La deontologia poggia sul metodo. Ogni arte, disciplina o vocazione, onde potere rivendicare una soglia minima di credibilità, non dovrebbe prescindere da un legame saldo con i principi della propria particolare professione. Senza basi e fondamenta, inevitabilmente, nulla si mantiene solido e stabile, restando in balia degli eventi, delle emozioni, delle singole circostanze. La potenza dell’immagine, reale e virtuale, travolge e sconvolge tanto l’uomo incerto e titubante quanto quello ostinato e prevenuto. Il giornalismo e il mondo dell’opinionismo scientifico sono chiamati, pertanto, a conoscere, e ancor di più a mettere in pratica, il principio fondamentale, l’unico in grado di conferire solidità a qualsivoglia analisi critica, cioè quello dell’accesso diretto alle fonti. Servirsi di dati indiretti, spesso parziali e incompleti, forniti da interlocutori poco credibili, non appare di certo il modo migliore per giungere a una comprensione rigorosa dei fatti, alimentando, invece, narrazioni prive di alcuna attendibilità. Indipendentemente dalle opinioni personali, dalle interpretazioni seconde, dalle letture legittime e libere, circa l’oggetto di studio, l’analista sarebbe chiamato a incamminarsi lungo i luoghi e i sentieri depositari dei saperi, coltivando il dubbio e il desiderio, dinanzi a una verità sempre sfuggente e complessa.
Il metodo preserva l’umano dall’appiattimento, dall’omologazione, dalla tentazione deleteria di farsi megafoni inconsapevoli di regimi e dittature.