A sentir parlare personaggi importanti, leader e capi di stato, sociologi in odore di Nobel e grandi finanziari a livello mondiale, tutti si dichiarano pronti a difendere i migranti, a salvaguardarli, e contestualmente a supportare le popolazioni invase da masse di disgraziati senza più terra, senza istruzione, spesso senza nemmeno le basi fondamentali delle civiltà. Ma poi, puntualmente, te li ritrovi lì, vittime di scafisti assassini, su barconi fatiscenti, preda del mare o uccisi da organizzazioni disumane, che li fanno viaggiare in una cella frigorifera a -25° nel cuore stesso dell’Europa.
I 39 cadaveri dell’Essex sono solo l’ennesima manciata di aspiranti schiavi morti affinché biechi affaristi come George Soros continuassero a ingrassare conti correnti già infiniti. Esseri umani che, troppo spesso, ci appaiono solo come fredde statistiche. Ma erano uomini e donne, come i sei vietnamiti presenti in quel camion. Dall’interno di quella “bara di metallo”, come definiscono lo Scania i giornali inglesi, una 26enne ha ripetutamente scritto a sua madre. Pham Thi Tra My ha inviato alla mamma una serie di messaggi strazianti, in cui le ripeteva quanto l’amasse, ma anche di non riuscire più a respirare, e di essere preoccupata per la famiglia perché se lei fosse morta chi avrebbe potuto risarcire ai trafficanti le 30.000 sterline pretese per quel viaggio vero il Regno Unito? Gli ultimi messaggi inviati dalla giovane donna sono delle 22,28 BST, due ore prima che il camion raggiungesse il Regno Unito, quando era ancora in viaggio in Belgio. Pham tra l’altro scrive a sua madre di essere dispiaciuta per il fallimento del suo viaggio, e di quello che ciò avrebbe comportato, non ultimo il mancato aiuto che lei contava molto di dare alla famiglia. Il fratello della giovane vittima ha detto che Pham si era molto raccomandata che non le arrivassero chiamate perché quella era una delle regole che ‘gli organizzatori’ avevano imposto. Il viaggio della 26enne, come spiegato sempre dal fratello, era stato lungo e tortuoso. Pham era prima volata in Cina dalla sua casa di Can Lộc, un distretto rurale della provincia di Hà Tĩnh in Vietnam, ed era poi partita per la Francia. All’inizio aveva provato a passare il confine il19 ottobre scorso, ma era stata individuata e respinta. E’ finita così tra le otto donne e 31 uomini che sono stati scoperti nel ‘camion bara’.
Continua intanto la macabra ricerca della nazionalità delle vittime, quasi certi, come detto, i sei vietnamiti, tra cui un giovane di circa 20 anni che la famiglia teme si trovasse sul camion maledetto. Nguyen Dinh Luong, si chiama così, era diretto nel Regno Unito. I suoi si sono rivolti alla BBC per avere informazioni. L’ambasciata del Vietnam a Londra ha intanto fatto sapere di aver ricevuto varie richieste da famiglie vietnamite che chiedevano aiuto per scoprire se i loro congiunti fossero tra le vittime trovate morte sul retro del camion. Liu Xiaoming, l’ambasciatore cinese nel Regno Unito, ha dichiarato in un tweet: ‘Ultimo rapporto del Ministro-Consigliere della mia Ambasciata: la polizia dell’Essex ha sottolineato che stanno ancora verificando l’identità dei 39 defunti. Questa è una priorità numero uno. ‘ Hoa Nghiem di HRS ha dichiarato: “Inizialmente, è stato riferito che tutte le 39 persone erano cinesi, ma la famiglia di Tra My sta cercando di verificare se la loro figlia fosse nel camion, poiché l’ultimo suo testo morente ha una perfetta coincidenza temporale con quanto accaduto. ‘Il nostro contatto sta inoltre ricevendo più indicazioni sulla presenza di parecchi vietnamiti sul camion maledetto.’ L’ambasciata vietnamita a Londra ha confermato di aver contattato la polizia per quanto riguarda Tra My. Un portavoce dell’ambasciata ha dichiarato di essere stato contattato da una famiglia in Vietnam che ha affermato che la figlia era scomparsa ‘da quando è stato trovato il camion’.
Nella serata di giovedì, la polizia ha anche rivelato che un uomo di 48 anni dell’Irlanda del Nord è stato ora arrestato con l’accusa di cospirazione per il traffico di persone e sospetto pluri- omicidio colposo. Anche marito e moglie, che si ritiene siano gli ultimi proprietari noti del camion, sono stati arrestati oggi dopo che la polizia ha fatto irruzione nella loro casa del Cheshire. Joanna Maher, 38 anni, e suo marito Thomas, anch’egli 38 anni, di Warrington, sono stati ritenuti anch’essi sospetti di cospirazione per il traffico di persone e di 39 capi di omicidio colposo. La coppia si difende sostenendo di aver venduto il camion un anno fa a una società in Irlanda – ma non sembra siano stati creduti . Si ritiene che il rimorchio refrigerato che trasporta le 39 vittime, sia di proprietà di una società di noleggio a Dublino. Una pattuglia della polizia del Cheshire è arrivata a casa della coppia irlandese alle 7 di venerdì mattina prima che una dozzina di agenti di polizia. Subito dopo sono stati annunciati gli arresti. Intanto, la polizia ha tempo fino a questo pomeriggio per decidere se accusare il camionista ‘Mo’ Robinson, 25 anni, di omicidio o altri reati, oppure ritenerlo innocente e rimandarlo a casa.
C’è inoltre da dire che il container aveva fatto lo stesso viaggio dal Belgio alla Gran Bretagna giorni rima, quindi potrebbero esserci parecchi altri clandestini arrivati in Gran Bretagna con lo stesso mezzo ma con più fortuna dei 39 i cui corpi in queste ore vengono spostati dai moli di Tilbury all’obitorio di Chelmsford per gli esami post mortem.
Cominciano intanto i “balletti” delle accuse di responsabilità per la tragedia. La banda dei ‘Snakehead’ del sud-est della Cina potrebbe essere sospettata di aver organizzato la tratta – ma i media statali cinesi hanno invece accusato la Gran Bretagna di non essersi assunta la ‘responsabilità’ per il benessere dei migranti; l’Home Office è stato avvisato nel 2017 della sicurezza ‘sottilmente estesa’ a Purfleet e della mancanza di deterrenza per i conducenti ‘tentati’ di portare immigrati illegali in Gran Bretagna, ma non sembra ci sia stata prevenzione.