FMI all’attacco del risparmio: la nuova trappola sulla casa degli italiani

Dietro il tecnicismo della rivalutazione catastale si nasconde una strategia per colpire il patrimonio delle famiglie italiane: una doppia tassazione mascherata da riforma. Ma tassare la casa significa distruggere fiducia, risparmio e sovranità

In un tempo in cui le economie occidentali appaiono affaticate, fragili, e incerte nei loro orientamenti strategici, la questione della tassazione sul patrimonio torna ciclicamente al centro del dibattito, sospinta da quelle autorità sovranazionali che paiono intenzionate a sorvegliare non tanto l’equilibrio macroeconomico, quanto la conformità delle scelte fiscali nazionali a un paradigma neoliberista di bilancio. È il caso, recente e rilevante, del Fondo Monetario Internazionale che, nel suo consueto rapporto di sorveglianza sull’Italia, ha nuovamente acceso i riflettori sull’opportunità di aggiornare i valori catastali degli immobili. Ma il suggerimento, tutt’altro che tecnico, ha un impatto ideologico preciso: riportare in auge una tassazione patrimoniale generalizzata.

Ora, è necessario domandarsi con rigore: che cosa rappresenta il patrimonio, se non il risultato di un processo di accumulazione, cioè di risparmio? E che cos’è il risparmio, se non la parte di reddito che non viene consumata, che già è stata sottoposta a imposizione fiscale?

La risposta è chiara: il patrimonio rappresenta una stratificazione del reddito già tassato, una sua forma evolutiva, trasformata in immobili, strumenti finanziari, terreni, depositi, beni durevoli. Pertanto, tassare il patrimonio equivale, giuridicamente e moralmente, a tassare due volte il medesimo flusso economico.

Il doppio prelievo: un principio inaccettabile

Quando lo Stato impone una tassazione sul reddito, esso preleva una quota della ricchezza che l’individuo ha generato attraverso la propria attività lavorativa o imprenditoriale. Se poi quel reddito viene risparmiato – cioè differito nel consumo – e trasformato in patrimonio, una successiva imposizione su quest’ultimo costituirebbe un doppio prelievo senza nuova capacità contributiva, in contrasto con l’articolo 53 della Costituzione italiana, che stabilisce che ogni imposizione debba essere ispirata al principio della capacità contributiva effettiva.

Un appartamento di proprietà, per esempio, è spesso il risultato di anni di risparmio familiare, talvolta di sacrifici, spesso di mutui pagati fino all’ultimo centesimo. Proporre una nuova imposta basata su valori catastali rivalutati, in un momento storico in cui l’inflazione immobiliare è distorta da dinamiche speculative e il potere d’acquisto è eroso, significa trasformare il patrimonio in un bersaglio fiscale permanente, anziché in una garanzia di stabilità o un obiettivo di sicurezza sociale.

Il ruolo del FMI: consigli o imposizioni mascherate?

Il Fondo Monetario Internazionale, nelle sue recenti raccomandazioni all’Italia, ha suggerito – con una enfasi che supera il semplice invito tecnico – di “aggiornare i valori catastali” e “razionalizzare le agevolazioni fiscali sugli immobili”. Un linguaggio che, sotto la forma tecnica, cela una spinta politica: indurre il Governo italiano ad ampliare la base imponibile colpendo il patrimonio immobiliare.

Non è la prima volta che il FMI tenta di orientare la politica fiscale italiana. Già in passato, l’organismo ha espresso posizioni favorevoli a imposte patrimoniali, indicando il patrimonio immobiliare come “poco produttivo” e dunque adatto a essere gravato da maggior prelievo. Tuttavia, il mandato del FMI non è quello di progettare le politiche fiscali dei singoli Paesi sovrani, ma di offrire supporto tecnico nei limiti del rispetto delle Costituzioni e delle sensibilità sociali locali.

