“Proprio nei giorni in cui ricorre il 36° anniversario della strage di Piazza Tiananmen a Pechino – tragico evento espunto dalla storia riscritta dagli Istituti Confucio, in linea con le direttive del Partito Comunista Cinese – giunge una nuova drammatica notizia da Hong Kong. Il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale ha aperto un nuovo procedimento penale contro Joshua Wong con l’accusa di ‘cospirazione e collusione con un Paese straniero o forze armate straniere al fine di mettere a repentaglio la sicurezza nazionale’. L’attivista per la democrazia a Hong Kong, oggi 28enne, in carcere dal novembre 2020 e nuovamente condannato lo scorso anno a quattro anni e otto mesi di carcere ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale, adesso rischia addirittura l’ergastolo. Si tratta dell’ennesimo capo di accusa politicamente motivato, sul quale un tribunale di Hong Kong si pronuncerà l’8 agosto.
Il procedimento fa parte di una strategia di totale negazione del dissenso e di controllo sociale che ormai ha inghiottito l’ex colonia britannica di Hong Kong. Colpire il leader delle manifestazioni pacifiche contro la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, con un’incriminazione che comporta l’ergastolo, significa ancor più blindare il disegno autoritario che Pechino ha attuato in violazione, tra l’altro, della Dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984, oltre che del principio di universalità dei diritti umani e dello Statuto delle Nazioni Unite. La Repubblica Popolare Cinese è impegnata legalmente, e in misura accresciuta in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza, ad osservare l’articolo 1 dello Statuto dell’ONU ‘nel promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione’. Assistiamo invece ad una campagna di continua disinformazione e di sovvertimento dei fondamentali principi di democrazia e di stato di diritto, di cui Joshua Wong è da molti anni un simbolo esemplare. Era intervenuto online nel novembre 2019 ad una conferenza in Sala Nassyria in Senato, con la partecipazione di quasi tutti i gruppi parlamentari, nel breve periodo intercorso tra i primi arresti e quello definitivo, denunciando in dettaglio le misure imposte da Pechino alla ex colonia britannica”.
Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia, Presidente della commissione Politiche Ue.