George Simion chiede l’annullamento del voto: «Popolo tradito»

George Simion, candidato alla presidenza della Romania e vicepresidente dell’ECR, ha depositato un ricorso formale alla Corte Costituzionale per chiedere l’annullamento delle elezioni presidenziali di maggio 2025. Non si tratta di un gesto simbolico, né di una semplice contestazione elettorale. È un atto politico e civile dirompente, sostenuto da oltre 5,3 milioni di voti e da un crescente movimento popolare che chiede trasparenza, giustizia e rispetto per la sovranità nazionale.

Nel ricorso, Simion denuncia un’operazione di interferenza esterna coordinata da attori statali e non statali – in particolare Francia e Moldova – che avrebbero manipolato il processo democratico, influenzato le istituzioni e indirizzato la narrazione mediatica per orientare l’esito del voto. E a sostegno di questa denuncia, porta quella che definisce «prova inconfutabile».

Ma a parlare, in questo caso, non sono solo i documenti. A far rumore è soprattutto un’immagine: quella pubblicata da Renew Europe, il gruppo europeo legato a Emmanuel Macron, all’indomani del voto. Una Romania colorata con la bandiera dell’Unione Europea, stretta tra due mani dipinte con il tricolore francese. Un gesto che, al netto delle intenzioni, ha il sapore di una presa di possesso. È il simbolo perfetto – e inquietante – di ciò che Simion denuncia da mesi. L’ho vista e ho scritto solo questo: «Giudicate voi». Perché a volte le immagini dicono più di qualsiasi articolo.

Il ricorso non si ferma qui. Simion ha trasformato la protesta in partecipazione attiva, pubblicando un modulo per permettere a ogni cittadino romeno di presentare un proprio appello alla Corte. Un invito a far sentire la propria voce, a non subire passivamente, a essere parte di un movimento che rivendica il diritto alla verità.

E poi, il fatto forse più clamoroso: il fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha inviato un messaggio ufficiale a tutti gli utenti della piattaforma, segnalando tentativi di manipolazione elettorale in atto in Romania. Un gesto senza precedenti da parte di un imprenditore notoriamente riservato e lontano dalle dinamiche politiche. Simion ha chiesto che Durov venga convocato dalla Corte per testimoniare su ciò che sa. Se questo avverrà, la portata dello scandalo assumerà una dimensione continentale, perché confermerebbe il coinvolgimento di reti internazionali in operazioni di condizionamento del voto in uno Stato sovrano dell’Unione Europea.

E qui lo rivendichiamo con forza e con orgoglio: noi de La Voce del Patriota siamo stati i primi in Italia, il giorno stesso delle elezioni, a riportare la notizia del messaggio di Pavel Durov. Mentre la grande stampa ignorava, minimizzava o addirittura ironizzava, noi eravamo già sul campo a documentare tutto, a raccontare ciò che stava davvero accadendo, senza filtri né padroni.

Siamo stati tra i primi a credere che queste elezioni sarebbero state decisive non solo per la Romania, ma per il futuro dell’Europa. Siamo andati a Bucarest a seguire la campagna di George Simion, a guardare negli occhi il popolo romeno, a raccontare una battaglia per la libertà che pochi avevano il coraggio di nominare. E ci torneremo presto, statene certi.

Ma la dinamica che stiamo osservando non è nuova. È lo stesso schema già visto altrove, replicato con sorprendente cinismo: si svolgono le elezioni, vince il candidato sbagliato per l’establishment – quello non omologato, non manipolabile, non funzionale alla narrazione globalista. A quel punto, si attiva il meccanismo: agenzie di validazione, accuse di “ingerenze straniere”, campagne mediatiche costruite ad arte, e infine – se necessario – l’annullamento del voto. Si vota di nuovo, con il clima già avvelenato. L’obiettivo? Demoralizzare i sostenitori del candidato scomodo, spingerli all’astensione, trasformare il loro voto in qualcosa di “colpevole”, da dimenticare. Intanto, i sostenitori del candidato benedetto dal sistema si sentono rafforzati, legittimati. Partecipano in massa al secondo turno, magari coinvolgendo anche nuovi elettori “per fermare il fascismo”. Il risultato viene così rovesciato, ma in apparenza tutto resta democratico. Una trappola perfetta. L’astensione diventa l’arma decisiva dell’élite per controllare un processo solo formalmente libero. E chi governa può finalmente dire: “Lo avete deciso voi.”

Simion non è un uomo qualunque. Non ha lobby alle spalle, né capitali internazionali. Viene dal popolo, parla il linguaggio della verità e ha fatto della coerenza la sua cifra politica. Ammira leader come Giorgia Meloni e Donald Trump, e come loro ha un sogno: un’Europa di nazioni sovrane, non di burocrati. La sua visione, incarnata nel progetto MEGA – Make Europe Great Again – non è nostalgia, è rivoluzione. Una rivoluzione democratica, identitaria, popolare.

«Non ci arrenderemo. Non tradiremo. Questo non è la fine – è l’inizio di un grande risveglio nazionale», ha dichiarato Simion al termine della sua conferenza stampa. E le sue parole non sono slogan: sono pietre. Sono la base su cui milioni di cittadini stanno costruendo una nuova consapevolezza.

Noi continueremo a raccontarla. Perché la democrazia o è trasparente, o è finta. Perché la sovranità o si difende, o si perde. E perché, come abbiamo scritto sin dall’inizio, quel che accade in Romania riguarda tutti noi. Non è solo una battaglia politica: è una battaglia per la verità.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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