Hanno ucciso Charlie Kirk, non possiamo restare in silenzio

Sono sconvolto. La notizia dell’assassinio di Charlie Kirk è un pugno nello stomaco che lascia senza fiato. Non possiamo ridurre questa tragedia a un episodio isolato: è la conseguenza diretta di un clima d’odio alimentato ogni giorno dal carrozzone mediatico e politico della sinistra globalwoke.

Lo schema è sempre lo stesso: Donald Trump dipinto come un dittatore, Giorgia Meloni come una fascista, Marine Le Pen come una criminale, l’AfD come un covo di nazisti, George Simion come un burattino di Putin. Un martellamento ossessivo che non lascia spazio al dissenso e che trasforma gli avversari politici in nemici da abbattere.In Italia non si contano le manifestazioni della “civilissima” sinistra in cui fantocci con le sembianze della Presidente del Consiglio vengono appesi a testa in giù e dati alle fiamme. Scene da squadrismo, altro che democrazia.

Eppure, di fronte a tanta violenza, gli stessi che si riempiono la bocca con la parola “tolleranza” tacciono o, peggio, sorridono compiaciuti.Negli Stati Uniti, da dieci anni Donald Trump è il leader più insultato, travisato, perseguitato e minacciato della storia moderna. La sua demonizzazione è diventata una vera ossessione: media, avversari politici, star di Hollywood, accademici e perfino ex presidenti hanno versato ogni giorno fiumi d’odio su di lui. Un odio che non è rimasto solo retorico.Il 13 luglio dello scorso anno, a Butler, Trump venne colpito alla testa da un proiettile. Si salvò per miracolo. Sanguinante, con la mano alzata, gridò “fight, fight, fight!”.

Quell’immagine ha fatto il giro del mondo, mostrando non soltanto la tempra di un uomo, ma anche la verità di ciò che andiamo ripetendo da anni: l’unico modo per fermare Trump è eliminarlo fisicamente. Purtroppo, Charlie non ha avuto la sua stessa fortuna.Proprio ieri ho citato Charlie in un mio articolo sulla povera Iryna Zarutska, brutalmente assassinata e completamente ignorata dai media mainstream.

Lo stesso doppio standard che ha fatto calare il silenzio sulla sua morte oggi si ripete: gli stessi apparati che hanno taciuto sul feroce assassinio di Iryna, ora raccontano a reti unificate che “in fondo Charlie se l’è cercata”. Perché? Perché aveva il coraggio di dire la verità, di non omologarsi e di aprire gli occhi a migliaia di persone come quelle che erano oggi all’Università dello Utah per ascoltarlo.Charlie Kirk non era un terrorista, non era un estremista, ma un uomo libero e coraggioso che ha avuto il coraggio di ribellarsi al conformismo. Nato il 14 ottobre 1993 ad Arlington Heights, Illinois, a soli 18 anni fondò Turning Point USA, un’organizzazione destinata a rivoluzionare il dibattito politico nei campus americani, contrastando l’indottrinamento progressista e ridando voce ai giovani conservatori.Sotto la sua guida, TPUSA è cresciuta in modo esponenziale, arrivando a contare centinaia di capitoli universitari e un’influenza che ha superato i confini americani. Kirk ha denunciato l’ipocrisia della sinistra globale, opponendosi alla cancel culture, alle follie dei confini aperti, alle imposizioni ideologiche sul genere nelle scuole, alla censura delle Big Tech che zittiscono chi dissente.

Sostenitore fedele di Donald Trump fin dalla campagna del 2016, ha incarnato quella visione America First che risuona anche in Europa, nell’Italia di Meloni.Charlie Kirk ha combattuto a viso aperto, sapendo bene di sfidare un sistema ostile. Ha ispirato milioni di giovani a non piegarsi al conformismo, a credere che l’Occidente possa essere ancora difeso. È stato assassinato perché diceva la verità, perché osava.Oggi l’Occidente è ridotto a una enorme echo chamber polarizzata e polarizzante, dove chi non si allinea al pensiero unico dominante deve essere escluso, accusato, umiliato e – in Paesi come il Regno Unito – persino arrestato per opinioni espresse online.

A questo siamo arrivati.Quanti altri dovranno cadere prima che ci rendiamo conto del baratro nel quale stiamo precipitando? Quante vite dovranno essere spezzate prima che venga riconosciuta la responsabilità di chi, da anni, semina odio contro chiunque osi mettere in discussione il pensiero unico dominante?Non è più il tempo della paura. Non è più il tempo del silenzio. Se oggi uccidono Charlie Kirk, domani potrebbe toccare a ognuno di noi.

Sta a noi ribellarci, alzare la voce, rifiutare l’asservimento culturale e mediatico che ci vogliono imporre.Charlie Kirk ha dato la vita per difendere i valori che fondano la nostra civiltà. Onorarne la memoria significa raccogliere il suo testimone, combattere la buona battaglia e gridare al mondo che non ci arrenderemo mai.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente in comunicazione strategica, esperto di branding politico e posizionamento internazionale, è autore di 12 libri. Inviato in tutte le campagne elettorali USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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