Gaza e Almasri: il coraggio di decidere, la colpa di avere ragione

Ci sono giornate in cui la verità emerge con una chiarezza tale da non lasciare spazio ad alibi o interpretazioni di comodo. Oggi è una di quelle. Due notizie – apparentemente scollegate – raccontano una sola, grande verità: la storia non è scritta dal caso, ma dalla postura dei leader. Ogni scelta, ogni gesto, ogni parola pronunciata da chi governa ha un impatto che si riverbera nel tempo e nello spazio. Il mondo è il risultato delle decisioni che si prendono, o che si evitano di prendere.

Trump, Hamas e il disastro annunciato

Luglio 2023. Donald Trump denuncia lo scongelamento da parte di Joe Biden di oltre 6 miliardi di dollari per l’Iran. Una follia, dice: quei soldi finanzieranno nuovi atti terroristici. La sinistra e i media lo attaccano: “complottismo”, “fake news”, “strumentalizzazione”. Ma come troppo spesso accade, la verità arriva puntuale, tragica e inconfutabile. Il 7 ottobre dello stesso anno, Hamas devasta Israele con il peggior attentato della sua storia. Civili massacrati, bambini rapiti, donne stuprate. Gli effetti di quella decisione – irresponsabile, ma perfettamente ideologica – sono sotto gli occhi di tutti.

Oggi, di fronte all’ennesimo rifiuto di Hamas di arrendersi e restituire gli ostaggi, Israele annuncia l’invasione della Striscia di Gaza. E come reagisce il sistema mediatico? Mette Israele sul banco degli imputati, cancella il 7 ottobre dalla memoria collettiva e tratteggia i terroristi come “resistenza”.

La verità è che bonificare Gaza è una necessità storica. Non solo per la sicurezza di Israele, ma per il futuro del Medio Oriente e dell’intero Occidente. È il primo passo verso un regime change in Iran, dove Reza Pahlavi rappresenta l’unica speranza credibile di un futuro libero. Ma di questo, nessuno parla. Perché ammettere che Trump aveva ragione equivarrebbe a smascherare anni di menzogne sistematiche.

Italia: il coraggio di Meloni contro il trasformismo di Conte

Il secondo fatto ci riguarda direttamente. Ricordate il caso Open Arms? Salvini, allora Ministro dell’Interno nel Governo Conte, finì sotto processo per aver bloccato uno sbarco. E Conte, chiamato a testimoniare, lo scaricò senza esitazioni. Quando la sinistra tornò al potere, gli stessi che predicavano coesione si liberarono del loro alleato come si fa con un bagaglio scomodo. Questo era il “prima”: governi deboli, divisi, che si piegavano davanti ai poteri forti, pronti a cambiare casacca al primo stormir di Bruxelles.

Oggi, nel caso Almasri, Giorgia Meloni ha dimostrato che esiste un altro modo di governare. Ha rivendicato la collegialità delle scelte, si è detta stupita per lo stralcio della sua posizione, affermando chiaramente: «sapevo tutto, ho condiviso tutto». Questa è leadership. Questa è coerenza. Ed è proprio questo che il sistema non sopporta: un governo che non si inginocchia, che non obbedisce, che si assume le proprie responsabilità davanti al popolo, non davanti ai tecnocrati.

Gli eventi di oggi ci ricordano un principio tanto semplice quanto potente: la Storia è determinata dalle scelte dei leader. Trump ha scelto di mettere in guardia il mondo, Biden ha scelto di ignorarlo. Risultato: due guerre in due anni, una destabilizzazione globale senza precedenti. Lo stesso vale per l’Italia. Per decenni abbiamo avuto governi a scadenza annuale, guidati da burocrati pronti a genuflettersi a Bruxelles e Washington. Oggi, con Giorgia Meloni, abbiamo un governo che dura, che decide, che difende l’interesse nazionale.

Chi guida una Nazione plasma il futuro. Non è retorica, è realtà. L’ultimo quadriennio americano, con Biden alla Casa Bianca, ha prodotto un’escalation in Ucraina, la crisi in Medio Oriente, il disfacimento dell’ordine internazionale e lo sfaldamento della Civiltà Occidentale. E in Italia, le scelte del governo Meloni – che piaccia o no – stanno riportando stabilità, lavoro, crescita e autorevolezza.

Tutto questo ci porta a una verità che nessuno può più ignorare: il vero scontro politico del nostro tempo non è più tra destra e sinistra. È tra popolo e sistema. Da un lato, leader come Giorgia Meloni e Donald Trump, che si battono per difendere i valori, l’identità, la libertà. Dall’altro, il Deep State, l’élite globalista, la sinistra che ha abbandonato ogni battaglia sociale per abbracciare l’agenda dell’Open Society di Soros.

Soros e le sue fondazioni finanziano ONG che inquinano la giustizia, condizionano la politica e spingono verso una società senza confini, senza identità, senza radici. Non è un caso se dietro la recente e vergognosa sentenza della Corte di Giustizia Europea ci siano proprio quelle reti. È tutto scritto, tutto evidente. Basta voler vedere.

La scelta, oggi, è tra chi difende il popolo e chi serve il potere; tra chi guarda al futuro con visione e chi vive nel riflesso opaco dei desideri altrui; tra chi prende decisioni che cambiano la storia, e chi subisce il corso degli eventi.

Il prima era fatto di bugie, di mediocrità, di codardia. Il dopo è fatto di verità, di coraggio, di responsabilità. E se oggi abbiamo la possibilità di scegliere, è solo perché qualcuno – contro tutto e contro tutti – ha deciso di non piegarsi.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente in comunicazione strategica, esperto di branding politico e posizionamento internazionale, è autore di 12 libri. Inviato in tutte le campagne elettorali USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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