Forti, la solita doppia morale della sinistra e il lamento di Augias

“Lei ha capito perché quel prigioniero che stava a Miami, Chico, è stato accolto dalla Meloni?”. La domanda di Corrado Augias andata in onda a In altre parole sabato sera su La7 è volutamente polemica. Massimo Gramellini, conduttore a cui sono rivolte le parole di Augias, risponde: “È una storia senza precedenti. Ma speriamo che quando Ilaria Salis tornerà in Italia, la Meloni andrà ad accoglierla”. La risposta è diplomatica. Roberto Vecchioni, ultimo membro del trio in onda, dice “io non l’ho capito”. Augias non ci sta, è in vena polemica, e aggiunge: “Allora non ha capito la domanda”. Dopodiché si blocca, si rassegna e dice: “Allora abbiamo fondato un precedente. Gli italiani ritenuti colpevoli in un Paese straniero e rimandati in Italia per scontare il residuo della pena, vengono accolti in aeroporto dal Presidente del Consiglio”.

Da innocente a sanguinario

È così, insomma: anche Corrado Augias (mancava soltanto lui) si aggiunge alla lunga lista di personaggi pubblici, politici o meno, che tentano di svilire il ruolo chiave del Governo Meloni nel risolvere un’annosa questione, quella di Chico Forti, che per troppi lustri ha visto i rappresentanti degli esecutivi via via succedutisi dal 1998, anno della condanna dell’ex velista, rincorrere i loro omologhi statunitensi per pregarli di liberare l’italiano dal carcere di Miami, così da avere una bandiera da sventolare. Come accadde con l’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel 2020: lui comunicò l’imminente rientro di Forti e fu festa grande. Forti venne quasi dichiarato innocente dalla stampa di sinistra e il grillino divenne il benefico liberatore di italiani ingiustamente detenuti. Un buon motivo per credere nella capacità di Di Maio di ricoprire quel ruolo tanto controverso. Ma il rientro di Chico non avvenne più, se non due giorni fa, grazie all’impegno personale di Giorgia Meloni, del suo governo e degli organi diplomatici.

A seconda del colore politico

In questo modo, è stato possibile verificare come la fedina penale di una persona si ripulisca o si aggravi a seconda del colore politico delle persone con le quali interagisce. Se fosse stato liberato da Conte, Chico Forti sarebbe diventato di colpo innocente. Rimpatriato invece da Giorgia Meloni, ora Forti si ritrova a essere il sanguinario che non meritava l’attenzione della Nazione. E in questo atteggiamento ci casca anche Corrado Augias, tanto che il critico non riesce neppure a pronunciare il cognome del detenuto: prima si limita a “quel prigioniero che stava a Miami”, poi si sforza e riesce a dire “Chico”. Il succo è quello: la narrazione su Forti cambia a seconda di chi l’ha rimpatriato. E, in generale, la narrazione sui detenuti italiani rientrati cambi a seconda del colore politico dell’esecutivo di turno e dello stesso detenuto, se ce l’ha. Perché il paragone, l’ennesimo, tra Chico Forti e Ilaria Salis non è mancato. Non importa, infatti, che l’accusa delle autorità ungheresi contro l’attivista di sinistra, di estrema sinistra, sia quella di girare per strada con un manganello (che la difesa dichiara di possedere per legittima difesa) e colpire alla testa militanti di estrema destra: Ilaria Salis è divenuta il nuovo simbolo della lotta sinistra ai neri di estrema destra, e questo basta, prima ancora della sentenza definitiva ungherese, per ergerla a paladina dei diritti civili e a capolista di Avs nel Nord-Ovest per le prossime europee. Nessuna levata di scudi di fronte a una fedina penale già sporca e a un’accusa grave (che attende ancora, per onore della verità, la sentenza definitiva).

E se Chico Forti fosse stato di estrema sinistra?

E nessuna levata di scudi, da parte della sinistra né tantomeno da Augias, quando a tornare in Italia fu Silvia Baraldini, condannata negli Usa a 43 anni di carcere per il cumulo di diverse pene. Fu condannata per la liberazione da prigione di Assata Shakur, terrorista castrista scappata poi a Cuba, per associazione sovversiva, per aver assaltato un furgone blindato a capo di un’organizzazione comunista. Dall’Italia, per l’ex sessantottina dal curriculum rosso (comunista), si levarono varie domande di rimpatrio alle autorità statunitensi, da parte di Capi di Stato (Cossiga e Scalfaro) e di Presidenti del Consigli e ministri. La svolta quando l’accordo fu trovato tra Bill Clinton e Massimo D’Alema, allora premier. Era il 1999 e Baraldini riuscì a tornare in Italia per scontare la sua pena (resterà in carcere fino al 2006 grazie all’indulto). Ad accogliere all’aeroporto il presidente del Partito dei comunisti italiani Armando Cossuta e il ministro della Giustizia Oliviero Diliberto, anche lui membro del Pdci. Nessuna levata di scudi in quel caso per membri delle Istituzioni e della politica che accolsero con gioia (e con un mazzo di rose rosse) il rientro di una sovversiva comunista. Ma, ovvio, qui la storia è diversa: Chico Forti è stato rimpatriato da un governo di centrodestra e guai a riconoscerne i meriti.

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