Intervenire nel merito della struttura impositiva italiana, suggerendo imposte sulla casa, sul risparmio e sul capitale, significa invadere il campo della sovranità fiscale, che deve restare prerogativa del Parlamento e non essere delegata a centri di potere transnazionale senza mandato popolare.

Effetti collaterali: il colpo al risparmio e alla fiducia

Una tassazione patrimoniale – che sia in forma di IMU aumentata, di rivalutazione catastale o di imposizione straordinaria – avrebbe effetti devastanti su due pilastri dell’economia italiana: il risparmio privato e la fiducia nel sistema fiscale.

L’Italia è da sempre un Paese a risparmio elevato: secondo i dati della Banca d’Italia, il valore complessivo del patrimonio netto delle famiglie italiane supera i 10.000 miliardi di euro, di cui quasi il 60% è investito in immobili. Questo patrimonio, tuttavia, non rappresenta un “tesoro inattivo”, ma la riserva strategica con cui le famiglie affrontano l’incertezza, pianificano il futuro e si sostituiscono – spesso – al welfare pubblico.

Colpire il patrimonio significa minare la funzione economica e sociale del risparmio, scoraggiarne la formazione e spingere verso modelli consumistici e indebitati, più congeniali ai mercati finanziari ma assai meno sostenibili per la coesione sociale.

Inoltre, l’instabilità normativa – l’idea che domani il proprio patrimonio possa essere tassato a sorpresa – genera sfiducia, fuga di capitali, scarsa propensione all’investimento immobiliare, crollo della natalità, deterioramento dei valori sociali. Una società che non premia il risparmio e lo colpisce due volte è destinata a logorarsi.

La via alternativa: semplificare, non aggredire

Il vero problema non è l’insufficienza delle entrate, ma l’inefficienza del sistema fiscale, la dispersione della spesa pubblica, l’evasione tollerata nei grandi flussi internazionali, l’assenza di una politica industriale.

Piuttosto che ipotizzare una patrimoniale, il legislatore dovrebbe:

Riformare il catasto per finalità conoscitive, senza finalità redistributive punitive;

Rendere trasparente la spesa pubblica, individuando sprechi e rendite assistite;

Premiare il risparmio come base della stabilità e della crescita futura;

Combattere l’elusione fiscale internazionale, anziché accanirsi sui patrimoni interni già dichiarati.

Conclusione

La tentazione di tassare il patrimonio, in tempi di conti pubblici incerti, è comprensibile ma profondamente sbagliata. Non si esce da una crisi colpendo il risparmio delle famiglie, ma costruendo fiducia, premiando il merito, riducendo le disuguaglianze con giustizia e intelligenza. Tassare due volte il frutto dello stesso lavoro – una volta come reddito e una seconda come patrimonio – non è solo ingiusto. È antistorico, antisociale e anticostituzionale.

L’Italia deve difendere il suo modello economico fondato sulla proprietà diffusa, sull’autonomia finanziaria delle famiglie, sulla laboriosa cultura del risparmio. Il vero progresso non passa da una patrimoniale, ma da una rivoluzione del buon senso.

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Massimiliano Scorrano
Massimiliano Scorrano
Nato a Pescara, consegue la Laurea Specialistica nella locale Facoltà di Scienze Manageriali con le tesi di taglio giuridico e di economia, sulle tematiche legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro, per la triennale, e sui distretti industriali italiani posti in relazione al capitale sociale ed umano per la specialistica. Scopre la tesi del Valore indotto e della Proprietà popolare della moneta del prof. Giacinto Auriti. Articolista per il sito della Scuola Auritiana, cultore delle politiche monetarie, ha collaborato alla pubblicazione di due libri scrivendo due brevi saggi, l'uno affrontando le tematiche riguardanti le trasformazioni delle Banche Popolare in Italia nel libro "L'Italia del futuro", l'altro affrontando le tematiche relative agli infortuni sui luoghi di lavoro nel libro "Le priorità del cuore".

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