Mentre i “leader” della sinistra e i loro spin doctor profondono ogni grammo della loro preziosissima energia per inventare nomi grotteschi per la loro “coalizione” – si va dall’immaginifico campo largo (ovviamente vuoto) della premiata ditta Schlein-Conte, alla geniale “tenda riformista” dell’influencer Matteo Renzi – quello che ci troviamo davanti è poco più di un circo.
Se a questi aggiungiamo Mimì Bonelli e Cocò Fratoianni, le due vispe Salis, l’Ottusangolo Calenda e il Miracolato Magi, capite bene che non siamo di fronte a un’opposizione, ma a un meme vivente. Una premessa utile anche a comprendere meglio il suicidio dei media mainstream, conciati malissimo perché costretti a mistificare la realtà pur di tenere il gioco a questa sinistra che definire sgangherata sarebbe farle un complimento.
Ma adesso arriva il carico da novanta, perché quest’armata Brancaleone si trova a dover affrontare quello che sarà ricordato come il leader più credibile, inattaccabile e rivoluzionario della storia della nostra Nazione: Giorgia Meloni. La frustrazione, da parte loro, è comprensibilissima.
Giorgia, da par suo, ha sulle spalle una serie di sfide epocali, sia interne che internazionali. La prima è quella di puntellare una coalizione e una compagine di governo tentando di alzarne costantemente l’asticella, perché Giorgia ha bisogno di una squadra che sia sempre più alla sua altezza, mentre troppo spesso si trova nella necessità di dover mettere una pezza a questioni di bottega sollevate dagli alleati anche quando è impegnata su ben altre partite.
La seconda riguarda il fronte interno: la sua centralità a livello internazionale, con il ruolo di “ponte” tra Washington e Bruxelles, e soprattutto il fatto che non sia in alcun modo ricattabile, hanno ormai spazzato via lo spettro di scenari in stile 2011.
Questo significa che occorre agire con ancora più determinazione sui temi dell’immigrazione clandestina e della sicurezza – che ormai, numeri alla mano, sono un tutt’uno – e portare avanti una lotta senza quartiere al deep state, tanto a livello nazionale quanto a Bruxelles.
La terza grande sfida è quella con se stessa. Perché Giorgia sa perfettamente che non c’è e non ci sarà alternativa a lei almeno per un’altra legislatura e, molto probabilmente, anche per ulteriori cinque anni. Sfida con se stessa, sì, perché oltre a essere la leader del partito che ha fondato e portato al governo e della nostra Nazione, è anche la mamma di Ginevra. E chi la conosce sa bene che sacrificio immane significhi ogni singolo minuto a cui deve rinunciare con sua figlia.
È da qui che passa il futuro dell’Italia: dalla forza di una donna che, mentre i suoi avversari giocano a farsi beffe con i nomi delle coalizioni, tiene sulle spalle la responsabilità di guidare una Nazione intera. E che continuerà a farlo.
Stiamole vicino, col cuore ma anche con testa. È davvero il minimo che possiamo fare.