Il primo ministro Sébastien Lecornu ha rassegnato le dimissioni a Emmanuel Macron, che le ha accettate. Nominato il 9 settembre, Lecornu lascia dopo appena ventisette giorni, firmando il mandato più breve della Quinta Repubblica. Martedì avrebbe dovuto presentare la dichiarazione di politica generale all’Assemblea nazionale: non ci arriverà.
Secondo l’agenzia ANSA e Le Figaro, la crisi è esplosa domenica sera, durante la presentazione della squadra di governo: la riconferma di Bruno Le Maire alle Armate e l’esclusione di figure chiave della coalizione centrista hanno fatto deflagrare le tensioni interne prima ancora delle passazioni di consegne. Nella notte, Lecornu si è recato all’Eliseo per comunicare la sua decisione al presidente. Poche ore dopo, la nota ufficiale: ‘Il Presidente della Repubblica ha accettato le dimissioni del Primo ministro’.
A Parigi, la notizia ha provocato anche un contraccolpo economico: il CAC 40 ha perso oltre l’1,7%, con i titoli bancari e assicurativi in forte ribasso. Un segnale chiaro della sfiducia dei mercati di fronte a una Francia ingovernabile. Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, ha immediatamente invocato ‘la dissoluzione dell’Assemblea nazionale e un ritorno alle urne’. Marine Le Pen, invece, ha scelto il silenzio: non le serve più commentare, quando il potere crolla da solo.
Il collasso di un sistema
La caduta di Lecornu non è un incidente: è l’atto finale di un processo di decomposizione politica iniziato da tempo. Emmanuel Macron, rieletto nel 2022 come baluardo contro ‘gli estremismi’, è diventato il simbolo stesso dell’instabilità. Dal secondo mandato ha già consumato cinque governi, senza mai trovare una maggioranza stabile e senza più un’identità politica chiara.
Il ‘macronismo’ nacque nel 2017 come un esperimento centrista e tecnocratico: un movimento di élite che doveva superare la destra e la sinistra. Oggi quel laboratorio è un relitto. Non rappresenta più nessuno, se non la ristretta cerchia del potere amministrativo e mediatico parigino. L’idea di una ‘Francia efficiente, europea, progressista’ si è infranta contro la realtà di una società spaccata, disillusa e ostile al moralismo dei ceti urbani.
Lecornu come simbolo della fine
Sébastien Lecornu non ha perso un voto: è stato travolto da un sistema che non riesce più a reggersi su se stesso. Il suo governo è durato meno di un mese, ma il fallimento non è personale. È politico, sistemico, strutturale. La Francia di Macron è un potere senza popolo, sostenuto da un Parlamento paralizzato e da una burocrazia che ormai governa per inerzia.
La parabola è compiuta: dal ‘giovane riformatore’ del 2017 al ‘monarca logorato’ del 2025. E mentre il consenso si dissolve, la destra patriottica è ormai la sola forza politica in grado di offrire una direzione.
Un terremoto europeo
La crisi francese non è solo interna. È la faglia che attraversa tutto l’Occidente tecnocratico. La caduta del macronismo è la fine di un paradigma: quello che ha preteso di governare i popoli senza ascoltarli, imponendo l’agenda globalista attraverso la retorica dell’efficienza e dell’Europa ‘che protegge’. È lo stesso modello che in Italia è stato archiviato nel 2022, con la vittoria della destra di governo.
Ora la Francia, cuore dell’Unione, si trova dove l’Italia era pochi anni fa: tra la crisi delle élite e la domanda di sovranità popolare. Solo che a Parigi la transizione sarà più traumatica. Perché lì la distanza tra popolo e potere è diventata un abisso.
Verso un nuovo ciclo politico
La dissoluzione dell’Assemblea nazionale appare ormai inevitabile. Jordan Bardella e Marine Le Pen — il tandem più solido del panorama politico francese — sono pronti a capitalizzare la crisi. Il loro messaggio è semplice e comprensibile: ridare la parola ai francesi. Macron, invece, è prigioniero del proprio narcisismo istituzionale: non può più vincere, ma non vuole ancora cedere.
Se la Quinta Repubblica è sopravvissuta a De Gaulle, Mitterrand e Chirac, oggi affronta la sua più profonda crisi di legittimità. L’esperimento tecnocratico è finito. Il ‘centro’ non è più una casa politica: è diventato un non-luogo. La Francia tornerà a essere, nel bene e nel male, una nazione politica. E il prossimo capitolo sarà scritto da chi saprà parlare di patria, di popolo e di sovranità.