Guerra in Medio Oriente. È oggi il tempo delle scelte

L’escalation in Medio Oriente ci rende consapevoli di un fatto drammatico: nel mondo di oggi, nulla può essere dato per scontato. Nemmeno quei principi che, soprattutto dal secondo dopoguerra in poi, ci si era ripromessi di tutelare e garantire. Quei principi che definiscono una Nazione libera, una società giusta, un popolo che vuole decidere del proprio destino.

Oggi, però, vediamo che questi stessi principi sono messi sotto assedio. Letteralmente. Giorno dopo giorno.

Lo vediamo in Ucraina, dove un popolo combatte per la propria libertà contro l’invasore da più di due anni. E lo vediamo da decenni in Medio Oriente, dove la pace è diventata una parola vuota, un sogno interrotto da più di settant’anni di sangue e ostilità, un’utopia.

Sarebbe comodo – ma forse fin troppo ingenuo – pensare a un mondo senza guerra. Ma la verità è che, quando la forza si impone con arroganza, troppo spesso la sola risposta possibile è un’altra forza. Non per vendetta. Ma per giustizia. Non per dominare. Ma per resistere.

La storia non è fatta di equidistanze. È fatta di scelte. E la mossa americana della scorsa notte è la rappresentazione di una scelta ben precisa: occorre rispondere e resistere a chi vuole opprimere, occorre rispondere con fermezza a chi vuole sottomettere. È questo un messaggio chiaro contro chi intende schiacciare la libertà e la dignità dei popoli. Perché, solo così, si potrà tornare a vivere liberi dalle catene dell’oppressione e della dittatura di chi vuole imporre una visione folle e mettere in ginocchio l’Occidente e il mondo intero, utilizzando le armi del timore e della paura.

Ora più che mai, è importante e necessario sapere per cosa battersi: e la risposta risiede in quei principi fondanti della nostra civiltà, in cui libertà e democrazia devono essere protette e difese. C’è sempre una scelta da fare: stare dalla parte degli oppressori, degli invasori, dei dittatori, oppure rimanere accanto al popolo, in nome della giustizia e della democrazia.

È vero, oggi si apre un nuovo e ancora più drammatico capitolo della nostra storia. Una storia fatta di continue e sanguinose guerre. Guerre che troppo spesso ci si dimentica non riguardano solo e soltanto interessi economici, politici o militari. Ma, più di tutto, riguardano il popolo. Un popolo che viene spesso e volentieri dimenticato, come se non fosse centrale.

E invece no. Perché a rimetterci in tutto questo è il popolo, sono i singoli cittadini a pagare il prezzo più alto. Ed è quindi per il popolo, per le persone, che occorre arrivare quanto prima a una stabilizzazione duratura dell’area mediorientale.

Ed è proprio per questo che non possiamo restare a guardare. Non possiamo cadere nel cinismo di chi si gira dall’altra parte, o nella comoda neutralità di chi dice: “non è affar nostro”. È affar nostro, eccome. Lo è perché i valori in gioco sono anche i nostri. Lo è perché il futuro dell’Europa e dell’Occidente passa da queste scelte.

Il tempo corre veloce. E non basta una semplice de-escalation. Serve che le parti si siedano attorno a un tavolo per trattare in maniera seria, per arrivare a una soluzione diplomatica condivisa.

Ma chi potrà riuscire a realizzare tutto ciò? È difficile dirlo. Perché la situazione è intricata, drammatica, stratificata da decenni di conflitti. E, di certo, non sarà risolvibile in pochi giorni.

Non sappiamo come, dove e quando finirà questa guerra. Eppure, nonostante tutto, nonostante questo scenario di totale incertezza, una cosa la sappiamo: il nostro Paese è in buone mani. Forse nelle migliori che avremmo mai potuto immaginare. In un mondo attraversato da crisi sempre più gravi, è fondamentale sapere come agire. Oggi l’Italia lo sa molto bene, perché chi guida la nostra Nazione ha ben chiaro da che parte stare: dalla parte della libertà, della democrazia, del diritto dei popoli a vivere senza terrore.

Le parole chiave di questo Governo sono il dialogo quando possibile, e la fermezza quando necessario. Ed è per questo motivo che promuoverà e sosterrà ogni iniziativa volta alla stabilizzazione della regione mediorientale. Ma senza mai sottomettersi al fatto che a decidere siano i signori della guerra. Perché la libertà non si eredita: si difende. Ed è questo che speriamo di poter fare d’ora in avanti, con più diplomazia e più umanità di quanto abbiamo visto finora.

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