella classe di intelettuali, italiani e stranieri, accorsa a Fiume e non retaggio di una mera sovrastruttura di propaganda dannunziana come viene troppo spesso ridotta. E su questa intelaiatura religiosa, di Fiume come evento sacro fuori dal tempo, si innesta anche un sottotesto alchemico, magico ed esoterico, così D’Annunzio per le fonti dell’epoca diventa mago o stregone.

Il volume Fiume Diciannove – Il fuoco sacro della Città di Vita, numero speciale del quadrimestrale di Bietti Edizioni, Antarés – Prospettive antimoderne, nasce come raccolta degli atti di un convegno tenutosi presso la UNITRE Milano nel maggio 2019: Fiume Città Sacra – Morfologia del Sacro e Prospettiva Trans-storica nell’impresa Fiumana di D’Annunzio. Convegno dove viene sviluppata una prospettiva dell’impresa fiumana da un punto di vista trans-storico e in cui la chiave di volta è propria la lettura dell’evento nel suo insieme come festa sacra. D’Annunzio si presenta  a Fiume non solo come officiante del suo “culto personale” ma di un evento che si fa consacra da sé.

Oltre a questa prospettiva, Fiume Diciannove – Il fuoco sacro della Città di Vita, si presa anche a essere una guida imprescindibile per orientarsi nell’esperienza di D’Annunzio a fiume. I 500 giorni fiumani vengono osservati nella loro interezza, usando fonti coeve, senza dover per forza ricondurre l’esperienza della reggenza del Carnaro a un evento “prodromico a qualcosa”, e senza le etichette più o meno forzate o di convenienza come protofascista o protosessantottina. Liberi quindi di poter osservare come il Vate abbia potuto far convergere e convivere nell’Impresa diverse anime.

Punti di vista privilegiati da cui muovono convegno e volume sono tre legionari fiumani che per destino avevano assistito il 5 maggio 1914 al discorso di Quarto tenuto da D’Annunzio. L’allora quattordicenne Carlo Otto Guglielmino, il trentacinquenne Mario Maria Martini e il fiumano ventiduenne Giovanni Host-Venturi. I tre oltre a partecipare da protagonisti all’impresa, racconteranno la loro avventura fiumana in tre distinte opere. Diverse sensibilità e pubblico di destinazione. L’impresa fiumana di Host Venturi (Aspis, 2019) è una ricognizione ex-post, scritta dall’autore in tarda età, fu pubblicata nel 1976. Carlo Otto Guglielmino, arrivato a Fiume come giovane corrispondente del Corriere mercantile di Genova, tiene un diario Fiume, una grande avventura – Diario 1919-1920 (Bietti, 2019) che se pur rimaneggiato successivamente, è uno spaccato in presa diretta dell’impresa fiumana. Infine Mario Maria Martini, segretario speciale di D’Annunzio, cura La passione di Fiume (NovaEuropa, 2019), un proto instant book: resoconto in presa diretta, per combattere la narrazione imposta in Italia dal governo Nitti.

Estratti da Guglielmino e Horst-Venturi si intrecciano con una selezione di discorsi e scritti di D’Annunzio, quasi in “presa diretta”, con gli approndimenti biografici e gli estratti da Guglielmino e da Horst-Venturi. Ma questo è solo il punto di partenza e Fiume Diciannove – Il fuoco sacro della Città di Vita attraverso vari dossier articolati su più saggi tiene conto di tutti gli aspetti che si intrecciarono nella città olocausta.

Non mancano approfondimenti su legionari celebri Haruiki Shimoi, il samurai di Fiume, Federico Pinna Berchet, volontario di guerra, poeta futurista e sansepolcrista, determinante nel ventennio e nel dopoguerra nello sviluppo del settore fieristico nazionale. E quella di Luisa Zeni, agente segreto e crocerossina, medaglia d’argento al valor militare.

Si scopre come l’atteggiamento sovversivo dell’impresa avesse attirato anche l’interesse degli anarchici e di quello dei dadaisti tedeschi. Si tiene conto del punto di vista dei socialisti dell’epoca nei confronti dell’impresa con un estratto di D’Annunzio e il caso fiume pubblicato nel 1919 dall’allora sedicenne Armando Simonetti, poi noto con lo pseudonimo di Dino Terra, futuro scrittore e antifascista. Nel pamphlet Simonetti non lesina critiche al Vate a cui attribuisce un falso “misticismo da eroe” definendolo «un semplice edonista spirituale», atteggiamenti «propri di un D’Artagnan», ma pure riconosce nell’impresa fiumana un tentativo di guerra per il popolo.

Infine tra i diversi contributi firmati dallo studioso Guido Andrea Pautasso si segnalano, oltre al già citato sui dadaisti tedeschi, quello su Yoga il gruppo esoterico naturalista fondato dall’asso dell’aviazione Guido Keller, e che diede vita alla rivista omonima. E di quella “rivoluzione dionisiaca” che fu il “Ballo di San Vito”, festa organizzata dal gruppo di Keller nella ricorrenza del  santo patrono di Fiume, e a sua volta, quaderno speciale della rivista Yoga. E quello sulla poetessa e spiritista Nella Doria Cambon che durante la reggenza del Carnaro intrattenne con D’Annunzio una corrispondenza fatta di messaggi “spiritici”.

Un modo per riscoprire e rileggere l’impresa fiumana nel centenario del Natale di Sangue, oltre i soliti clichet.

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