Fratelli d’Italia in trincea contro droga e mafia: il Governo colpisce al cuore i clan

“Dispiace che in una sede giudiziaria storicamente impegnata su temi molto importanti, e a cui dobbiamo molto ci sia questo valore simbolico negativo e sia l’ufficio giudiziario che ritiene che un ministro possa essere indagato per reati così gravi”. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, intervenendo a Roma all’evento di Fratelli d’Italia “Parlate di mafia”, ha puntato il dito verso la procura di Palermo che oggi deciso di ricorrere in Cassazione contro l’assoluzione del ministro Salvini nella vicenda ‘Open Arms’.

Anche il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a margine del convegno, ha commentato con durezza: “Al di là delle implicazioni politiche di questa scelta inusuale, si pone il problema tecnico. Come potrebbe un domani intervenire una sentenza di condanna al di là di ogni ragionevole dubbio, quando dopo tre anni di udienza un giudice ha dubitato e ha assolto?”. E poi ha promesso: “La lentezza della nostra giustizia dipende anche dall’incapacità di molti magistrati di opporsi all’evidenza. Rimedieremo”.

E così mentre la magistratura si accanisce nei confronti del vicepremier leghista “per aver semplicemente – ricorda Piantedosi – praticato una politica di contrasto ad un fenomeno odioso” (l’immigrazione clandestina ndr), a Roma Fratelli d’Italia discute del contrasto alle mafie con lo sguardo e il pensiero rivolto a Paolo Borsellino. Una delegazione di parlamentari meloniani, alla vigilia dell’anniversario della sua scomparsa, ha reso omaggio all’ex magistrato ucciso dalla mafia osservando un minuto di silenzio davanti alla borsa esposta nel Transatlantico di Montecitorio. Un’iniziativa voluta per non dimenticare l’importanza di “tramandare quell’esempio per altri mille anni”, ha detto Arianna Meloni nel corso del suo intervento al panel.

E non sono pochi i risultati raggiunti in questi anni dal governo Meloni nel contrasto alle mafie e nella lotta al traffico di droga. “La nostra antimafia è la migliore del mondo”, ha detto il ministro Nordio. Che poi ha aggiunto: “È dimostrato che c’è stata una processione al ministero per imparare dall’Italia il sistema per combattere la mafia: se vero che abbiamo esportato la mafia – e che è nata nei paesi mediterranei soprattutto in Italia – è vero anche che qui è nato il primo concetto di lotta alla mafia in modo uniforme”. Il ministro Piantedosi, da par suo, ha snocciolato dati alquanto interessanti: “I proventi del traffico della droga sono immani, da quando siamo in carica come governo abbiamo sequestrato più di 180 tonnellate di droga il cui valore è all’incirca di 9 miliardi di euro ed è stimato che tutto quello che è il fatturato del traffico di sostanze stupefacenti in Italia vale circa poco più di 17 miliardi di euro all’anno”. Si tratta di “un fatturato superiore a quello di un colosso dell’economia statale che è Leonardo”, ha evidenziato il ministro.

Il deputato di Fratelli d’Italia Fabio Roscani, presidente Gioventù nazionale, invece, ha sottolineato che “Nel 2024, grazie alle operazioni speciali delle Forze dell’Ordine sono stati sequestrati oltre 19.000 Kg di droga per oltre 21 mila operazioni, + 3,5% rispetto all’anno precedente”. E ancora: “Questo significa che siamo sulla strada giusta per andare a colpire quei 16 miliardi di euro per cui le droghe si finanziano, oltre il 40% derivante anche dalle droghe leggere come la cannabis”. Ma non solo. “Siamo intervenuti anche sul fronte della prevenzione, varando il piano nazionale per contrastare la diffusione del fentanyl e monitorando l’emergere di nuove sostanze sintetiche”, ha detto la deputata Sara Kelany, la quale ha ricordato, così come il sottosegretario Andrea Del Mastro, l’inasprimento del 41-bis. Interventi messi in atto facendo buon uso degli insegnamenti e dell’esempio dei giudici Borsellino e Falcone. Il primo era contrario alla legalizzazione delle droghe leggere, mentre il secondo era favorevole alla separazione delle carriere. Entrambi temi molto cari al governo Meloni che sta per portare a casa un’importante riforma della giustizia. “Nessuno ci credeva in questa riforma perché ogni volta c’è stato uno sbarramento della magistratura, un ‘niet’ totale, e la politica ha ceduto. Ma noi non siamo ricattabili, noi non abbiamo paura”, ha detto Nordio che ha concluso spiegando che, invece, i pm temono la riforma dell’Alta Corte: “Quello che fa paura non è la separazione delle carriere, ma la parte sul Csm. Le correnti stanno al Csm come i partiti stanno al governo. Il Csm è un riflesso delle correnti”.

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