C’è un articolo del nostro Codice Penale, il 244, che parla chiaro: chiunque compia atti ostili verso uno Stato estero, senza l’approvazione del Governo, è punito con la reclusione fino a diciotto anni, e se da quell’atto scoppia una guerra la pena è l’ergastolo. Non un regolamento scolastico, ma una norma cardine della sovranità nazionale.
Ora, una Flottilla parte dall’Europa diretta verso Gaza. Non porta soltanto pacchi di riso e medicine: porta un messaggio politico ostile a Israele, un Paese con cui l’Italia intrattiene rapporti diplomatici e militari, un alleato dell’Occidente. È un’iniziativa che espone lo Stato italiano a rischi concreti: ritorsioni, incidenti, crisi diplomatiche. Proprio ciò che il legislatore del 1930 – e tutte le successive riforme – volevano evitare.
La domanda è semplice: ci sarà un giudice solerte a ricordarlo? Perché quando si tratta di indagare il governo italiano, certe procure si muovono con entusiasmo. Quando invece a sfidare la legge sono i soliti attivisti radical chic, spesso si voltano dall’altra parte.
Chi oggi sale su quella nave non sta facendo beneficenza: sta compiendo un atto politico, ostile a un governo straniero. E la legge non ammette zone grigie. Se davvero la giustizia è uguale per tutti, allora anche i passeggeri della Flottilla dovrebbero rispondere delle loro azioni davanti a un tribunale.
Altrimenti, l’unica certezza è che in Italia la legge non è uguale per tutti: pesa solo quando si tratta di colpire un governo scomodo.