Il 6 febbraio ricorre la Giornata Internazionale della tolleranza zero contro le mutilazioni genitali femminili (MGF), ancora oggi una tra le più gravi violazioni dei diritti umani delle donne e delle ragazze in tutto il mondo. Sono circa 230 milioni le donne che hanno già subito mutilazioni genitali e circa 3 milioni le ragazze a rischio di mutilazione ogni anno (OMS, 2024). Le mutilazioni genitali femminili (FGM) comprendono tutte le procedure che comportano l’alterazione o la lesione dei genitali femminili per motivi non medici e sono riconosciute a livello internazionale come una violazione dei diritti umani, della salute e dell’integrità delle bambine e delle donne.
Esse consistono nella resecazione parziale o totale degli organi femminili esterni (grandi labbra, piccole labbra, clitoride). Tra queste pratiche c’è anche l’infibulazione (mutilazione di grado 3), ovvero il restringimento dell’orifizio vaginale. Tante le conseguenze possibili, per il corpo ma anche per la psiche di chi le subisce. A causa dell’inadeguatezza delle condizioni igienico sanitarie in cui vengono fatte, Le ragazze che si sottopongono a mutilazioni genitali femminili vanno incontro a complicazioni a breve termine, come forti dolori, shock, emorragie eccessive, infezioni e difficoltà di minzione ed emorragie. Ma si possono verificare anche danni a lungo termine, come difficoltà nei rapporti sessuali, difficoltà a urinare, infezioni dell’apparato urinario e ovviamente danni permanenti per la loro salute mentale. Le mutilazioni provocano inoltre un aumento significativo della morte durante il parto sia per la madre sia per il bambino.
In occasione della Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani ribadisce l’impegno dell’Italia per l’eliminazione di tale pratica aberrante e gravemente lesiva della dignità e dei diritti di milioni di donne nel mondo. “Le Mutilazioni genitali femminili ‒ come afferma anche il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella ‒ sono una pratica aberrante, disumana e gravemente lesiva dei diritti fondamentali delle donne, che pregiudica la loro possibilità di sviluppo, di realizzazione personale e di piena consapevolezza del proprio corpo: il Governo è impegnato per l’eliminazione di tale pratica dannosa, così come di ogni altra forma di violenza fisica e psicologica contro le bambine e le donne. Per questo motivo, e con le finalità di prevenzione e contrasto alle Mutilazioni genitali femminili, il Dipartimento per le pari opportunità procederà ad una ricognizione e un’analisi del fenomeno in Italia e, quindi, a realizzare un piano di comunicazione integrato per accrescere la consapevolezza tra la popolazione generale, le comunità direttamente interessate e gli operatori sociosanitari che entrano in contatto con le vittime o potenziali vittime di Mgf, al fine di garantire, tra gli altri, il rispetto degli obblighi previsti dalla Convenzione di Istanbul e delle priorità del Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023”.
In questi anni il nostro Paese si è affermato tra gli attori più attivi nel contrasto alle mutilazioni genitali femminili grazie all’operato costante della diplomazia e della cooperazione italiana, tanto nell’ambito delle Organizzazioni Internazionali quanto attraverso il dialogo nel contesto delle relazioni bilaterali con i Paesi più interessati o colpiti dal fenomeno. Le Mgf vengono considerate tra le forme più gravi di violenza contro le donne e le bambine di tutto il mondo, compresa l’Italia date le problematiche relative all’immigrazione. Il nostro paese dispone di una legislazione molto avanzata, tanto che la legge 9 gennaio 2006, numero 7 che, tra l’altro, ha modificato il Codice penale introducendo il delitto di mutilazioni genitali femminili, è stata a suo tempo definita quale esempio di best practice dal Segretario Generale delle Nazioni Unite. Sebbene siano concentrate principalmente in 30 Paesi dell’Africa e del Medio Oriente, le mutilazioni genitali femminili sono un problema universale e vengono praticate anche in alcuni Paesi dell’Asia e dell’America Latina e continuano a persistere tra le popolazioni immigrate che vivono in Europa occidentale, Nord America, Australia e Nuova Zelanda.