Gli Stati Uniti hanno deciso di alzare il livello della pressione contro Nicolás Maduro, inviando tre cacciatorpediniere della Marina al largo delle coste venezuelane. Si tratta di unità moderne, equipaggiate con sistemi Aegis e in grado di fronteggiare minacce aeree e navali, che opereranno nel Mar dei Caraibi per contrastare il narcotraffico che da anni alimenta i cartelli collegati al regime chavista.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha spiegato che questa mossa si inserisce nella strategia di Donald Trump per fermare l’ingresso di droga negli Stati Uniti e portare i responsabili davanti alla giustizia. Trump ha ribadito che il governo di Maduro non è un’autorità legittima, ma un vero e proprio cartello del narcoterrorismo. Per rafforzare questo giudizio, Washington ha innalzato a 50 milioni di dollari la ricompensa per la cattura di Maduro e ha incluso il cosiddetto Cartel de los Soles nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali.
Questo dispiegamento militare, secondo fonti statunitensi, non ha soltanto un valore operativo ma anche un chiaro significato politico. Serve a rassicurare i Paesi della regione, molti dei quali hanno espresso preoccupazione per l’espansione delle reti criminali venezuelane, e allo stesso tempo invia un messaggio a Cuba e a Russia, storici alleati di Caracas, che ogni tentativo di sostenere il regime chavista sarà osservato da vicino e contrastato con determinazione.
La reazione di Caracas non si è fatta attendere: Maduro ha annunciato la mobilitazione di oltre quattro milioni di membri della Milizia Nazionale Bolivariana, un corpo paramilitare formato da civili armati, presentandola come una risposta patriottica alle “minacce imperialiste” provenienti da Washington. Dietro la retorica, però, si cela la paura di un regime isolato, contestato e ormai associato a reti criminali che usano il Venezuela come hub del narcotraffico.
Dal punto di vista conservatore, la scelta americana non è un atto di aggressione, ma un segnale di forza e di serietà nella lotta al crimine organizzato internazionale. Mentre in Europa molti governi preferiscono la diplomazia sterile e i compromessi con regimi autoritari, gli Stati Uniti mostrano di saper difendere i propri confini e di voler colpire direttamente chi lucra sulla droga che devasta intere generazioni.
Quello che accade in Venezuela è la conferma che non ci si trova di fronte a un governo legittimo, ma a un sistema criminale travestito da Stato. E se l’Occidente vuole difendere la sua sicurezza e i suoi valori, non può che guardare con favore a operazioni che dimostrano determinazione e volontà politica.